ESTERI, confronto usa-Cina. La neve olimpica raffredderà le tensioni?

Ad avviso del generale Giuseppe Morabito, membro del direttorio della NATO Defence College Foundation, Pechino ha posto Washington di fronte a tre priorità: i cinesi sostengono che l'amministrazione Biden ha inviato segnali più positivi di quelli ricevuti da Trump e che, inoltre, sono scontenti per cosa continua a emergere nel già delicato rapporto tra le due potenze globali

Alla vigilia sia del nuovo anno cinese (quello della tigre) sia delle Olimpiadi invernali di Pechino la Cina Popolare ha lamentando la mancanza di progressi nelle relazioni bilaterali con Washington nonostante l’arrivo di un nuovo presidente alla Casa Bianca. Lo ha fatto mentre, le Olimpiadi, tanto ostinatamente organizzate, vanno verso uno svolgimento quantomeno ridotto di audience per la mancanza di pubblico e anche di atleti, causato dalla pandemia che origina proprio dalla Cina Popolare e precisamente dalla città di Wuhan. Pechino ha fornito a Washington   una lista  di tre priorità, a margine di una telefonata del ministro degli Esteri Wang Yi al segretario di Stato Antony Blinken.

I SEGNALI DI BIDEN E LA RISPOSTA DI PECHINO

La sintesi è che Wang Yi sostiene che l’amministrazione Joe Biden ha inviato segnali più positivi di quelli ricevuti dal Presidente Trump, ma che è scontento di cosa continua ad emergere nel già delicato rapporto tra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare cinese. Wang ha affermato che il presidente Biden ha risposto positivamente alle richieste in merito ai tre principi di rispetto reciproco, convivenza pacifica e cooperazione vantaggiosa per tutti, che gli erano state avanzate dal presidente Xi Jinping durante il vertice dello scorso novembre.

Citando Biden, il diplomatico cinese ha sostenuto che gli Usa «non cercano una nuova guerra fredda, neppure di cambiare il sistema cinese e né di rafforzare le loro alleanze per opporsi alla Cina Popolare, non supportano l’indipendenza di Taiwan, ma non vogliono che questo porti a un conflitto e un confronto con la Repubblica Popolare».

LE CONCLUSIONI DI WANG YI

La conclusione di Wang è che Biden ha diffuso messaggi positivi che lo differenziano dal governo precedente ma che, «tuttavia, ciò che il mondo vede è che il tono della politica statunitense nei confronti di Pechino non ha subito cambiamenti sostanziali, né sono state realmente implementate le dichiarazioni rese dalla Casa Bianca». Quindi, «gli Usa continuano con le loro dichiarazioni e azioni sbagliate contro la Cina Popolare, causando nuovi shock nelle relazioni bilaterali e, da subito, dovrebbero smettere di interferire nelle Olimpiadi invernali di Pechino, smettere di giocare con il fuoco sulla questione di Taiwan e smettere di creare varie alleanze anticinesi per contenere la Cina Popolare».

Per i cinesi le olimpiadi che inizieranno il prossimo 4 febbraio, sono tra gli eventi più importanti di questo decennio e conseguentemente si attendono di ospitare giochi sicuri e di successo, malgrado le persistenti preoccupazioni nutrite per i piccoli cluster di «virus di Wuhan» (il Covid-19) nell’ area delle gare. Ormai è chiara l’aspettativa che i giochi  possano concorrere a rinforzare sul piano interno la posizione di Xi quale leader del Partito comunista, aspetto che dovrebbe essere la giustificazione all’estero di un terzo mandato il prossimo autunno. Per la politica interna in sistema a partito unico non presenta problemi.

TAIWAN, IL CONVITATO DI PIETRA

Il governo di Pechino, logicamente, non ha accolto favorevolmente il boicottaggio occidentale delle Olimpiadi invernali guidato dagli americani, motivato dalle evidenti violazioni dei diritti umani – che equivalgono a un genocidio – contro gli uiguri e altre minoranze principalmente musulmane nella regione dello Xinjiang nord-occidentale della Cina Popolare. Pechino, in spregio all’evidenza, sostiene che le accuse sono fabbricate e nega qualsiasi illecito. La Cina Popolare sembra inoltre interpretare la decisione di evacuare fino a un quarto dei diplomatici americani e delle loro famiglie dal Paese per timori connessi alla pandemia come un tentativo di minare le Olimpiadi, che vengono comunque  svolte soprattutto per il dichiarato  successo del contenimento della pandemia.

Nel frattempo, il sostegno di Washington alla democratica Repubblica di Cina (Taiwan), un punto critico decennale nelle relazioni tra Pechino e Washington, è diventato più pronunciato sotto l’amministrazione Biden, che ha trasformato con successo la problematica della sicurezza dell’isola in una questione di preoccupazione globale anche nell’opinione pubblica americana.

PECHINO CHIEDE «GARANZIE»

Nonostante si neghi apertamente di sostenere il movimento per l’indipendenza di Taiwan, le mosse diplomatiche e militari statunitensi sono viste come un ostacolo all’ambizione di Pechino di «unificare» sotto il sistema comunista l’isola democratica, che in sostanza si può considerare essere già uno stato funzionalmente indipendente. Allo stesso modo, la Cina vede le cosiddette iniziative internazionali come il QUAD – tra Stati Uniti, India, Australia e Giappone (e il più recente patto di sicurezza AUKUS tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti) come mosse mirate per contenere la sua crescita militare in Asia e in tutta la più ampia regione indo-pacifica.

Wang ha chiesto a Blinken che la Cina Popolare e gli Usa confermino la «garanzia» che nessuno dei due avrebbe cercato di cambiare l’altro per coesistere pacificamente in futuro e ampliare gli aspetti positivi della cooperazione bilaterale. Wang ha rimarcato sia che le pressioni esterne avrebbero solo «reso più unito il popolo cinese», sia che  il confronto con Washington «non impedirà a Pechino di rafforzarsi». Biden ha dato diverso indirizzo a una serie di approcci dell’era Trump attenuando la retorica anti-cinese, cercando altresì la cooperazione sui cambiamenti climatici e su altri temi in agenda.

CONTATTI PROLUNGATI

A conferma di quanto precede, funzionari americani si sono impegnati in contatti prolungati con le controparti cinesi in merito alla crisi tra Russia e Ucraina, visto che durante i giochi olimpici è stato confermato l’atteso e mediaticamente propagandato incontro tra il presidente russo e quello cinese. Sarà il primo di questo genere tra i due leader mondiali da quando la pandemia si è diffusa due anni fa.

Fonti governative di Washington, oltre a menzionare il contatto tra Blinken e il Wang Yi, hanno fatto trapelare come sia in atto un’attività diplomatica con la missione cinese a New York su questo incontro a Pechino, perché potrebbe avere ripercussioni sui lavori del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Infatti, lunedì prossimo, gli Stati Uniti hanno in programma di chiederne una riunione sulla situazione di tensione al confine orientale dell’Ucraina, dove Mosca ha schierato 100.000 soldati. Putin chiede di fermare l’espansione verso est della NATO e delle sue attività militari, così come si oppone  alla possibilità per Kiev di entrare e far parte dell’alleanza occidentale medesima.

L’ALTRO FOCOLAIO DI TENSIONE IN UCRAINA

La Russia ha negato qualsiasi piano di invasione, ma la diplomazia non ha ancora prodotto risultati sostanziali e in questo contesto, il  sostegno alla Cina Popolare potrebbe avere un suo valore atteso che un conflitto, anche limitato, non gioverebbe né a Washington né a Pechino non solo per le Olimpiadi, ma anche per l’impatto che un conflitto devastante in Europa avrebbe sugli interessi della Cina Popolare in tutto il mondo.

Le due maggiori potenze economiche del Pianeta sono in serio contrasto, ma Washington spera di sfruttare la partnership strategica di Pechino con Mosca per alleviare una crisi in Ucraina anche se oggi Russia e Cina Popolare stanno lavorando insieme «più che mai». Per Pechino, per risolvere la questione ucraina è necessario tornare al punto di partenza dell’Accordo di Minsk 2, che è stato approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Pare scontato che la Cina sosterrà, almeno a parole, tutti gli sforzi in linea con la direzione e lo spirito di questo accordo.

DONBASS: POSSIBILE DATA DELL’ATTACCO RUSSO

Il secondo accordo di Minsk è stato stipulato sette anni fa dopo una prima iniziativa dei membri del Normandy Format: Francia, Germania, Russia e Ucraina. Essi sono la risposta a un conflitto scoppiato per la prima volta nel 2014 tra le forze di sicurezza ucraine e i separatisti filorussi nella regione orientale del Donbas al confine con la Russia. Le delegazioni dei quattro paesi del Normandy Format si sono riunite anche mercoledì scorso nel tentativo di stabilire un cessate il fuoco, mentre è previsto che i negoziati riprendano a Berlino tra due settimane.

Gli analisti di geopolitica confermano che Pechino ha sposato le preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza nell’Europa orientale, suggerendo anche un approccio equilibrato, soprattutto perché i giochi olimpici invernali dovrebbero iniziare la prossima settimana e i negoziati di Berlino soltanto tra due. A questo punto c’è chi afferma che da qualche parte del mondo giunga voce che la Russia aspetterà per attaccare l’Ucraina la fine delle olimpiadi cinesi. L’auspicio è che sia la prima «balla» dell’Anno della Tigre.

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