Disposta finalmente la liberazione di Patrick Zaki, il giovane studente egiziano che frequentava un master europeo di studi di «genere» a Bologna che si trovava detenuto nelle prigioni di al-Sisi dal febbraio dello scorso anno. Oggi, a seguito della terza udienza del processo a suo carico ne è stata disposta la scarcerazione, ma non l’assoluzione.
Infatti, era stato arrestato nel suo paese di origine il 7 febbraio del 2020. Ora, dopo che le corti egiziane avevano prolungato ripetutamente la sua detenzione di quarantacinque giorni in quarantacinque giorni per ben ventidue mesi, ne è stata disposta la scarcerazione di Zaki, tuttavia è stata fissata una nuova udienza per il primo febbraio venturo.
TAPPE DI UN INCUBO
L’incubo dello studente è iniziato il 7 febbraio del 2020, quando al suo arrivo all’aeroporto del Cairo, dove era giunto per trascorrere una breve vacanza con la propria famiglia, venne fermato dalle forze di sicurezza egiziane.
Sulla base delle denunce fatte da attivisti per la tutela dei diritti umani e civili e da alcuni legali, Zaki sarebbe stato sottoposto a torture nel corso di un interrogatorio dove gli venne chiesto di riferire sul suo lavoro e sulle attività svolte in favore dei diritti della comunità LGBTQI. La formalizzazione dell’arresto venne fatta il giorno seguente a Mansoura, città natale del giovane, dove gli venne notificato un mandato di cattura emesso nel 2019 oltre ai quindici giorni di custodia cautelare.
Fu allora che iniziò la mobilitazione internazionale in suo favore, con una petizione lanciata su Change.org che ne chiedeva al governo del Cairo la liberazione e a quello di Roma la concessione della cittadinanza italiana per «meriti speciali», petizione che raccolse più di 300.000 firme.
LE ACCUSE A SUO CARICO
Tra le accuse formalizzategli figurano l’istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo e la gestione di un account social «utilizzato per porre a repentaglio la sicurezza pubblica dell’Egitto». Nel febbraio del 2020 in Piazza Maggiore a Bologna ebbe luogo un flashmob per la sua liberazione, mentre la Farnesina iniziò a seguire il delicato caso dai pesanti risvolti anche in campo diplomatico.
Il 12 febbraio si mosse l’Europa, con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli che chiese l’immediato rilascio dell’attivista, questo mentre i genitori di Giulio Regeni chiedevano ai governi dell’Unione la tutela e l’incolumità di Zaki.
Due giorni dopo, il Parlamento del Cairo dichiarò che «Zaki godeva pienamente dei suoi diritti» e che da Strasburgo era stata posta in essere «una inaccettabile ingerenza negli affari di un paese sovrano». In seguito, il 22 febbraio, a Zaki venne comunicato il primo rinnovo quindicinale della custodia cautelare, malgrado egli in aula avesse professato la propria difesa negando la scrittura dei post alla base delle accuse formulate dalle Autorità egiziane.
MESI DI DETENZIONE
Il 2 marzo, dal carcere il ragazzo fece sapere di trovarsi in buone condizioni fisiche, chiedendo al contempo che gli venissero restituiti i suoi libri. Il 5 marzo venne trasferito al carcere di Tora, nella capitale egiziana.
Il 23 marzo la sua famiglia lanciò un accorato appello: «Patrick soffre d’asma ed è a rischio a causa del coronavirus». Parole inascoltate, poiché il sistema giudiziario egiziano continuò a rinviare le udienze del processo motivandole proprio con l’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia di coronavirus in atto. Una scusa che, a partire dal giorno 7 di marzo, consentì anche l’interruzione delle visite e dei colloqui in carcere con il detenuto.
Il 13 luglio il tribunale dispose l’ennesimo rinnovo della custodia cautelare per un periodo di quarantacinque giorni. Il 29 agosto Zaki ricevette la prima visita in carcere.
RIPETUTE PROROGHE DELLA CUSTODIA CAUTELARE
Il 2 dicembre, nel quadro della mobilitazione internazionale in suo favore, si registrò la richiesta della libertà anche da parte dell’attrice Scarlett Johansson, che apparve allo scopo in un video. Il venti giorni dopo Zaki fece sapere di essere «esausto fisicamente e depresso». Il primo febbraio ancora un rinvio di altri quarantacinque giorni. L’11 gennaio 2021 la città di Bologna gli conferì la cittadinanza onoraria.
Amnesty International considerò la vicenda Zaki un caso di «accanimento giudiziario», ma, perdurando le accuse di propaganda sovversiva, il 23 agosto venne prorogato lo stato di custodia cautelare in carcere per un altro mese e mezzo.
UN’INTERMINABILE SERIE DI RINVII
Dopo diciannove mesi di detenzione venne formulato il suo rinvio a giudizio e, a Mansura, ebbe luogo la prima udienza del processo a suo carico. Le accuse son gravi e potrebbero procurargli una condanna a cinque anni di carcere. Infatti, malgrado fossero caduti gli addebiti di «incitamento al rovesciamento del regime», permaneva quella di «diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese», derivante da alcune frasi che egli aveva scritto sui social network in difesa della minoranza cristiano-copta.
La prima udienza del processo si concluse con l’aggiornamento a una data successiva. Il 28 settembre, nel corso della seconda udienza del processo si pervenne a un altro rinvio e, il 7 dicembre 2021, data della terza udienza, ne è stata disposta la scarcerazione, che tuttavia non significa la sua assoluzione, poiché è stata calendata un’ennesima udienza il primo febbraio.