STRATEGIA, analisi. Arab Geopolics 2021 della NATO Foundation Defense College

La conferenza ha avuto luogo presso l’Hotel Parco dei Principi di Roma nel pomeriggio del 22 ottobre scorso, essa si è articolata in due sessioni più una intervista sulle implicazioni geopolitiche della transizione energetica in medio Oriente e in Nord Africa

Le attenzioni sulla regione araba costituisce una priorità fondamentale per la NATO, seppure esse si articolino in modo differente rispetto ai principali attori locali e, chiaramente, non possono venire concentrate sulla base delle modalità del passato. Attualmente nel Sahel è in corso una guerra «a distanza» contro terroristi, guerriglieri, trafficanti e gruppi criminali di vario genere, soggetti che stanno destabilizzando i paesi dell’area, con possibili effetti tutt’altro che chiari. Data la fondamentale rilevanza che rivestono, la NATO Foundation Defense College ha affrontato questi temi da diverse angolazioni per l’ottava negli ultimi dieci anni di attività.

UNA REGIONE IN CRISI

Nella regione si è assistito a una normalizzazione delle relazioni tra alcuni Stati membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) e Israele, tuttavia i principali conflitti regionali permangono ancora aperti, oppure in alcuni casi resistono fragili cessate il fuoco; alcuni Stati sono seriamente destabilizzati, mentre la questione iraniana è aperta e le prospettive di una sua soluzione appaiono al momento piuttosto complicate.

Una feroce competizione dagli esiti molto incerti oppone gli attori regionali, alimentando un clima di diffusa instabilità del quale si avvantaggiano alcune grandi potenze (Russia e Cina), dal quale ricavano una maggiore influenza, sia diretta che indiretta, sul processo di ricostruzione postbellica e sul controllo delle reti energetiche, questo mentre le posizioni geopolitiche sui vaccini presuppongono lo sfruttamento dei punti deboli sociali e politici dei paesi arabi e nordafricani.

FRAMMENTAZIONE E TENTATIVI DI RICOMPOSIZIONE

La NATO è già impegnata nel Mediterraneo e in Iraq, ha cessato il suo impegno in Afghanistan e sta mediando tra gli alleati, uno sforzo che, però, risulta insufficiente a garantire un livello di sicurezza adeguato, questo anche a fronte del disimpegno statunitense dalla regione. Infatti, il conflitto libico ha evidenziato alcuni disaccordi tra i principali alleati, che si sono inevitabilmente riflessi sui piani politico e strategico.

La conferenza organizzata dalla NATO Foundation Defense College, che ha avuto luogo presso l’Hotel Parco dei Principi di Roma nel  pomeriggio del 22 ottobre scorso, è stata articolata in due sessioni più una intervista collettanea sulle implicazioni geopolitiche della transizione energetica in medio Oriente e in Nord Africa. Nel corso della prima sessione sono stati valutate attraverso una diversa prospettiva le mutevoli tendenze registrate nella regione, tra una continua frammentazione e nuovi sforzi di pacificazione, quali quelli di alcuni Paesi del Golfo con Israele. Inoltre, alcuni allineamenti delle posizioni assunte da Usa, Unione europea, Federazione russa e Repubblica popolare cinese hanno formato un quadro nel quale l’Alleanza atlantica dovrà adattarsi sostenendo al tempo stesso i paesi nella regione.

EVITARE IL COLLASSO TOTALE DI MAGHREB E SAHEL

Nel corso della seconda sessione sono stati invece esaminate le dinamiche in atto in quella vasta e importante che è stata definita come «Maghreb profondo», cioè il continuum che pone in relazione i paesi africani che si affacciano sulla costa del Mediterraneo con il deserto del Sahel, attraversato dalle molte rotte dei traffici controllate dalla criminalità organizzata e da altri attori non statali.

Quali risorse, forze e strategie dovrebbero essere impiegate per evitare il collasso regionale, che vede nella crisi libica il proprio possibile epicentro e i cui effetti devasterebbero l’Africa subsahariana?

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