ENERGIA, nucleare. Bill «il pazzo» e la «bomba di fine mondo»

Perché il fondatore di Microsoft starebbe buttando via i propri soldi nello sviluppo di un reattore ritenuto costoso, difficile da manutenere e pericoloso per il Prossimo? Il progetto relativo alle centrali di tipo «breeder», autofertilizzante a plutonio e raffreddate a sodio liquido attualmente in fase di sperimentazione, andrebbe dunque accantonato? Ma, allora, come dovrebbe stanziare i propri fondi il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America?

Si torna dunque a parlare dl miliardario filantropo già fondatore del colosso dell’informatica Microsoft, infatti, Bill Gates, impegnato nella causa ambientalista contro l’inquinamento atmosferico e l’innalzamento del clima sulla Terra, propugna la sostituzione delle centrali di elettro generazione alimentate a combustibili fossili con alternative più rispettose del clima.

Ma, allo stato attuale della tecnologia, dove rinvenire tali alternative? Lui le ha trovate nel nucleare. Già, proprio così, nella temuta fissione dell’atomo, tuttavia, non ricorrendo ai vecchi classici reattori, bensì ad altri, i cosiddetti «breeder», che vanno a plutonio e offrono il vantaggio di giungere, dopo un certo periodo di esercizio, ad autoalimentarsi.

Per questo, Gates, che attraverso la sua compagnia, la TerraPower, sta sperimentando in un centro di ricerca avanzata degli Usa una versione adeguata ai tempi di questo tipo di reattore nucleare, si è attratto non poche critiche.

La «pessima scommessa» di William Henry Gates III

Tra le altre, vale la pena riprendere quelle del dottor Frank N. von Hippel (già vicedirettore della Sicurezza nazionale presso l’Ufficio della Scienza e della Tecnologia della Casa Bianca ai tempi del presidente Jimmy Carter nonché, anni dopo, consigliere del presidente Clinton), che in un suo recente articolo pubblicato dalla rivista ufficiale della Federation of American Scientists (FAS) il 22 marzo scorso, ha affermato che Gates sarebbe stato persuaso a sostenere un «costoso progetto di sviluppo di un reattore alimentato a plutonio che potrebbe venire utilizzato anche a scopi militari», un impianto, ha egli sottolineato, che «si è dimostrato essere costoso, suscettibile di arresti prolungati a causa di malfunzionamenti anche di minore entità e difficile da manutere», aggiungendo poi che «gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri paesi hanno abbandonato questa tecnologia quarant’anni fa a causa delle preoccupazioni sia sulla proliferazione di armi nucleari nel mondo che delle spese».

Lo scienziato americano ha quindi aggiunto che «al giorno d’oggi i quattrocento reattori nucleari in funzione nel mondo, impianti che forniscono il 10% dell’energia elettrica consumata sul Pianeta, sono quasi tutti alimentati a uranio a basso arricchimento e raffreddati».

Vecchie concezioni apparentemente superate

Nel suo articolo von Hippel ricorda come mezzo secolo fa gli scienziati fossero convinti che la quantità totale di uranio disponibile sulla Terra, che fosse estraibile a costi non elevati, non sarebbe stata sufficiente ad alimentare questo tipo di reattori oltre l’anno 2000.

Avevano torto, poiché negli seguenti le compagnie minerarie avrebbero invece trovato molto più uranio a basso costo di quanto originariamente previsto, riserve sufficienti, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (AIEA), ad alimentare i reattori raffreddati ad acqua per un altro secolo.

Ma, stante le prospettive di allora, venne dato avvio allo sviluppo dei breeder, impianti alimentati a plutonio e raffreddati a sodio liquido, che nella reazione a catena (fissione) sono in grado di produrre più plutonio di quanto il reattore stesso ne consumi, con i comprensibili vantaggi sul piano economico, competitivi dunque rispetto a quelli raffreddati ad acqua.

I reattori breeder oggi

Sempre secondo von Hippel, attualmente al mondo, «nonostante gli sforzi profusi allo scopo di commercializzarli, sono operativi soltanto due prototipi di reattori sperimentali raffreddati a sodio, entrambi in Russia, mentre l’India ne sta costruendo uno e la Cina Popolare avvalendosi dell’aiuto fornito da Mosca».

«Non è chiaro – prosegue von Hippel – New Delhi e Pechino stiano cercando esclusivamente di generare elettricità attraverso i loro reattori», poiché non è escluso che le ragioni alla base dei loro progetti siano anche di natura militare, data la capacità di questi impianti di produrre abbondanti quantità di plutonio utilizzabili successivamente per incrementare le loro dotazioni di armi nucleari.

Negli Usa, al contrario, i programmi fino ad allora in fase di sviluppo cessarono nel 1983 per effetto di una deliberazione del Congresso, che applicava a distanza di tempo un orientamento invalso ai tempi dell’amministrazione Carter, che, poco prima della scadenza del mandato presidenziale, chiese al Dipartimento per l’Energia di Washington di porre fine alle ricerche.

Riparte il programma VTR

La ricerca sui reattori a plutonio venne comunque ripresa alcuni anno dopo presso l’Idaho National Laboratory (INL) dell’US Department of Energy, che durante l’amministrazione Trump, iniziò ad applicarsi alla realizzazione di un reattore sperimentale raffreddato a sodio, il VTR, versione di maggiori dimensioni rispetto a quello concepito sempre nell’INL, ma la cui costruzione venne bloccata nel 1994 da Clinton sempre su consiglio del dottor von Hippel.

Ebbene, nella temperie politico-mediatica che caratterizza questi primi mesi del mandato presidenziale di Joe Biden, le condizioni per un ritorno al concreto sviluppo di moderni reattori breeder parrebbero oltremodo favorevoli.

Per farlo, però, il consorzio di imprese formato allo specifico scopo, oltre alle risorse investite da Bill Gates per il tramite della TerraPower, dovrà cercare di ottenere anche dei stanziamenti governativi, risorse che permetterebbero di rifinanziare quel Nuclear Energy Innovations Capabilities Act del 2017, nel quadro del quale era stato concepito il VTR.

Nuovo corso alla Casa Bianca

In conclusione del suo articolo, auspicando l’ennesima cassazione del resuscitato progetto e il conseguente impiego altrove delle risorse delle casse federali, il dottor von Hippel ha espresso la propria convinzione che Gates, «ovviamente, non si sarebbe imbarcato in un’avventura del genere per ricavarne un profitto in termini economici», ma che tuttavia, «grazie alla sua reputazione e alla sua serietà, potrebbe aver contribuito al reclutamento dei senatori democratici Cory Booker, Dick Durbin e Sheldon Whitehouse», recentemente unitisi ai due colleghi repubblicani eletti nell’Idaho, che così avrebbero formato una «coalizione bipartisan» finalizzata alla sponsorizzare del progetto  VTR.

I reattori nucleari breeder, cioè quelli autofertilizzanti, alla fine di un ciclo di funzionamento offrono il vantaggio di produrre una carica di plutonio sufficiente ad alimentare un successivo ciclo di funzionamento.

A partire dalla prima carica di plutonio, si consuma una carica di uranio₂₃₈, che diviene plutonio, che a sua volta servirà a rialimentare il reattore dopo il primo ciclo di carica. Una sostanziale moltiplicazione del combustibile, evitando così di intaccare le risorse di uranio presenti in natura.

I perché di un reattore autofertilizzante a plutonio

Un altro aspetto che depone a favore della tecnologia dei breeder è quello che è già stata sviluppata, al riguardo si pensi alla centrale Super Phoenix francese, che installava un reattore al plutonio, impianto nucleare al tempo partecipato per quote del 33% da francesi, britannici e italiani (ENEL), dunque il prodotto di una joint venture europea che ha funzionato per sette anni.

Per molti anni i sottomarini a propulsione nucleare, sia della US Navy che delle Flotte sovietiche, hanno impiegato reattori alimentati con il plutonio estratto dai reattori civili.

i battelli statunitensi erano refrigerati a sodio, mentre quelli sovietici a piombo, sostanze che a temperatura ambiente sono allo stato solido. Nel secondo caso, quando era solido, il piombo fungeva da schermo protettivo nei confronti delle radiazioni emesse dal combustibile presente all’interno del reattore, inoltre, aveva un punto di ebollizione estremamente elevato, con pressioni di esercizio dei reattori enormemente più basse di quelle dei reattori ad acqua, con i derivanti vantaggi in termini di sicurezza. Infine, a parità di potenza un reattore refrigerato a piombo ha un volume pari alla metà di uno ad acqua.

Bill «il pazzo» e la «bomba di fine mondo»

A questo punto si comprende meglio perché Bill Gates, che non è certamente uno sprovveduto, investa i suoi soldi nello sviluppo di questo progetto, che è basato su esperienze pregresse e studi di fattibilità.

Un reattore alimentato a plutonio e refrigerato a solido rientra anche nelle attività di ricerca finanziate dall’Unione europea che hanno a oggetto le centrali nucleari di nuova generazione nell’ambito dei programmi quadro sulla fissione. Molti nel mondo stanno investendo sui breeder, fino a oggi non è convenuto farlo poiché in precedenza c’è sempre stata sovrabbondanza di uranio sui mercati a prezzi contenuti.

Dunque, ci si sta orientando verso un orizzonte temporale di venti o trenta anni, quando le attuali tecnologie saranno ormai divenute mature per passare dall’U₂₃₅ all’U₂₃₈ trasformato in plutonio, nel solco dell’evoluzione naturale della tecnologia nucleare.

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