AMBIENTE, rifiuti. Presentato il “Mini Book” di Utilitatis: focus su rifiuti organici e fabbisogni impiantistici al 2035

La pubblicazione riporta un estratto dello studio, focalizzato sulla filiera del rifiuto organico tenendo conto dei più recenti aggiornamenti ISPRA. Rispetto al 2018 è aumentata la quantità di rifiuto organico migrata a grande distanza, mentre è diminuita quella a breve distanza. L’attuale squilibrio infrastrutturale che caratterizza diverse aree del Paese si acutizzerà con il progresso delle raccolte differenziate e il conseguimento degli obiettivi europei sull’economia circolare

Il 26 novembre scorso Utilitalia ha presentato il rapporto sui fabbisogni impiantistici attuali e al 2035, limite temporale fissato dalle direttive europee per l’economia circolare per il conseguimento degli obiettivi in termini di riciclaggio effettivo e di riduzione del ricorso allo smaltimento in discarica.

Sulla base dei dati ISPRA, l’area ambiente Utilitalia, utilizzando metodiche condivise con gli organi direttivi dell’associazione, ha stimato il fabbisogno in termini impiantistici da realizzare per poter soddisfare gli obiettivi fissati dalle direttive dell’economia circolare al 2035.

Il minibook , curato da Luca Mariotto e Riccardo Viselli (rispettivamente, direttore settore ambiente e specialista settore rifiuti Utilitalia), riporta un estratto dello studio, focalizzato sulla filiera del rifiuto organico tenendo conto dei più recenti aggiornamenti ISPRA.

Rifiuti organici

Il rifiuto organico (forsu+verde) rappresenta la frazione merceologica prevalente nella composizione della raccolta differenziata (RD), pari al 39,5% dei rifiuti differenziati (-0,5% rispetto al 2018) e al 24,3% del totale dei rifiuti urbani (+1,3% rispetto al 2018).

Nel 2019 sono state raccolte in modo differenziato circa 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti organici (0,31 milioni di tonnellate in più rispetto al 2018) di cui circa 3,79 milioni di tonnellate al nord (+90.000 t rispetto al 2018), 1,49 al centro (+90.000 t rispetto al 2018), 1,39 al sud peninsulare (come nel 2018), 0,39 in Sicilia (+90.000 t rispetto 2018) e 0,24 in Sardegna (+40.000 t rispetto 2018).

Il quantitativo pro-capite di organico da RD a livello nazionale è stato pari a 121 kg/abitante anno, con gli estremi rappresentati dal valore minimo della Sicilia (78 kg/abitante anno) e massimo della Sardegna (148 kg/abitante anno) e con i valori intermedi del nord (136 kg/abitante anno), del centro (124 kg/abitante anno) e del sud peninsulare (100 kg/abitante anno).

A livello di modalità di gestione dei rifiuti organici, si evidenzia un prevalente utilizzo di impianti integrati aerobici/anaerobici nel Nord, un ricorso prevalente (esclusivo nel caso della Sicilia) del compostaggio nelle restanti aree geografiche, con presenza di trattamenti integrati non trascurabili.

Deficit impiantistici

Attualmente, diverse aree del Paese soffrono di importanti deficit impiantistici per il trattamento dell’organico raccolto in modo differenziato. Questo comporta, ogni anno, migrazioni di rifiuti, principalmente dalle regioni del centro-sud verso quelle del nord.

Per osservare il grado di autosufficienza di gestione dell’organico, per ciascuna delle cinque aree di analisi sono stati posti a confronto i quantitativi di rifiuti organici (forsu+verde) con i quantitativi gestiti dagli impianti presenti nei medesimi territori, rappresentati dai quantitativi in ingresso negli impianti di compostaggio, di digestione anaerobica, integrati anaerobico/aerobico.

Per migliorare il confronto delle due grandezze, alle quantità raccolte è stata imputata una perdita di peso per evaporazione pari all’8% e per valutare l’autosufficienza impiantistica a livello di macro area è stato considerato uno scarto pari al +/-3% tra queste due quantità.

Si evidenzia che, ai sensi del comma 5 dell’art. 181 del D.lgs. 152/06, i rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio e al recupero, tra i quali rientra sicuramene l’organico raccolto in modo differenziato, possono circolare liberamente sul territorio nazionale al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando comunque il principio di prossimità agli impianti di recupero.

Rifiuti organici da raccolta differenziata: bilancio nazionale neutro

Si possono quindi verificare tre fattispecie:

se le quantità sono confrontabili la macroregione è autosufficiente;

se le quantità trattate sono superiori a quelle raccolte la macroregione importa organico;

se le quantità trattate sono inferiori a quelle raccolte la macroregione esporta organico.

Complessivamente, a livello nazionale il bilancio risulta neutro, ovvero, le quantità trattate negli impianti italiani sono pari alle quantità raccolte in modo differenziato evidenziando che il Paese, al momento, non importa né esporta organico da raccolta differenziata. Ben diversa è invece la situazione a livello delle singole macro aree.

Questo valore risulta dalla media delle perdite nelle regioni con trasporti brevi in quanto dotate di impianti di prossimità e delle perdite maggiori nelle regioni che

sono costrette, per il proprio deficit impiantistico, a effettuare trasporti a maggiori distanze.

Un discorso a parte meritano le due isole maggiori dove si registra infatti autosufficienza.

Dati per macro aree

Ma, mentre la Sardegna dispone di venti impianti per una quantità trattata pari a circa 250.000 tonnellate e ha già raggiunto importanti risultati sia in termini di raccolta differenziata (73,2% contro il 61,3% nazionale) che di intercettazione di organico (148 kg/abitante anno contro la media nazionale di 121), in Sicilia, pur essendo presenti ventidue impianti, per una capacità trattata di circa 280.000 tonnellate, la raccolta differenziata complessiva è ben al di sotto delle medie nazionali (38,5% contro il 61,3%) e la raccolta pro capite di organico è pari a 78 kg/abitante anno, contro la media nazionale di 121.

In questo caso, a differenza della Sardegna si è pertanto in presenza di una situazione di equilibrio che potremmo definire apparente e che si trasformerà in importanti deficit impiantistici con la presumibile crescita delle quantità intercettate dalle raccolte differenziate.

Il centro ed il sud peninsulare, invece, soffrono di una importante carenza impiantistica: il centro, infatti, esporta circa 580.000 tonnellate (30.000 in più rispetto al 2018), pari al 39% delle quantità raccolte e il sud peninsulare esporta circa 430.000 tonnellate (10.000 in più rispetto al 2018), pari al 31% del raccolto. Gli export sono integralmente diretti verso il nord, che infatti importa circa 1.010.000 tonnellate (+40.000 rispetto al 2018), pari al 27% dell’organico raccolto in questa macro area.

Sintetizzando, quindi, sono circa 1,20 milioni le tonnellate (100.000 in meno rispetto al 2018) trattate in impianti di regioni diverse da quelle di produzione e questa quantità rappresenta circa il 16% dell’organico da raccolta differenziata:

1.010.000 t di organico sono migrate dal centro-sud verso il nord, in particolare, o Il centro ha esportato verso il nord 580.000 t, o il sud peninsulare ha esportato verso il nord 430.000 t;

190.000 t sono migrate all’interno delle macro aree (140.000 in meno rispetto al 2018).

Rispetto al 2018 è pertanto aumentata la quantità di organico migrata a grande distanza ed è diminuita quella a breve distanza.

Lo squilibrio infrastrutturale

Dato l’attuale squilibrio infrastrutturale che caratterizza diverse aree del Paese, è ragionevole supporre che la situazione verrà acutizzata con il progresso delle raccolte differenziate e con il conseguimento degli obiettivi fissati dalle direttive europee sull’economia circolare.

Per stimare il fabbisogno impiantistico al 2035, da considerare aggiuntivo rispetto agli impianti attualmente operativi, si è necessariamente dovuto procedere ad assunzioni che, come si potrà evincere dalla disamina, hanno un ruolo tutt’altro che trascurabile per i risultati finali. Si ritiene, d’altro canto, che le assunzioni fatte siano le più aderenti alla realtà attuale e del prossimo futuro e che pertanto i risultati a cui si giunge possano essere considerati dotati di una buona dose di attendibilità. Le assunzioni fatte sono le seguenti:

conseguimento al 2035 degli obiettivi previsti dalle direttive sull’economia circolare per quanto riguarda il riciclaggio (65%). Questo dato, ovviamente, dovrà essere considerato al netto degli scarti delle operazioni di selezione delle frazioni raccolte in modo differenziato e dovrà essere pari alle quantità effettivamente riciclate. Si supera quindi, di fatto, il concetto di mera raccolta differenziata che, stante l’obiettivo fissato e note le percentuali di impurezze, dovrà attestarsi, a livello nazionale, su valori pari a circa l’82% affinché, dopo le necessarie operazioni di selezione si possa avviare al riciclaggio il 65% del totale dei rifiuti urbani. Si ritiene che sarà pertanto necessario intercettare la totalità delle frazioni secche e dell’organico presenti nei rifiuti urbani per conseguire questo obiettivo;

produzione rifiuti stabile sui valori del 2019 (ultimo dato disponibile).

Obiettivo: riciclaggio al 65%

Come sopra evidenziato si ritiene che, per poter conseguire l’obiettivo di riciclaggio del 65%, dovrà essere intercettato tutto l’organico contenuto nei rifiuti urbani. Questa quantità è ricavabile dai dati resi dalle analisi merceologiche effettuate da ISPRA e pari a rispettivamente 33,4% per il Nord, 32,4% per il Centro e per il 40,9% Sud, alla quale sarà sottratta la quantità di compostaggio domestico e la perdita di peso per evaporazione, dovuta al trasporto (8%). Rispetto alle 267.000 t di organico avviate a compostaggio domestico nel 2019, una ricerca interna di Utilitalia ha permesso di stimare che questo valore potrebbe verosimilmente crescere al 2035 fino a circa 270.000 t.

Si stima che nel 2035 verranno pertanto intercettate circa 9,6 milioni di tonnellate di organico (forsu+verde), dele quali il 45% al Nord, il 24% al Sud peninsulare, il 20% al Centro, il 9% in Sicilia e il 3% in Sardegna.

Ai fini di una più corretta stima dei fabbisogni, è stata assunta come capacità impiantistica disponibile, non la somma delle capacità autorizzate, ma la somma delle capacità effettivamente trattate nel 2019.

Questa assunzione si è ritenuta necessaria per la diffusa discrepanza, in difetto, presente nei Rapporti sui rifiuti urbani ISPRA, tra le quantità effettivamente trattate dagli impianti di compostaggio e di digestione anaerobica rispetto alle quantità autorizzate indicate negli stessi rapporti. Inoltre, poiché l’analisi è focalizzata sulla stima del fabbisogno impiantistico al 2035 per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali da urbani, nella capacità disponibile non sono state computate le quantità di rifiuti speciali trattate negli impianti considerati e che spiegano la discrepanza sopra citata.

Si è considerato che le capacità attualmente installate e operative vengano mantenute nel tempo o sostituite, laddove dovessero essere dismesse per vetustà o esigenze di rinnovamento tecnologico.

4 La quantità da gestire è stata ricavata dalla seguente formula:

Organico da gestire = (RDorganico – CD)*0,92, dove: RD = organico intercettabile a regime e ricavabile da percentuali analisi merceologiche, mentre CD = compostaggio domestico stimato al 2035.

La differenza tra l’organico (forsu+verde), che presumibilmente sarà raccolto in modo differenziato nel 2035, e l’attuale disponibilità impiantistica rappresenta il fabbisogno impiantistico non soddisfatto.

Fabbisogno impiantistico ulteriore

Dall’analisi condotta si stima che dal 2035 il fabbisogno impiantistico ulteriore delle macro aree considerate sarà il seguente:

il Nord presenterà un modesto surplus appena sufficiente a costituire un margine di sicurezza;

il Centro presenterà un fabbisogno di circa 1,22 milioni di tonnellate;

il Sud peninsulare presenterà un fabbisogno di circa 1,49 milioni di tonnellate;

la Sicilia presenterà un fabbisogno di circa 0,56 milioni di tonnellate;

la Sardegna presenterà un piccolo deficit.

Per poter conseguire gli obiettivi dell’economia circolare il Paese dovrà pertanto realizzare vari impianti (indicativamente trentadue, considerando una taglia media di 100.000 t/anno), per il trattamento del rifiuto organico, prevedendo come soluzione tecnologica di riferimento la digestione anaerobica con produzione di biometano, combustibile al 100% rinnovabile con caratteristiche del tutto analoghe al metano di origine fossile.

Condividi: