INFRASTRUTTURE, investimenti. Come coniugare efficacemente spesa, sviluppo e occupazione

Le riflessioni sulla scarsa capacità di programmazione e di spesa espressa dal settore pubblico al seminario organizzato il 27 novembre scorso da ANCE, IN/ARCH, Federbeton, CNI e OICE. Gli effetti dei mutamenti climatici sull’esistente e sul futuro della progettazione

I recenti disastri verificatisi nel Paese – emblematizzati dal crollo del Viadotto Polcevera (o ponte Morandi) – ripropongono con urgenza il problema delle infrastrutture, sia sul piano della loro realizzazione che su quello della manutenzione di quelle esistenti.

Un tema recentemente analizzato nel corso del seminario “Flussi e luoghi: infrastrutture, innovazione e sviluppo”, svoltosi a Roma, presso la Sala Colleoni dell’ANCE il 27 novembre 2019 per iniziativa di IN/ARCH (Istituto nazionale di architettura), ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), Federbeton (Confindustria), Consiglio nazionale degli ingegneri e OICE (Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica).

Le riflessioni sulla scarsa capacità di programmazione e di spesa espressa dal settore pubblico hanno costituito la “cifra” del seminario, laddove sarebbero necessarie azioni maggiormente orientate all’efficacia, ma anche – a detta di alcuni intervenuti – provvedimenti che incidano sul lato della normazione, come ad esempio una riperimetrazione della figura del danno erariale.

Come tornare a coniugare investimenti, sviluppo e occupazione? Un interrogativo cruciale posto nel pieno della fase della discussione in Parlamento della legge di stabilità.

Al centro della discussione le infrastrutture del Paese, a cominciare dai ponti e dai viadotti, attuale emblema del degrado e dell’incuria, anche attraverso lo sblocco delle opere già in cantiere.

In Italia sono decine di migliaia, la cui manutenzione è competenza dei privati in 7.500 casi, dell’Anas in 10.000 e delle province (o di quegli enti che dovrebbero prenderne il posto) per circa 30.000.

Alla luce delle capacità attuali è possibile svolgere un’attività così capillare? Volendolo, la tecnologia sarebbe in grado di permettere monitoraggi obiettivi e risolutivi.

Anche l’Italia si trova esposta ai deleteri effetti dei mutamenti climatici, poiché – si afferma – starebbe andando incontro a un processo di vera e propria «tropicalizzazione», con tutto ciò che ne consegue.

Il crollo verificatosi pochi giorni fa del viadotto dell’autostrada A6 Savona-Torino, un’opera realizzata negli anni Sessanta, è stato provocato dal cedimento di un pilastro a causa della pressione esercitata da una violenta frana.

Frane e alluvioni sempre sono fenomeni naturali registrati con sempre maggiore frequenza anche a causa del dissesto idrogeologico nel quale versa non poca parte del territorio italiano, in modo particolare la decina di zone considerate più a rischio.

Piove molto più intensamente e con diversa frequenza rispetto al passato,  e quando questo avviene – ad esempio – il servizio di trasporto delle ferrovie metropolitane nelle grandi metropoli subisce sempre più spesso delle interruzioni.

Ma di esempi come questo al riguardo se ne potrebbero fare molti altri, poiché ormai la in quanto il clima si lega indissolubilmente alla progettazione delle opere.

In un proprio studio di recente pubblicazione la Corte dei Conti ha stimato in quaranta miliardi di euro la spesa sufficiente alla messa in sicurezza del Paese, una somma certamente non indifferente di questi tempi, nei quali gli stanziamenti nel bilancio pubblico a copertura degli interventi contro i rischi idrogeologici vengono continuamente rimodulati, mentre l’erogazione delle risorse disponibili viene spalmata su periodi estremamente lunghi.

Un contributo alla soluzione del problema potrà certamente derivare da un piano nazionale di adattamento al clima, teso alla mitigazione dei mutamenti in atto anche attraverso la riduzione delle emissioni di CO2, un concreto New Green Deal che, tuttavia, non dovrebbe limitarsi alle “immagini a effetto” – come la borraccia in alluminio al posto della bottiglietta di plastica – a uso e consumo dell’opinione pubblica.

La «green economy» verso la quale si tende cerca di incorporare in sé il concetto di limite e, in questo senso, le infrastrutture si pongono come ponte tra il paesaggio e gli insediamenti, nella misura in cui esse riescono a precedere senza però dominare questi ultimi, fungendo da cerniera tra zone agricole, aree edificate e insediamenti produttivi.

L’urbanizzazione procede inarrestabile come il cingolo di un carro armato producendo megalopoli dalle estensioni sterminate. Ormai è già da qualche anno che nel mondo si è invertita la tendenza e oggi la maggior parte della popolazione del pianeta vive in grandi agglomerati urbani. Centinaia di milioni di persone hanno abbandonato le zone rurali di originaria residenza per stabilirsi nelle città.

Un altro aspetto affrontato nel seminario del 27 novembre scorso, quello della concentrazione di popolazione nelle megalopoli, che pone però anche un interrogativo: l’urbanizzazione spinta rappresenta davvero l’unico destino anche per l’Italia oppure esistono delle alternative policentriche alla soluzione dei problemi che affliggono i centri urbani di maggiori dimensioni?

Anche in questo caso all’ANCE si è concentrato il focus su infrastrutture e trasporti.

Infine il tema principe dell’evento, cioè la coniugazione di investimenti, innovazione e sviluppo, con un’attenzione al lavoro, tenuto debitamente in conto che nel Paese la crisi edilizia ha assunto i contorni di un macroscopico dramma occupazionale, un tema negletto dalla massima parte della stampa.

I numeri rendono inequivocabilmente la dimensione di tale realtà: in dieci anni il settore ha registrato la perdita di 600.000 posti di lavoro, che nei termini dei volumi di disoccupazione equivalgono a una Pernigotti al giorno (pari a 150 posti di lavoro perduti), oppure a una Whirlpool alla settimana (400 posti di lavoro perduti), ovvero ancora a ben sei Ilva a bimestre (10.000 posti di lavoro perduti).

L’Italia esprime una grande domanda di infrastrutture per competere e restare legata all’Europa e ai mercati globali – queste le conclusioni tratte dagli organizzatori del seminario romano -, poiché esse sostengono lo sviluppo, la crescita e l’occupazione

È dunque indispensabile che gli investimenti si leghino alle politiche industriali e a quelle agricole e che affrontino il tema dello squilibrio infrastrutturale del Mezzogiorno.

Infrastrutture a supporto delle aree industriali, di quelle in crisi già radicate sul territorio e di quelle di nuova formazione legate all’innovazione e alla promozione di zone economiche speciali.

La necessità di una riflessione su questi temi emerse in occasione del congresso nazionale dell’IN/ARCH svoltosi nell’aprile del 2018, quando Aldo Bonomi evidenziò con forza la centralità del rapporto Tra “flussi e luoghi”, cioè tra infrastrutture e architettura.

Lo scorso 27 novembre è stato posto l’’obiettivo di iniziare a fornire delle risposte ad alcuni quesiti fondamentali sulle future strategie da perseguire.

La registrazione audio integrale dei lavori del seminario è disponibile di seguito (A213A e A213B)

 

A213A – ECONOMIA: INFRASTRUTTURE, INNOVAZIONE E SVILUPPO. I recenti disastri verificatisi nel Paese – emblematizzati dal crollo del Viadotto Polcevera (o ponte Morandi) – ripropongono con urgenza il problema delle infrastrutture, sia sul piano della loro realizzazione che su quello della manutenzione di quelle esistenti.

Un tema ampiamente analizzato nel corso del seminario “Flussi e luoghi: infrastrutture, innovazione e sviluppo”, svoltosi a Roma, presso la Sala Colleoni dell’ANCE, il 27 novembre 2019 su iniziativa di IN/ARCH (Istituto nazionale di architettura), ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), Federbeton (Confindustria), Consiglio nazionale degli ingegneri e OICE (Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica).

I tre casi studio – area portuale di Napoli, Gronda di Genova e ferrovia ad alta velocità/alta capacità Napoli-Bari – sono stati trattati da: ANDREA MARGARITELLI (presidente IN/ARCH, introduzione), LUCA ZEVI (vicepresidente IN/ARCH, moderatore dei lavori); EDOARDO BIANCHI (vicepresidente ANCE), ROSARIO PAVIA (consigliere IN/ARCH), PIETRO SPIRITO (presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mar Tirreno centrale);

temi affrontati nel corso del seminario: Viadotto Polcevera (o ponte Morandi), infrastrutture, città, urbanizzazione, globalizzazione, reti, viadotto autostrada A6 Savona-Torino, Liguria, mobilità, ferrovie alta velocità/alta capacità, Napoli, funzionari pubblici Gronda di Genova, waterfront, Immacolatella Vecchia (Napoli), molo San Vincenzo (Napoli), molo Beverello (Napoli), nuova darsena di levante (Napoli), Legge obiettivo, Marco Conti, trasporti, terzo valico, corridoio adriatico, Ferrovie dello Stato, Anas, ponti, terra dei fuochi, grandi opere, mutamenti climatici, dissesto idrogeologico, autostrade, riduzione delle emissioni di CO2, consumo dei suoli, frane, deforestazione, Legge sull’architettura, manutenzione delle scuole, Legge «sblocca Italia» (Decreto legge nr.133/2014 successivamente convertito in Legge nr.164/2014), Salini, Impregilo, Astaldi, FS stazione Afragola (Napoli), economia circolare, New Green Deal, stagnazione economica, calcestruzzi green e «cementi sostenibili», energie alternative (generatori eolici off-shore), carbolatazione.

A213B – ECONOMIA: INFRASTRUTTURE, INNOVAZIONE E SVILUPPO. I recenti disastri verificatisi nel Paese – emblematizzati dal crollo del Viadotto Polcevera (o ponte Morandi) – ripropongono con urgenza il problema delle infrastrutture, sia sul piano della loro realizzazione che su quello della manutenzione di quelle esistenti.

Un tema ampiamente analizzato nel corso del seminario “Flussi e luoghi: infrastrutture, innovazione e sviluppo”, svoltosi a Roma, presso la Sala Colleoni dell’ANCE, il 27 novembre 2019 su iniziativa di IN/ARCH (Istituto nazionale di architettura), ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), Federbeton (Confindustria), Consiglio nazionale degli ingegneri e OICE (Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica).

I tre casi studio – area portuale di Napoli, Gronda di Genova e ferrovia ad alta velocità/alta capacità Napoli-Bari – sono stati trattati da: MICHELE PARODI (direttore ANCE Liguria), EDOARDO ZANCHINI (vicepresidente di Legambiente), SIMONA IACCARINO (Project manager Assistant della ferrovia AV/AC Napoli-Bari), GIANNI MASSA (vicepresidente vicario del Consiglio nazionale ingegneri), GABRIELE CAMOMILLA (Federbeton), NICOLA ZAMPELLA (Federbeton);

temi affrontati nel corso del seminario: Viadotto Polcevera (o ponte Morandi), infrastrutture, città, urbanizzazione, globalizzazione, reti, viadotto autostrada A6 Savona-Torino, Liguria, mobilità, ferrovie alta velocità/alta capacità, Napoli, funzionari pubblici Gronda di Genova, waterfront, Immacolatella Vecchia (Napoli), molo San Vincenzo (Napoli), molo Beverello (Napoli), nuova darsena di levante (Napoli), Legge obiettivo, Marco Conti, trasporti, terzo valico, corridoio adriatico, Ferrovie dello Stato, Anas, ponti, terra dei fuochi, grandi opere, mutamenti climatici, dissesto idrogeologico, autostrade, riduzione delle emissioni di CO2, consumo dei suoli, frane, deforestazione, Legge sull’architettura, manutenzione delle scuole, Legge «sblocca Italia» (Decreto legge nr.133/2014 successivamente convertito in Legge nr.164/2014), Salini, Impregilo, Astaldi, FS stazione Afragola (Napoli), economia circolare, New Green Deal, stagnazione economica, calcestruzzi green e «cementi sostenibili», energie alternative (generatori eolici off-shore), carbolatazione.

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