MINORANZE, Alto Adige Südtirol. Doppio passaporto austriaco? Sì, ma non così.

Invece della separazione etnica è meglio una soluzione storica basata sull'esempio degli italiani all'estero. L‘orientamento di Oskar Peterlini, giurista e docente universitario del gruppo linguistico tedesco già senatore della Repubblica eletto nelle liste della Svp

  Doppio passaporto austriaco? Sì, ma non così. Traduzione italiana dell’articolo    Ein Pass für Nachfahren österreichischer Staatsbürger – Statt ethnischer Trennung eine historische Lösung nach dem Muster der Italiener im Ausland, in Europa Ethnica, n. 1/2-2019, Facultas Verlags- und Buchhandels AG, Wien, ISSN 0014-2492, S. 23-31; Peterlini, O. (2019d)

 

  Un passaporto austriaco per i sudtirolesi? Pochi giorni prima del suo rinnovo alle elezioni del 29 settembre 2019, il Parlamento austriaco, ha approvato una mozione che ha riproposto il tema del doppio passaporto per la minoranza tedesca e ladina in Alto Adige Südtirol. Già il precedente governo austriaco, sotto il Cancelliere Sebastian Kurz (Partito popolare austriaco, ÖVP) e il Vice-cancelliere Heinz-Christian Strache (Partito liberale austriaco, FPÖ), che aveva assunto la carica il 18 dicembre 2017, intendeva consentire alla minoranza sudtirolese, in aggiunta alla loro cittadinanza italiana, l’acquisizione della cittadinanza austriaca. La soluzione presa in considerazione allora aveva innescato una dura polemica e una rispettiva resistenza a Roma, che si potevano evitare, o almeno fortemente ridurre, con una soluzione più equilibrata che evitasse contrapposizioni etniche. La soluzione, infatti, che ÖVP e FPÖ inserirono nel programma di governo, prevedeva di riservare questa opportunità “agli appartenenti dei gruppi etnici di lingua madre tedesca e ladina nel Sudtirolo (…)”. La possibilità di accedere al passaporto austriaco è pertanto stata deliberatamente limitata ai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, palatizzando il tema e facendo diventare una questione etnica. Nonostante le rassicurazioni dello spirito europeo, i critici considerano il problema del doppio passaggio come un fungo di fissione tra gruppi i linguistici. Con una soluzione storicamente fondata, piuttosto che etnica, si sarebbero potuti togliere molte critiche dalle vele. La soluzione italiana per gli italiani nel mondo potrebbe sempre ancora servire da modello.

 

   Il voto espresso al Nationalrat di Vienna. Ormai da anni in Alto Adige si discute sulla questione se l’Austria possa o debba concedere o meno la cittadinanza austriaca ai sudtirolesi. La questione è stata risollevata all’ultima seduta del Nationalrat, la Camera Austriaca, il 19 settembre 2019, dieci giorni prima delle elezioni politiche. Il parlamento dell’Austria ha rilanciato il tema, grazie ai voti della ÖVP, i popolari del leader ed ex cancelliere Sebastian Kurz, e della FPOe, il partito della destra dei Freiheitlichen di Norbert Hofer. È stato quindi approvato un emendamento a una mozione, che impegna il governo di Vienna ad avviare nuovi colloqui con l’Italia e, in particolare, l’Alto Adige, per poi presentare una proposta di legge che inserisca la doppia cittadinanza per i sudtirolesi.[1] La mozione, nonostante approvata in pieno clima elettorale, è molto cauta e impegna solamente i ministri degli esteri e degli interni a riprendere colloqui con Roma, e Bolzano. Con altre parole si dice che non si procede da soli, come sembrava all’inizio della discussione anni fa, ma cercando il dialogo con l’Italia, e conseguentemente – si intende – solo in accordo con l’Italia. In questo intento il presente saggio cerca di suggerire una via che potrebbe essere condivisa.

Le posizioni sono, infatti, molto controverse. L’Italia è intransigente nella sua opposizione. Nel settembre 2018, la Camera dei deputati ha adottato una dura risoluzione contro questo intento perseguito dall’Austria e da varie componenti dei partiti Sudtirolesi orma i da anni.[2]  Nel febbraio 2019, il Ministro degli Esteri italiano ha ribadito ancora una volta in una nota al Parlamento la posizione contraria dell’Italia. [3]   In Austria la questione è stata a lungo perseguita con moderazione, perché i buoni rapporti con l’Italia non dovevano essere compromessi. In Alto Adige, gli ambienti nostalgici vedono in questo modo l’opportunità di avvicinarsi alla madrepatria austriaca. Altri temono una possibile spaccatura fungina, che potrebbe appesantire le relazioni etniche tra i gruppi etnici e costruire nuove barriere. Addirittura il vescovo ha espresso le sue preoccupazioni. [4]

Questo articolo non intende prendere posizione per un’opinione o per un’altra. Si tratta piuttosto di verificare se esistono soluzioni che possano facilitare la discussione. La tesi da trattare è la seguente: Le paure, le riserve e i dinieghi potrebbero essere alleviati, se non completamente superati, se tale misura non fosse fondata su basi etniche, ma storiche. Non si tratta quindi di un aut aut, ma della forma in cui l’Austria attui una tale misura. La legge italiana per l’Istria e la Dalmazia, che a sua volta ha raccolto polemiche, non dovrebbe servire da modello, come sembra sia stata presa. La normativa, poco conosciuta per gli “Italiani nel mondo” sembra al contrario, essere ideale. La legge ha cento anni e consente agli interessati all’estero di ottenere la cittadinanza italiana se è in grado di dimostrare di avere un antenato con cittadinanza italiana.

Il termine “doppio passaporto” o “doppia cittadinanza”, spesso usato, si riferisce al possesso da parte di un cittadino di due cittadinanze diverse. Correttamente, a differenza del linguaggio attuale, si dovrebbe parlare di due cittadinanze, perché la parola “doppio” significa due volte la stessa cosa. Questa distorsione linguistica viene usata anche nella versione tedesca “Doppelpass” dalla “Bundeszentrale für politische Bildung” della Germania, [5] nonché dallo stesso governo austriaco, [6] che, tuttavia, non costituiscono una garanzia di correttezza linguistica.

Il precedente: La misura per gli italiani nell’ex Jugoslavia. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 10 febbraio 1947, gli Alleati a Parigi divisero il mondo. L’Alto Adige/ Südtirol, già annesso all’Italia nel 1919 con il crollo dell’impero asburgico, rimase all’Italia, nonostante gli sforzi dell’Austria e dei Sudtirolesi per ottenere l’autodeterminazione.[7] L’Italia stessa rivendicò il suo dominio sugli ex territori italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, ma li perse (sotto la pressione della Russia) a favore dell’allora Repubblica iugoslava.[8] Il trattato di Osimo del 10 novembre 1975 ancorò definitivamente il confine per i territori fin li indeterminati della Zona franca di Trieste e suggellò infine la rinuncia dell’Italia ai territori ora jugoslavi. Il trattato venne ratificato in Italia con la legge n. 73 del 14 marzo 1977. Sul piano interno, il governo raccolse durissime critiche perché non aveva ancorato alcuna protezione concreta per le minoranze italiane nei territori di un tempo. [9]

Soltanto molti anni dopo, nel 2006, l’Italia ha inviato un segnale visibile alla sua minoranza: con la legge n. 124 dell’8 marzo 2006, ha concesso agli ex cittadini italiani nei territori dell’Istria, di Fiume, ora Rijeka, e della Dalmazia, ceduta alla Jugoslavia, l’opportunità di acquisire la cittadinanza italiana. Anche i bambini e i discendenti in linea retta di ex cittadini italiani hanno il diritto di acquisire la cittadinanza italiana.

 

   Il programma dell’Austria: preoccupazioni e resistenza. Da allora, anche in Alto Adige è emersa l’idea che l’Austria potrebbe concedere la stessa opportunità ai sudtirolesi. Per rispetto verso l’Italia, tuttavia, le richieste dei vari ambienti sudtirolesi non sono state prese in considerazione per lungo tempo da Vienna.

Solo l’ex governo federale austriaco del Cancelliere federale Sebastian Kurz (Partito popolare austriaco, ÖVP) e del Vicecancelliere Heinz-Christian Strache (Partito liberale austriaco, FPÖ, recentemente cascato in disgrazia a causa dello scandalo Ibiza), appena insediatosi il 18 dicembre 2017, decise di inserire questo punto a favore della minoranza sudtirolese in Italia nel programma di governo. I sudtirolesi dovrebbero poter assumere, oltre alla cittadinanza italiana, anche la cittadinanza austriaca.

Polemiche contro la soluzione etnica prescelta. Ma la formula prescelta ha provocato una polemica da parte italiana e, di conseguenza, una resistenza dura, che si avrebbe potuto evitatare o almeno notevolmente ridurre. Perché: La soluzione ancorata nel programma governativo dell’ÖVP e del FPÖ prevede “la possibilità per i membri dei gruppi etnici di lingua tedesca e ladina in Alto Adige (….) di acquisire, oltre alla cittadinanza italiana, anche la cittadinanza austriaca”.[10]  Pertanto, questa possibilità è stata deliberatamente limitata ai membri dei gruppi etnici di lingua madre tedesca e ladina e l’argomento è stato trasformato in una questione etnica.
Per giustificare la misura è stato invocato lo spirito europeo. Nelle parole introduttive al programma, si sottolinea la volontà di integrazione europea: “Nello spirito dell’integrazione europea e al fine di promuovere l’unione sempre più stretta dei cittadini degli Stati membri, si prevede di dare l’opportunità (…..) ai membri dei gruppi etnici di lingua tedesca e ladina (….)”.[11]   Ma questo non poteva impedire la polemica e occultare la separazione etnica che sarebbe stata causata in Alto Adige.

Anche vari politici sudtirolesi hanno cercato di presentare l’obiettivo nello spirito europeo, tuttavia, senza grande successo. [12]

Nonostante le affermazioni, i critici giudicano la questione del “doppio passaporto” come una fissione, un elemento di frattura tra i gruppi linguistici. [13]

  La reazione italiana al progetto austriaco. La Camera dei Deputati italiana, con la citata decisione del 27 settembre 2018, si è decisamente opposta all’intenzione del governo austriaco di rilasciare il passaporto ai Sudtirolesi. [14]  Nelle premesse della mozione approvata ci si riferisce alle esperienze positive di autonomia e cooperazione transfrontaliera e si esprime preoccupazione per questa iniziativa.

Nella parte finale, il governo viene impegnato a “ribadire, anche nelle sedi dell’Unione europea, i  rischi potenziali che potrebbe comportare per la popolazione di lingua italiana, un’eventuale approvazione della legge austriaca (…)”, a “difendere il modello di autonomia e convivenza pacifica in Alto Adige (…)”

Oltre a varie dichiarazioni rilasciate dai media , il ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi ha segnalato in una nota al Parlamento i vari passi compiuti contro questa causa austriaca.[15]  Ricordava che Il governo italiano aveva chiaramente espresso la sua posizione in vari comunicati stampa. Il 17 settembre 2018, a causa dei continui attriti, ha respinto anche l’invito del ministro degli esteri austriaco Karin Kneissl a un incontro bilaterale.

Aveva incaricato l’Ambasciatore italiano a Vienna di “ribadire in tutte le sedi opportune, la nostra ferma posizione anche al fine di evitare di prestare acquiescenza di fronte di eventuali sviluppi del progetto politico. L’ambasciatore dovrebbe anche sensibilizzare le forze politiche e parlamentari a Vienna ”circa il rischio concreto di compromettere, in caso di sua attuazione, le relazioni bilaterali con l’Italia”. “In tutti gli interventi“ – sottolinea ancora una volta la lettera – “è stato altresì sottolineato come la misura prospettata da parte austriaca sia suscettibile di introdurre elementi divisivi e di andare a minare  la coesione sociale e la pacifica convivenza delle comunità residenti nella Provincia, con il rischio di compromettere il successo dell’autonomia dell’Alto Adige, un modello di tutela delle minoranze e di serena

e di serena coabitazione tra gruppi linguistici diversi che i due Paesi additano ad esempio alla comunità internazionale.”

“A fronte delle dichiarazioni da parte austriaca di voler procedere con l’iniziativa soltanto “d’intesa” con Roma, è stata puntualmente ricordata l’indisponibilità dell’Italia verso ogni forma ed ogni livello di discussione sul tema, di cui non si condividono i presupposti giuridici ne politici.”

“considerando il potenziale impatto anche in prospettiva  europea  della misura perseguita dal Governo di Vienna (…)”,  questo Ministero ha informato della questione i competenti servizi della Commissione Europea”, continua la Comunicazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.[16]

 

   Quale necessità, nonostante la cittadinanza europea e l’euroregione? Più dura e intransigente la dichiarazione ufficiale dell’Italia non avrebbe potuto essere! È interessante notare che nella mozione stessa si temono effetti negativi sulla popolazione italiana, e nella dichiarazione del ministero un pericolo per la convivenza. Ciò non può che far riferimento al fatto che la prevista misura austriaca è riservata ai gruppi di lingua tedesca e ladina, il che è deplorato come elemento di separazione.

In questa discussione si dovrebbe anche tener presente che, dal 1992, tutti i cittadini di uno Stato membro dell’UE hanno acquisito la cittadinanza europea, in aggiunta a quella nazionale, in virtù del trattato di Maastricht, ossia una doppia cittadinanza.[17] Questo è il caso dei sudtirolesi di cittadinanza italiana, ma anche degli austriaci e, naturalmente, dei tirolesi al nor del Brennero.

Questa precisione è di particolare importanza politica per i sudtirolesi. Da quando l’Austria ha aderito all’Unione europea nel 1995, [18] essi appartengono alla stessa cittadinanza europea degli austriaci stessi.  L’appartenenza ad una stessa comunità di Stati federati non solo ha attenuato il confine nazionale al Brennero, ma ha anche incluso sudtirolesi e nord-est-tirolesi nella stessa comunità sovraordinata. Da questo punto di vista, si potrebbe sostenere che una terza cittadinanza, quella austriaca, diventerebbe superflua.

Non c’è dubbio che l’integrazione nell’Unione europea di entrambe le ex parti del Tirolo storico e quindi il passaporto europeo sono più importanti di un’ulteriore cittadinanza austriaca, poiché questi vantaggi sono incomparabilmente maggiori del possesso più o meno simbolico di un passaporto austriaco. In particolare, l’accordo di Schengen con la caduta delle frontiere interne e la possibilità di una stretta cooperazione tra le ex parti del Tirolo storico in un c.d. “Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT)”, più semplicemente in una regione transfrontaliera europea, ha rafforzato i legami.[19] Il Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 (che ha effetto diretto in tutti gli Stati membri dell’UE) ha gettato una solida base giuridica sovranazionale per la collaborazione transfrontaliera, che non dipende più dalla volontà dei singoli Stati. [20]

Con queste argomentazioni, tuttavia, non si può spazzare via completamente la discussione sul passaporto austriaco per i sudtirolesi. I sostenitori si aspettano un ulteriore elemento di legame della minoranza con lo Stato madre, il cosiddetto Kin-State.[21]

Con il Trattato di Parigi del 1946 e il Pacchetto, l’Austria come parte contrattuale ha il diritto di controllare ed esigere il rispetto del Trattato e quindi si definisce giustamente una Schutzmacht (potere di tutela). Inoltre, la concessione della cittadinanza ai sudtirolesi può essere intesa come un’ulteriore misura di protezione che l’Austria potrebbe concedere unilateralmente senza il consenso dell’Italia, modificando la propria legge.

Ma è proprio il rapporto con l’Italia e il Trattato di Parigi che pongono un problema, perché l’Italia potrebbe considerare tale misura come un’interferenza che va oltre il Trattato. E questo è esattamente ciò che è accaduto, come hanno dimostrato le diverse prese di posizioni dei rappresentanti del governo italiano, nonché la cautela con cui i rappresentanti austriaci hanno reagito. [22]   

 

   L’Istria, un modello poco felice. In contrasto con queste critiche italiane, invece, si pone la legge già citata per gli italiani in Istria e Dalmazia, che ha dato origine alle discussioni in Alto Adige e che – così sembra – abbia consapevolmente o inconsapevolmente ispirato l’elaborazione dell’attuale programma di governo austriaco. In effetti, nelle discussioni attorno al c.d. doppio passaporto torna sempre il modello italiano dell’Istria.

Per questo motivo si illustrerà nel prossimo capitolo la situazione degli ex territori italiani dell’Istria e della Dalmazia e la legge sul recupero della cittadinanza.

     Il Trattato di pace del 1947. Il Trattato di pace tra gli Alleati e l’Italia, [23]  firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, prevede che i cittadini italiani residenti il 10 giugno 1940 nei territori ceduti dall’Italia ad un altro Stato e i loro figli diventino cittadini dello Stato al quale tale territorio è trasferito, con pieni diritti civili e politici. Non appena diventano cittadini dello Stato interessato, perdono la cittadinanza italiana. Allo stesso tempo, è stato previsto il diritto di optare per la cittadinanza italiana per un periodo di un anno per le persone “la cui lingua ufficiale è l’italiano”. Chiunque opta in tal senso conserva la cittadinanza italiana e non è considerato come acquirente della cittadinanza dello Stato al quale il territorio è ceduto.   Tuttavia, coloro che sono rimasti nei territori ceduti hanno, perso la nazionalità italiana. Ma a coloro, che hanno avuto l’opzione, si riferisce la successiva legge di riacquisto.

 

La normativa per gli Italiani in Istria e Dalmazia. suddetta legge sulla possibilità di riacquisizione della cittadinanza italiana per i territori ceduti alla Jugoslavia non dovrebbe però essere utilizzata come modello. Aveva pesanetmente aggravato le relazioni dell’Italia con gli stati successori della Jugoslavia, la Croazia e la Slovenia. Come l’attuale programma del governo austriaco, è basato sull’appartenenza etnica. La possibilità di riacquisizione della cittadinanza italiana è concessa ai seguenti soggetti in base all’articolo 1 della legge 8 marzo 2006, n. 124: [24]

  1. a) ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già residenti nei territori facenti parte dello Stato italiano successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73, alle condizioni previste e in possesso dei requisiti per il diritto di opzione di cui all’articolo 19 del Trattato di pace di Parigi e all’articolo 3 del Trattato di Osimo;
  2. b) alle persone di lingua e cultura italiane che siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti di cui alla lettera a).

Il regime si applica quindi ai discendenti di ex cittadini italiani di “lingua e cultura italiane”.[25]   E’ proprio questa restrizione etnica sui discendenti, che ha essenzialmente provocato le polemiche e la resistenza in Croazia e Slovenia, ma anche nella comunità italiana. Il quotidiano La Repubblica ha catturato l’atmosfera quando si è aperta la fase delle domande come segue: [26]

“C’è molto fermento nell’Istria e a Fiume nella comunità italiana,” scrive Silvio Forza su Repubblica – “perché solo a loro e non alla popolazione slava di quelle terre che cinquant’ anni fa era di cittadinanza italiana è destinata l’ offerta della legge 91 del 1992.” [27]

I termini per la richiesta di riacquisizione della cittadinanza erano limitati e scadevano il 15 agosto successivo. Fino allora, gli italiani di Croazia dovevano dimostrare la loro appartenenza nazionale. Come hanno reagito, si è chiesto La Repubblica, Croazia e Slovenia al fatto che la legislazione riguardava la minoranza italiana residente sul loro territorio. “Male” fu la risposta succinta. “Hanno immediatamente frapposto ostacoli alla via che porta al passaporto bordeaux. La Slovenia ha negato ai propri cittadini il diritto alla doppia cittadinanza. La Croazia ha invece voluto arginare la marea di richieste al consolato di Fiume negando agli interessati il rilascio dei documenti necessari, creando mille intoppi burocratici. Solo dopo un’interpellanza parlamentare del deputato della minoranza italiana al Sabor (Parlamento di Croazia) e l’ interessamento dell’ ambasciata italiana a Zagabria, la situazione si è sbloccata.”

Durissima la reazione croata: “La doppia cittadinanza, vista dalla Croazia, è un’ esca gettata dall’ Italia imperialista ma fa gola a molti”. Per i croati dell’ Istria, “riscopertisi di recente solo istriani e accusati di scarso patriottismo, è un’ occasione per riabilitare il proprio standard sociale minacciato dalla crisi economica.”

Le accuse degli Stati colpiti spaziavano dall’ingerenza negli affari interni alle accuse di imperialismo. Le reazioni erano durissime.

 

Le condizioni generali per la cittadinanza in Italia. Oltre alle suddette leggi e ad altre leggi speciali, la cittadinanza italiana è attualmente disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91. Le disposizioni di attuazione adottate a tal fine disciplinano i dettagli: in particolare il DPR n. 572 del 12 ottobre 1993 e il DPR n. 362 del 18 aprile 1994. A differenza della precedente legge del 1983, è rafforzata la volontà dell’individuo di acquisire e perdere la cittadinanza ed è riconosciuto il diritto di possedere più cittadinanze contemporaneamente (sic). [28]

I principi su cui si basa la cittadinanza italiana sono:

  • la trasmissibilità della cittadinanza per discendenza (principio dello ius sanguinis);
  • l’acquisto iure soli (per nascita sul territorio) in alcuni casi;
  • la possibilità della doppia cittadinanza;
  • la manifestazione di volontà per acquisto e perdita;

Lo jius sanguinis, cioè la discendenza da almeno un genitore con cittadinanza italiana, è il modo principale per acquisire la cittadinanza italiana.

Ci sono inoltre diverse altre possibilità. Lo jus soli, cioè la nascita sul territorio italiano, è riservato esclusivamente ai figli di genitori apolidi o sconosciuti o la cui cittadinanza non si estende ai loro successori. E’ inoltre possibile ai minori acquisire la cittadinanza, la cui ascendenza da parte di un cittadino italiano è riconosciuta o stabilita da un tribunale, oppure adottati o i cui genitori acquisiscono la cittadinanza. Ulteriori possibilità sono offerte, dopo un certo periodo di tempo, dal matrimonio, dalla convivenza civile, dalla residenza, dalla residenza, da meriti speciali e da leggi speciali. [29]

 

   Una soluzione storica invece che etnica. Come evitare le tensioni con l’Italia e l’accusa della divisione etnica in Alto Adige? La critica riguarda principalmente il conferimento del passaporto solo a cittadini di lingua tedesca e ladina, perché traccia una linea di demarcazione etnica.

Scegliendo una soluzione storicamente fondata invece di una divisione etnica, si potrebbero togliere molte critiche alle vele e disinnescare le polemiche. Ciò renderebbe anche più distesa e obiettiva la discussione e faciliterebbe una possibile soluzione. Una tale soluzione, infatti, l’ha scelta proprio l’Italia per la concessione della cittadinanza ai propri connazionali all’estero. L’Austria dovrebbe solamente seguire il modello storico della legge italiana ancora in atto dal lontano 1912, che regola la cittadinanza per gli italiani e i loro discendenti nel mondo. [30]

 

Italiani all’estero, il riconoscimento sulla base della discendenza da antenati italiani. La nuova legge sulla cittadinanza del 1992 (n. 91/1992) non menziona una possibilità di acquisire la cittadinanza, anzi, spesso dimenticata e poco conosciuta. In realtà però si tratta di una possibilità particolarmente interessante per la discussione sulla cittadinanza austriaca. La cittadinanza italiana, infatti, è concessa a tutti coloro che, indipendentemente da dove vivono nel mondo, e abbiano altre cittadinanze, discendono da un antenato con cittadinanza italiana. Non importa neanche quante generazioni siano passate. In pratica, un cittadino all’estero che abbia avuto un avo con passaporto italiano, generazioni fa, può acquisire la cittadinanza italiana.  Agli italiani residenti all’estero sono stati addirittura riservati seggi in Parlamento, sei in Senato e dodici nella Camera dei deputati. [31]

Il regime risale al lontano anno 1912 (legge n. 555/1912), ma è ancora applicabile per il riconoscimento della cittadinanza a discendenti di antenati italini. Sebbene la legge 555 sia stata espressamente abrogata dalla riforma del 1992 (articolo 26 della legge 91/1992), essa si applica ai precedenti rapporti giuridici. L’articolo 20 della nuova legge conferma espressamente ” lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.” (articolo 20 della legge n. 91/1992). [32]

In pratica, si parte dal presupposto che i discendenti di cittadini italiani conservano sempre la cittadinanza sulla base dello jus sanguinis, anche se hanno ottenuto altre cittadinanze sulla base dello jus soli, salvo che non abbiano espressamente rinunciato alla cittadinanza italiana. Quindi, anche se questi discendenti sono lontani di molte generazioni e non si sono mai preoccupati della cittadinanza italiana, non l’hanno praticamente mai persa e possono chiedere il riconoscimento.

La possibilità di riconoscimento sulla base della legge del 1912 è stata disciplinata con precisione da una circolare del ministro dell’Interno del 27 maggio 1991, confermata espressamente dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulla cittadinanza n. 91/1992.  La circolare è stata emanata sulla base di vari pareri del Consiglio di Stato, in particolare l’ultimo del 7 novembre 1990, n. 1060.

Come spiega il Ministero dell’Interno, la legge fa riferimento al riconoscimento della cittadinanza agli stranieri che discendono da un antenato italiano emigrato in paesi dove vige lo Ius soli. [33]

La legge del 1912 prevede all’art. 1 il principio del riconoscimento della cittadinanza italiana sulla base della discendenza paterna al figlio del cittadino, indipendentemente dal luogo di nascita, come già previsto dal codice civile del 1865. In deroga, l’articolo 7 mirava a mantenere il legame tra i figli degli emigrati italiani e il paese di origine dei loro antenati e introduceva un’importante eccezione al principio dell’unicità della cittadinanza:

Art. 7. – Salvo speciali disposizioni da stipulare con trattati internazionali il cittadino italiano nato e residente in uno stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana, ma divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunziarvi. [34]

Molti stati stranieri, nei quali erano immigrati espatriati italiani (p. es. tutti i paesi del continente americano, l’Australia, ecc.) concedono lo “status civitatis” sulla base dello Jus soli. L’articolo 7 della legge 555/1912 consentiva quindi al figlio nato in uno Stato estero da cui aveva acquisito la cittadinanza secondo il principio di Jus soli di mantenere la cittadinanza italiana acquisita alla nascita, anche se il padre l’aveva persa dopo la nascita del figlio, anche se ancora minorenne. La prima cittadinanza derivava all’interessato iure sanguinis da uno dei genitori; la seconda dall’essere nato in uno Stato che gliene l’aveva attribuita iure soli.

Questa norma speciale si discostava non solo dal principio dell’unicità della cittadinanza, ma anche dal principio della dipendenza della nazionalità del figlio minorenne dal destino del padre, che, di norma, era sancito dall’articolo 12 della legge n. 555/1912. [35]

Le persone con doppia cittadinanza che rientrano in questa norma non erano obbligate a optare per una sola nazionalità, come è stato successivamente previsto dall’articolo 5 della legge n. 123/1983. Questa restrizione non è più applicabile dopo la riforma del 1992.

Attraverso l’applicazione combinata degli articoli 1 e 7 della legge n. 555/1912 e delle disposizioni relative alla cittadinanza degli Stati di emigrazione, i discendenti nati in questi Stati (Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Australia, Venezuela, etc.) hanno acquisito  la cittadinanza italiana (da parte del padre) e la cittadinanza del paese di nascita e sono rimasti nello stato di “bipoliti” (doppia cittadinanza), anche se il padre ha cambiato cittadinanza per naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza) ed è diventato straniero durante il periodo minorile del bambino. [36]

Poiché esisteva la possibilità, ma non l’obbligo, di rinunciare alla cittadinanza al raggiungimento della maggiore età, la maggior parte l’ha mantenuta o almeno non ha rinunciato alla cittadinanza italiana. La cittadinanza (secondo l’interpretazione della legge) è stata quindi trasferita di generazione in generazione, anche se le persone non se ne sono interessati o non ne erano addirittura consapevoli. La legge prevede pertanto la possibilità di riconoscere loro il diritto alla cittadinanza.

Le condizioni per tale riconoscimento si fondano quindi, da un lato, sulla prova della discendenza dalla persona originariamente dotata dello status di cittadino (l’antenato emigrato) e, dall’altro, sulla prova dell’assenza di interruzioni nel trasferimento della cittadinanza. Il trasferimento poteva essere interrotto solo da una rinuncia esplicita, che di norma nessuno presentava.

 

La procedura di riconoscimento. La procedura per il riconoscimento del possesso iure sanguinis della cittadinanza italiana è stata formalizzata nella citata circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno, la cui validità giuridica non è pregiudicata dalla successiva entrata in vigore della legge 91/1992.

Per il riconoscimento è necessario seguire le seguenti fasi:

  • garantire che i discendenti provengano da un antenato di nazionalità italiana (non ci sono vincoli generazionali);
  • assicurarsi che l’antenato italiano abbia conservato la sua nazionalità fino alla nascita del discendente;
  • La mancata naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza straniera) o la data di qualsiasi naturalizzazione dell’antenato deve essere comprovata da un certificato dell’autorità straniera competente;
  • provare l’ascendenza dell’antenato italiano mediante certificati di nascita e di matrimonio; in questo contesto, va ricordato che il trasferimento della cittadinanza italiana, anche da parte della madre, può essere effettuato solo per i figli nati dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione;
  • confermare che né il richiedente né i suoi antenati hanno mai rinunciato alla cittadinanza italiana e non hanno infranto la catena di trasferimento della cittadinanza presentando gli opportuni certificati delle competenti autorità diplomatiche italiane.

Il richiedente deve presentare la domanda al consolato nella cui circoscrizione ha vissuto lo straniero italiano di origine, unitamente a tutta la documentazione necessaria a comprovare i suddetti requisiti. [37]

 

   La successione da parte della madre. La legge del 1912 prevedeva il trasferimento della cittadinanza jure sanguinis solo da parte del padre (art. 1 legge n. 555/1912), secondo la tradizione familiare patriarcale dell’epoca. Tuttavia, la Corte Costituzionale Italiana, con sentenza n. 30 del 9 febbraio 1983, ha dichiarato tale restrizione anticostituzionale nell’articolo 1 della legge n. 555/1912 e quindi ha dato piena attuazione al principio di uguaglianza tra uomini e donne nel trasferimento dello status civitatis.

Ciò significa che i figli nati da una madre che era cittadina possono ottenere la cittadinanza italiana, a condizione che la possedesse al momento della nascita dei figli. Tuttavia, secondo un’interpretazione delle Sezioni Unite della Corte Suprema (Cassazione), [38] ciò può essere concesso solo nei casi in cui la nascita è avvenuta dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione italiana, perché l’ordinamento giuridico in vigore in quel momento rimane in vigore per il periodo precedente a tale data.

 

Possibilità di ricorso anche al periodo precedente l‘unità d’Italia. E’ già stato sottolineato che non esiste un vincolo generazionale per il quale è possibile fornire la prova di un antenato di nazionalità italiana. Valgono anche cittadinanze di Stati predecessori che si unirono dopo il 1861 per formare il Regno d’Italia.

Infatti, il codice civile del 1865, che regolava la cittadinanza prima della legge n. 555/1912, non escludeva dalla cittadinanza italiana le persone emigrate prima della formazione del Regno d’Italia. Tuttavia, ciò vale solo per gli Stati che sono diventati parte del Regno.

Il Codice Civile del 1865 e la successiva legge sull’emigrazione n. 23 del 31.1.1901, tuttavia, prevedevano che il discendente minorenne di una persona che aveva acquisito la cittadinanza straniera all’estero, perdendo così la cittadinanza italiana, seguisse il destino della cittadinanza del genitore e perdesse così l’originario status di civitatis.

Prima dell’entrata in vigore della legge n. 555/1912, il bambino non poteva conservare la cittadinanza, anche se il padre aveva acquisito la cittadinanza straniera solo dopo la nascita del bambino. Il figlio minorenne seguì la nazionalità del padre. Questa possibilità di preservare la cittadinanza originariamente acquisita da jus sanguinis si è aperta solo con l’art. 7 della legge 555/1912.

 

Conclusioni della legge italiana per gli italiani all’estero. Al di là dei semplici requisiti, va osservato che l’Italia non impone alcuna condizione culturale o linguistica alle persone che possono dimostrare di avere un antenato con cittadinanza italiana, anche all’estero, senza limitare le generazioni che trasferiscono la cittadinanza e a prescindere dalla nazionalità che possiedono. La prova dell’origine e la catena, che non sia stata interrotta da una rinuncia esplicita, sono sufficienti.

 

   Possibile applicazione in Austria. Nel programma governativo del primo governo Kurz l’Austria prevedeva essenzialmente una disciplina simile a quella che l’Italia aveva emanato per gli italiani in Istria e Dalmazia, con tutti i problemi e le resistenze che anche la legge italiana aveva riscontrato. Meno noto, ma anche molto meno problematico, è il riconoscimento della cittadinanza agli stranieri con un antenato in possesso della cittadinanza italiana. Soprattutto, tale soluzione potrebbe risolvere il problema etnico che sorge quando si concede il beneficio unilateralmente sulla base di una dichiarazione etnica.

Una Limitazione etnica dovrebbe, infatti, fare riferimento alla dichiarazione del gruppo linguistico. Non va tuttavia dimenticato che la dichiarazione del gruppo linguistico in Alto Adige si basa su una dichiarazione puramente intenzionale, che non deve necessariamente contenere alcun riferimento al gruppo linguistico vero e proprio, secondo le disposizioni di attuazione dello Statuto di autonomia, il DPR 752/1976. Una legge che vi fa riferimento accetta comunque questo rischio.

Il modo concreto in cui possa essere concepita una soluzione per l’Austria va oltre gli obiettivi di queste considerazioni e sarebbe il compito di uno studio approfondito. Tuttavia, il riferimento alla normativa italiana potrebbe indicare un possibile approccio che si discosti dalle restrizioni etniche e superi le relative riserve.

L’Austria ha una soluzione simile all’Italia per i suoi emigranti, ad esempio in Sud America. Negli ultimi 30 anni (dal 1987 al 2017), secondo il Consolato di Treze Tílias/Dreinzehnlinden, 1.309 famiglie hanno ottenuto la cittadinanza austriaca solo in base al principio di discendenza.

I cittadini austriaci conservavano la loro cittadinanza (o acquisivano quella della Repubblica austriaca) se all’entrata in vigore del trattato di St. Germain (20 luglio 1920) possedevano il diritto di residenza in un comune rimasto alla Repubblica d’Austria. Erano esclusi invece i cittadini che hanno acquisito la cittadinanza dello Stato successore. Così i sudtirolesi sono due volte esclusi da questa possibilità, non possiedono la residenza in un comune rimasto all’Austria e hanno acquisto la cittadinanza italiana.[39]

Al di là delle barriere giuridiche da superare, come il divieto tuttora vigente in Austria di due cittadinanze, un tale regolamento potrebbe porre il problema che l’impero austro-ungarico si estendeva ben oltre l’area di insediamento di lingua tedesca e comprendeva anche buone parti dell’Italia settentrionale e dell’Europa centrale. Ma anche questo rischio di domande di cittadini di cultura non espressamente austriaca, non deve essere sopravvalutato. Si dovrebbe rendersi conto di chi possa essere effettivamente interessato alla cittadinanza austriaca e ne faccia veramente richiesta. Si tratta inoltre quasi esclusivamente di cittadini dell’Unione europea che condividono comunque la stessa cittadinanza europea.  L’Italia, molto generosa con la sua regolamentazione, non ha mai dovuto registrare grandi abusi, che comunque possono essere evitati con un’adeguata procedura di approvazione.

Se, tuttavia, si dovesse temere una diffusione troppo ampia, si potrebbe prevedere restrizioni giuridiche e territoriali, ad esempio limitando il benefico alle ex terre ereditarie austriache (österreichischen Erblande). Sarebbe invece molto rischioso limitarlo all’area del Trentino-Alto Adige, perché ciò porterebbe ancora una volta ad un possibile conflitto con l’Italia, anche se senza una dimensione etnica. Questo sarebbe ancora più problematico per una restrizione al territorio dell’Alto Adige, data la maggioranza tedesca del 70% e le riserve già espresse dall’Italia. Né renderebbe giustizia alla dimensione storica ed escluderebbe i tanti trentini tirolesi che ancora oggi si sentono e si professano tali.

La soluzione meno problematica, tuttavia, sarebbe quella di non prevedere alcuna restrizione territoriale, come risulta anche dalla legge italiana. Nessuno in Italia potrebbe avanzare accuse di interferenza negli interessi nazionali.

In termini di tempo, il riconoscimento degli antenati austriaci andrebbe in ogni caso molto più indietro nel tempo, dato che si tratta di un periodo precedente al 1919, cioè più di 100 anni fa.

In termini di periodo storico, il riconoscimento degli antenati austriaci si limiterebbe in ogni caso molto più indietro nel tempo, dal momento che si tratta del periodo precedente al 1919, cioè a più di 100 anni fa.

L’argomentazione secondo cui ciò consentirebbe anche a tanti italiani di beneficiare della misura non dovrebbe essere sopravvalutata. Sarebbero comunque solo cittadini che già risiedevano in queste zone prima del fascismo. Naturalmente si tratta anche di tanti italiani, ma chi ne farebbe uso? Probabilmente coloro che non solo discendono da cittadini austriaci, ma che si sentono particolarmente legati all’Austria e alla loro storia comune, come i trentini tirolesi o gli italiani di lunga data in Alto Adige e forse a Trieste! La linea di demarcazione, tuttavia, non sarebbe basata sull’etnia, ma sull’ascendenza e su ragioni storiche.

E a cosa potrebbe obiettare Roma se l’Austria facesse lo stesso che l’Italia sta facendo in tutto il mondo, dove – a differenza della soluzione in Istria – non sussiste polemica?

[1] Bernasconi, Francesca: L’Austria dice sì al doppio passaporto per i cittadini sudtirolesi, in: Il Giornale.it, 20.9.2019, http://www.ilgiornale.it/news/cronache/laustria-dice-s-doppio-passaporto-i-cittadini-sudtirolesi-1755823.html, ultimo accesso 21.9.2019.
2 Camera dei deputati, 27.9.2018. Mozione (sul doppio passaporto) del 27.9.2018 su iniziativa di Francesco D’Uva (CinqueStelle) e Riccardo Molinari (Lega) n. 1- 00047, parere favorevole del governo e approvata dalla Camera il 27.9.2018, https://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=0051&tipo=stenografico, ultimo accesso 21.9.2019.
3  Nota del Ministro degli Affari Esteri, 15.2.2019; Dolomiten 18.3.2019, 3.
4] Muser, Ivo (2017): “Il doppio passaporto? Dico no a ciò che divide” (Doppelpass? Ich sage Nein, zu allem, was trennt), intervista, Alto Adige 22.12.2017, http://www.altoadige.it/cronaca/muser-il-doppio-passaporto-dico-no-a-ci%C3%B2-che-divide-1.1478557, ultimo accesso 21.9.2019.
[5] Bundeszentrale für politische Bildung: Doppelte Staatsangehörigkeit in Deutschland: Zahlen und Fakten, http://www.bpb.de/gesellschaft/migration/laenderprofile/254191/doppelte-staatsangehoerigkeit-zahlen-und-fakten?p=al, ultimo accesso 21.9.2019.
[6] HELP.gv.at 2019: Doppelstaatsbürgerschaft, Ihr Wegweiser durch die Ämter und Behörden in Österreich, https://www.help.gv.at/Portal.Node/hlpd/public/content/26/Seite.260430.html , ultimo accesso 21.9.2019.
[7] Peterlini, Oskar (1997i de): Autonomie und Minderheitenschutz in Trentino-Südtirol, Überblick über Geschichte, Recht und Politik, Braumüller Wien. ISBN 3-7003116-6-4. Peterlini, Oskar (1996b de) Region Trentino-Südtirol, Bozen-Trient. ISBN 88-900077-0-2, 71-74.
[8] Messina, Dino (2017): Come i confini d’Italia furono ridisegnati nel 1947, Corriere della Sera, 5. 2. 2017, https://www.corriere.it/extra-per-voi/2017/02/03/come-confini-d-italia-furono-ridisegnati-1947-8a510ad2-e9f2-11e6-a07b-65e8492406d6.shtml, ultimo accesso 21.9.2019.
[9] Riosa, Alceo (2011): Confini armati e divisioni immaginate. La Venezia Giulia e il confine orientale, in: Storicamente 7 – 2011, Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche, Università di Bologna, https://storicamente.org/riosa_confine_orientale, ultimo accesso 21.9.2019.
[10] Dolomiten, quotidiano, 18.12. 2017, 3, con riproduzione del relativo punto del programma di governo. Cfr. anche varie edizioni  2017-2019, sul doppio passaporto: 18.12.2017: Mit 7 Zeilen-Passus zum Doppelpass; Doppelpass: Die Passage im Regierungsprogramm von ÖVP-FPÖ; Persönliche Entscheidung ohne politische Aussagekraft, Historischer Schritt ganz im Zeichen Europas, 3; 8.3.2018:Italien zu Doppelpass: Reden nur mit Wien, Alfano kein Vormund für Südtiroler, 13; 18.3.2019: Doppelpass: Striktes Nein aus Rom.
[11] Dolomiten, quotidiano, 18.12. 2017, 3.
[12] Dolomiten, quotidiano, 18.12. 2017, 3.
[13] Dolomiten, quotidiano, 18.12. 2017, 3.
[14] Camera die deputati, 27.9.2018, vedi nota 2.
[15] Nota del Ministro degli Affari Esteri del 15.2.2019 al Presidente della Camera dei deputati sull’attuazione della mozione della Camera dei deputati del 27.9.2018.
[16] Ibid.
[17]  Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Versione Consolidata), del 26.10.2012,   https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/PDF/?uri=CELEX:12012E/TXT&from=IT, ultimo accesso 21.9.2019.
[18] Republik Österreich, das Parlament, Vor 20 Jahren: Abschluss des EU-Beitrittsvertrags und der EU.
[19] Cfr. Bußjäger, Peter / Gamper, Anna / Happacher, Esther / Woelk, Jens (Hg) (2011): Der europäische Verbund territorialer Zusammenarbeit (EVTZ): Neue Chancen für die Europaregion Tirol-Südtirol-Trentino, Institut für Föderalismus, Band 113, Braumüller, Wien.
Woelk, Jens /Bußjäger, Peter (2010): Il Trattato di Lisbona e le Regioni: il controllo di sussidiarietà, EURAC book 59, Bozen.
Engl, Alice / Zwilling, Carolin (Hg) (2014): European Grouping of Territorial Cooperation – EGTC, EURAC book 63, Bozen.
Rosini, Monica (Autrice, ital.) / Peterlini, Oskar (versione tedesca) (2019): Europa delle Regioni, Cooperazione transfrontaliera e GECT / Europa der Regionen, Anwendung des EU-Rechtes und Euregio, Libera Università di Bolzano, lezioni e presentazione PowerPoint.
[20] Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 31.7.2006 IT, Regolamento (CE) N. 1082/2006, del 5 luglio 2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006R1082&from=EN, ultimo accesso 21.9.2019.
[21] Cfr. tra altri Scanniello, Desirée (2018): Minoranze germanofone e doppia cittadinanza I casi di Slesia, Südtirol e Ungheria, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di Laurea in Mediazione linguistica ed interculturale, Diplomarbeit bei Prof. Andrea Carteny, La Sapienza – Università di Roma, anno academico 2017/2018.
[22] Kofler, Matthias (mat.): Kein Alleingang Österreichs; Österreich will Südtirol zurück, Neue Südtiroler Tageszeitung, 17.1.2018, 1,2,3.
Oberhofer, Artur: Nicht den Mund verbieten, Neue Südtiroler Tageszeitung, 3.3.2018, 10.
Dolomiten 8.3.2018: Italien zu Doppelpass: Reden nur mit Wien, Alfano kein Vormund für Südtiroler, 13;
Gonzato, Francesca (fr.g.): Moavero strappa con Vienna, “Minata la Fiducia reciproca”, Alto Adige 18.9.2018, 19.
Caccia, Fabrizio: Passaporti, scontro con Vienna, Scoppia il caso dei rimpatri flop, Corriere della Sera, 18.9.2018, 6.
Angelucci, Marco.: Doppio passaporto, Farnesina gelida, Corriere dell’Alto Adige, 18.9.2018, 3.
[23] Treaty of Peace with Italy, Art. 19, https://www.loc.gov/law/help/us-treaties/bevans/m-ust000004-0311.pdf; ultimo accesso 21.9.2019.
[24] Le innovazioni sono state inserite come art. 17 bis e 17 ter nella legge sulla cittadinanza n. 91 del 5 febbraio 1992.
[25] Cfr. anche Tremul, Maurizio (2017): Die Wiedererlangung der italienischen Staatsbürgerschaft für die Angehörigen der italienischen Minderheit in Kroatien und Slowenien, in Kollmann, Cristian (Hg): Doppelte Staatsbürgerschat als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen, 33-39.
[26] Forza, Silvio:  Doppio Passaporto agli Italiani di Istria e Dalmazia, La Repubblica.it 14.5.1994, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/05/14/doppio-passaporto-agli-italiani-di-istria-dalmazia.html, ultimo accesso 22.9.2019.
[27] Legge sulla cittadinanza n. 91 del 5.2.1992, che incorpora le modifiche alla legge n. 124 dell’8.3.2006 sul recupero della cittadinanza.
[28] Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza, https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.
[29] Legge 5 febbraio 1992, n. 91, Art. 1-21, e i relativi regolamenti di esecuzione: in particolare il DPR 12 ottobre 1993, n. 572 e il DPR 18 aprile 1994, n. 362.
[30] Articolo 7 della legge n. 555/1912 e della „Circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno“.
[31] Inserito in costituzione dalla legge costituzionale del 23.1.2001, n. 1, per la Camera all’art. 56, comma 2, per il Senato all’art. 57, comma 2.
[32] Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza, https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.
[33] Ibid..
[34] Legge 13 giugno 1912, n.555, Art. 7.
[35]Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.
[36] Ibid.
[37] Ministero degli Affari Esteri: Cittadinanza.
[38] Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 12091, 26.6.1998.
[39]Altmayer, Everton (2017): Brasilianisch-österreichische Doppelstaatsbürgerschaft in Dreizehnlinden: eine positive Realität, in Kollmann, Cristian (Hg): Doppelte Staatsbürgerschat als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen, 15.

 

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