ITALIA, crisi del Governo Conte. Cinque possibili scenari

In attesa dell’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri in Parlamento, previsto per domani, è interessante esplorare alcune ipotesi relative agli sviluppi futuri. Lo facciamo grazie a Marco Boato, già parlamentare della Repubblica, che ha «postato» sul suo profilo Facebook una sintetica ma esauriente analisi di scenario

Marco Boato, veneziano, si è laureato in sociologia all’Università di Trento. A partire dal 1968 ha partecipato ai movimenti studenteschi che ebbero origine proprio nella città trentina, dove, nella facoltà alla quale si era iscritto, insieme ad Adriano Sofri, Paolo Sorbi, Mauro Rostagno, Guido Viale e Paolo Brogi, nel 1969 dette vita al movimento politico Lotta Continua, formazione dell’estrema sinistra.

Cristiano progressista, nel 1973 fu tra i promotori del movimento Cristiani per il Socialismo, successivamente passò a Democrazia Proletaria e, quindi, al Partito Radicale.

Boato è stato docente universitario e giornalista, nonché deputato alla Camera nelle legislature VIII, XI, XIII, XIV e XV e senatore nella X legislatura.

Di seguito, è possibile leggere la sua analisi di scenario da lui stesso «postata» sul proprio profilo Facebook quest’oggi.

 

Finché il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non avrà fatto le sue comunicazioni martedì 20 agosto al Senato, nessuna previsione politica è certa.

Proviamo semplicemente a fare una ricognizione degli scenari possibili, premettendo che all’ordine del giorno della seduta del Senato ci sono solo le comunicazioni di Conte, e non le mozioni di sfiducia finora presentate: quella del PD contro Salvini e quella della Lega contro il Governo di cui la Lega stessa fa parte e da cui nessuno dei suoi ministri “sfiduciandi” si è finora dimesso, a cominciare dal ministro dell’Interno, che continua a rimanere abbarbicato al suo incarico in un Governo da lui stesso sfiduciato (vicenda allucinante, che non ha precedenti nella storia parlamentare).

 

Prima ipotesi. In primo luogo, si tratterà di verificare se il presidente Conte, dopo le sue comunicazioni, aspetterà il successivo dibattito e un eventuale voto dell’aula (non sulla mozione di sfiducia, ma sulle sue dichiarazioni), oppure salirà subito al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica ed eventualmente dimettersi, ancorché non “sfiduciato”.

Il Presidente Mattarella a quel punto potrebbe rinviarlo alle Camere (c’è già un dibattito calendarizzato nell’Aula della Camera per mercoledì 21) oppure aprire immediatamente le consultazioni per verificare la possibilità di un nuovo Governo.

 

Seconda ipotesi. L’ipotesi che allo stato appare più irrealistica, al limite della fantapolitica, è quella ventilata negli ultimi giorni dal ministro dell’Interno e segretario della Lega: ricomporre un nuovo Governo basato ancora sull’alleanza tra la Lega stessa e il M5S, ipotizzando addirittura il capo del M5S alla Presidenza del Consiglio e l’attuale capo del Governo Conte a rappresentare l’Italia nella nuova Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen.

Questa proposta, ventilata ma non ancora formalizzata, è il segno più evidente del clamoroso cul de sac in cui si è infilato avventurosamente Matteo Salvini, dopo aver rivendicato da Pescara di voler ottenere “i pieni poteri” (i precedenti storici sono quelli di Mussolini, prima, e di Hitler, poi: forse gli è scappata troppo grossa, e se ne è reso conto troppo tardi, a frittata ormai fatta).

Matteo Renzi, non a nome del PD, di cui ancora fa parte, ma in qualità di parlamentare e di ex-Presidente del Consiglio, ha proposto la formazione rapida di un “Governo istituzionale” (così l’ha definito), formato da M5S, PD e altri eventualmente disponibili, basato soprattutto sulla necessità di varare una legge di Bilancio per il 2020 che eviti l’aumento dell’IVA, prevedendo anche la possibilità di aderire alla riforma costituzionale targata M5S sulla drastica riduzione del numero dei parlamentari (400 alla Camera e 200 al Senato), legge costituzionale sui cui finora il suo partito, il PD, ha già votato contro per tre volte.

Questo eventuale “Governo istituzionale” avrebbe vita breve, per arrivare alle elezioni politiche anticipate nei primi mesi del 2020.

Ma il Presidente Mattarella ha già fatto sapere – finora informalmente – di ritenere impossibile varare la riforma costituzionale con la riduzione del numero dei parlamentari, per poi andare rapidamente al voto anticipato sulla base della attuale composizione delle Camere (630 alla Camera e 315 più i senatori a vita e di diritto al Senato).

Verrebbe eletto un Parlamento già delegittimato dalla riforma costituzionale votata, ma non attuata (per attuarla servirebbe comunque una nuova legge elettorale riferita alla nuova ridotta composizione numerica delle Camere).

 

Terza ipotesi. Una terza ipotesi, forse più realistica, anche se comunque di difficile realizzazione, è quella che prevedrebbe un’uscita dalla crisi con un Governo composto da M5S, PD e altri (LeU, autonomisti, alcuni componenti dei Gruppi misti) di più lunga durata: un vero “Governo di legislatura” con la possibilità di durare tre anni circa, a meno di ulteriori interruzioni traumatiche.

Si tratta di una ipotesi che corrisponderebbe alle caratteristiche della Repubblica parlamentare, nella quale appunto il Governo si forma in Parlamento, laddove si riesca a ottenere una maggioranza e un accordo programmatico conseguente.

Non bisogna dimenticarsi che alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 il M5S fu il primo partito e il PD il secondo partito, essendo risultata allora la Lega solo il terzo partito.

E finché l’attuale Parlamento è in carica valgono i risultati elettorali del 4 marzo 2018 e non quelli delle europee del 26 maggio 2019 o ancor meno quelli dei sondaggi di opinione.

 

Quarta ipotesi. Una quarta e ultima ipotesi (allo stato) è quella che, non realizzandosi nessuna delle ipotesi precedenti, il Presidente Mattarella attribuisca l’incarico ad una personalità per formare un “Governo di transizione” o un “Governo tecnico” destinato solo a gestire le elezioni anticipate a fine ottobre, per evitare che sia l’attuale Ministro dell’Interno a gestirle personalmente pur con un Governo “sfiduciato”.

 

Questi sono soltanto alcuni degli scenari possibili, in attesa di quanto avverrà il 20 agosto al Senato, e subito dopo. Difficilmente chi ha provocato in modo avventuroso questa crisi potrà avvantaggiarsene: altro che “pieni poteri”! Staremo a vedere.

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