ECONOMIA, automotive. FCA-Renault-Nissan-Mitsubishi, fallimento della trattativa per l’alleanza: la rinuncia è l’ultima parola o soltanto una tattica?

La brusca frenata causata dall’insieme delle contrastanti richieste delle parti, ma è stata una decisione affrettata? Sviluppo e disponibilità di tecnologie a fronte di controllo di quote regionali di mercato, stime e sottostime del valore dei pacchetti azionari da scambiare, preponderanze e riequilibri dei pesi dei singoli attori ai vertici dei gruppi: e adesso dove si farà, se si farà, la 500 elettrica che era stata annunciata da Elkann?

John Elkann, presidente del gruppo automobilistico Fiat Chrysler Automotive (FCA), ha annunciato il ritiro della proposta di partnership con la Renault, motivandolo con l’assenza di adeguate condizioni politiche affinché l’operazione avesse successo.

Nei giorni precedenti si a più riprese definito l’ipotesi relativa all’accordo come un’importante opportunità per un rilancio del gruppo italo-americano dell’automotive.

Una notizia, quella della possibile collaborazione, che giunse a distanza di due mesi da un altro possibile matrimonio di FCA con un partner d’oltralpe, stavolta PSA (Peugeot Citroën), che però avrebbe comportato delle sovrapposizioni di prodotto, una sostanziale differenza – si disse – rispetto alla Renault, che pur mantenendo una ridotta partecipazione pubblica al proprio capitale azionario, sarebbe stata invece nelle condizioni di offrire complementarietà sia di prodotto che di mercati geografici.

In realtà – e lo si sarebbe visto presto –, lo Stato francese, azionista di riferimento della società automobilistica, non avrebbe mancato di intervenire nella trattativa, come per altro era nel suo pieno diritto. In questo senso si è distinto in modo particolare Bruno Le Maire, il ministro dell’economia con le sue ripetute dichiarazioni pubbliche.

A oggi tutto è bloccato, da Parigi il governo ha fatto sapere che Elkann e i vertici di FCA hanno voluto procedere troppo celermente, quando invece – sempre secondo i francesi – a un progetto del genere, con il suo carico di implicazioni sui piani industriale e tecnologico – sarebbe occorso un maggiore tempo di sviluppo.

La fusione, dunque, per il momento salta, con Parigi che rinvia la decisione poiché, a suo avviso, attualmente non sussisterebbero le condizioni politiche adatte al perfezionamento di una simile operazione.

Una fusione – così si sottolinea – con la quale si sarebbero voluti ottenere dei chiari impegni in ordine alla preservazione dei livelli occupazionali, al mantenimento dei siti produttivi oltreché garanzie riguardo alla governance del futuro gruppo.

Una brusca frenata quindi, ma non è escluso che in futuro le parti possano addivenire a qualche forma di accordo. Se così dovesse essere, le dichiarazioni rese oggi dai vertici del management di FCA e di Renault assumerebbero i contorni di una tattica.

Di questa vicenda non si conoscono molti aspetti, tuttavia si possono esplorare alcune ipotesi sui concreti interessi delle parti in gioco. Per farlo sarà utile analizzare brevemente i vari soggetti parti in causa.

 

FCA e la tentata partnership con i francesi. Fiat Chrysler Automotive ha urgente necessità di recuperare terreno poiché è indietro sull’auto elettrica e dovrebbe assolutamente rinnovare alcune gamme-modello dei propri marchi, ma per farlo ha bisogno di investire molti soldi, una iniezione di liquidità pari ad alcune decine di miliardi.

Ma il lascito dell’era Marchionne è stato sì il risanamento del debito industriale di Fiat, però a detrimento degli investimenti. È qui che originerebbe il tentativo di entrare in partnership con Renault, che per altro è più avanti nella ricerca e nello sviluppo tecnologico nel settore. In fondo non si tratterebbe certo di una novità, poiché i precedenti sono eloquenti fin dai tempi di Sergio Marchionne, quando il manager di origini abruzzesi si rivolse alla General Motors nel tentativo di ottenere una fusione con FCA.

Se non proprio indispensabile, per FCA l’intesa con i francesi sarebbe comunque stata provvidenziale, dato che in assenza di grandi progetti innovativi la sua gamma produttiva sarà destinata inesorabilmente a invecchiare in non molto tempo. Renault e Nissan sono inoltre due aziende all’avanguardia nello sviluppo dell’auto elettrica e dell’ibrido.

Infine, una eventuale partecipazione dei giapponesi all’accordo avrebbe aperto ad FCA le porte del mercato asiatico, dove Nissan è molto forte.

Secondo Elkann la produzione della 500 elettrica avrà (…avrebbe dovuto avere) luogo in Italia, ma questo la fusione con i francesi non lo garantisce, almeno nella totalità del processo, dato che la realizzazione delle piattaforme rimarrà con ogni probabilità in Francia (laddove già vengono prodotte), con conseguenti ricadute in Italia in termini industriali e occupazionali limitate soltanto all’assemblaggio delle varie componenti o a poco più.

Il gruppo soffre comunque dello sbilanciamento verso gli Usa, paese dove viene realizzato il 90% degli utili del gruppo, una posizione di mercato forte, ma che non lo è altrettanto in Europa.

 

Renault, una società partecipata dallo stato. Renault è stata nazionalizzata nel 1945, nell’immediatezza della fine della Seconda guerra mondiale, ma lo Stato francese negli anni Novanta ha poi ridotto la sua partecipazione azionaria dal 100% al 15,1%, mantenendosi in ogni caso dominus dell’impresa.

Nissan, che possiede una rilevante quota del capitale dell’impresa francese, soffre però a causa di questa attiva presenza pubblica, posizione dominante che vede tra i principali artefici Carlos Ghosn, il manager franco-brasiliano alla guida del gruppo automobilistico, e il ministro dell’economia Le Maire, personalità con solide sponde oltre il fiume Reno.

A modo suo Renault rappresenta un classico della partecipazione statale in Francia, un nucleo attorno al quale nel tempo si sono andati sedimentando tutta una serie di interessi di varia natura, economici, strategici, politici, sindacali, sociali.

Basti pensare che il gruppo industriale francese è passato da oltre 300.000 dipendenti ai meno di 50.000 attuali, con le evidenti ricadute negative in termini politici.

Nel caso specifico, il governo francese ha partecipato alla lunga trattativa con FCA, rendendosi protagonista dei rilanci sul tavolo negoziale: mantenimento della direzione del gruppo industriale a Parigi, degli impianti produttivi in Francia e salvaguardia dei livelli occupazionali preesistenti.

Ma evidentemente l’esecutivo francese, azionista di riferimento della società, non era ancora pronto all’accordo e ha chiesto altro tempo, che però incomprensibilmente (almeno alla luce degli elementi noti) FCA non ha concesso.

Da un’alleanza con il gruppo italo-americano i francesi avrebbero ottenuto l’accesso al mercato americano (Usa e parte dell’America Latina) oltre a colmare i suoi gap nel mercato premium.

 

Francesi e giapponesi, un sodalizio a tratti difficile. Anche se funzionale e redditizia (l’intesa procede da venti anni), l’alleanza tra Renault e Nissan non è sempre stata idilliaca, anzi il contrario.

Testimonianza principe ne è la triste vicenda che ha visto protagonista in negativo proprio Carlos Ghosn, accusato dalla magistratura di Tokyo di frode fiscale e per questo reato arrestato dalle autorità giapponesi nel novembre del 2018. Furono proprio quelli della Nissan a fornire i dossier riguardanti le implicazioni del loro alleato.

Con cinque milioni di veicoli all’anno prodotti, un consistente patrimonio tecnologico e un’ottima presenza sui mercati internazionali, ai giapponesi la relazione con Renault da qualche tempo andava stretta, al punto da ridiscuterne i termini.

Infatti, nel caso di Renault-Nissan non si è di fronte un gruppo unico sorto da una fusione o da un assorbimento, bensì a un reciproco acquisto di quote azionarie. Tuttavia, lo scambio azionario non è stato alla pari, poiché il 40% è di Nissan e il 15% di Renault, con i primi che contestano l’assenza di un loro esponente nel consiglio di amministrazione della società francese.

Un’alleanza squilibrata che, oltre a comprendere anche una quota di Mitsubishi, ha pur sempre portato alla creazione di un gigante in grado di produrre oltre nove milioni di veicoli all’anno (a fronte di una produzione da parte di FCA pari a meno della metà), che comprende gamme commercializzate in tutto il mondo (negli Usa è presente Nissan).

Lo squilibrio sarebbe una delle ragioni che spinge Renault alla partnership con FCA, che per il tramite di Chrysler, Dodge e altri marchi minori, potrebbe mettere a disposizione la propria rete di distribuzione americana.

Ma, qualora si addivenisse a un’intesa tra i Francesi e il gruppo di Elkann, magari nelle forme della fusione, Parigi si troverebbe nelle condizioni di stabilire una nuova e diversa relazione con Nissan, che a sua volta verrebbe a trovarsi in una posizione di subordinazione rispetto ai francesi.

 

I protagonisti del mercato mondiale dell’automobile. Una partnership tra Renault-Nissan e FCA porterebbe alla creazione di un nuovo polo automobilistico da 15 milioni di vetture prodotte all’anno.

Al giorno d’oggi le concentrazioni industriali sono divenute esiziali alla sopravvivenza delle imprese attive in settori ad alta tecnologia come quello dell’automotive.

Infatti, al di sotto di certi limiti non si hanno le potenzialità per affrontare le grandi sfide poste dal progresso, come quella del passaggio dall’alimentazione a carburanti derivati da fonti fossili a quella elettrica.

Esse impongono massicci investimenti che sono ormai alla portata soltanto dei grandi player, costruttori che producono e commercializzano molti milioni di autovetture.

Renault-Nissan-Mitsubishi è un’aggregazione in grado di superare i dieci milioni di vetture l’anno, che se avesse raggiunto un’intesa con FCA si sarebbe potuta posizionare nel mercato europeo dietro a Volkswagen.

Attualmente nello scenario globale i giganti sono tre: i gruppi Toyota, Volkswagen e Nissan-Mitsubishi, essi producono tutti oltre dieci milioni di vetture all’anno; General Motors, Ford e Hyunday-Kia occupano invece la seconda fascia per volumi produttivi, con quote oscillanti a seconda dei gruppi tra i sei e gli otto milioni di autovetture prodotte; infine seguono le case produttrici di volumi inferiori ai cinque milioni di autovetture, tra di esse rientra FCA.

Sta di fatto, che in ogni caso un soggetto nuovo scaturito da un accordo tra FCA, Renault e Nissan, una volta presente sui mercati creerebbe, se non preoccupazioni, almeno fastidi a concorrenti come Volkswagen.

Sull’argomento insidertrend.it ha chiesto il parere di Giorgio Cremaschi, portavoce del movimento politico “Potere al Popolo” e in passato a lungo segretario della FIOM CGIL, la registrazione audio (A151) è fruibile di seguito o nell’archivio.

 

A151 – ECONOMIA, AUTOMOTIVE: IL FALLIMENTO DELLA TRATTATIVA FCA-RENAULT, le conseguenze anche alla luce delle residuali attività industriali ancora in essere in Italia; intervista con GIORGIO CREMASCHI, portavoce di “Potere al Popolo” e già segretario federale della FIOM CGIL.

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