A010 – ENERGIA, ELETTRICITÀ: RIFORMA DEL MERCATO, presentazione delle proposte di riforma, 22 settembre 2015, Confindustria, Sala Andrea Pininfarina, Viale dell’Astronomia 30

A

   Fabrizio Longa (Gruppo Tecnico Energia Confindustria) – Buongiorno a tutti, io sono Fabrizio Longa, il coordinatore del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria. Ringrazio tutto i partecipanti a questo nostro incontro, in modo particolare il presidente di Confindustria dottor Giorgio Squinzi, il ministro Federica Guidi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, che in questo momento non c’è ma che chiuderà i lavori a fine giornata, tutti i partecipanti alla tavola rotonda, le Istituzioni che hanno aderito al nostro invito.

   Invito adesso cortesemente il presidente Squinzi e il ministro Guidi per l’apertura dei lavori, grazie.

APERTURA DEI LAVORI

   Giorgio Squinzi (presidente Confindustria) – Caro ministro, cara Federica, caro presidente dell’Autority, ingegner Bortoni e c’è un saluto anche per il presidente della Commissione Attività Produttive senatore Massimo Mucchetti, che non è ancora con noi ma che ci raggiungerà tra poco. Desidero ringraziarvi per questo confronto su un tema per noi così importante e sentito, testimoniato tra l’altro dalla folta presenza, onestamente dopo tanti anni è la prima volta che vedo tanta gente in piedi in questa sala che testimonia l’attualità di questo tema. Comunque il mio saluto va a tutte le Autorità presenti in sala e a tutti voi, che siete qui per ascoltare e confrontarvi sulle proposte di Confindustria sulla riforma del mercato elettrico.

   Da oltre un anno, da quando ho assunto la delega di questa materia così delicata, abbiamo avviato questo lavoro con tutte le principali associazioni del sistema confederale che ringrazio per l’impegno nel finalizzare questa proposta. Un lavoro intenso, dove tutti, responsabilmente, hanno saputo mettere da parte per un momento gli interessi particolari a beneficio di una visione che oggi Confindustria intende mettere a disposizione di tutti, comprese le istituzioni, io penso a beneficio dell’intero Paese. Alle nostre associazioni che hanno reso possibile questo lavoro e che vorrei menzionare: Assoelettrica, Assocarta, Aitec, Assovetro, Confindustria Ceramica, Assomet, Federacciai, Federazione Anie, Terna s.p.a. e poi il Coordinamento dei Consorzi Territoriali di Confindustria e da ultimo, ma solo in ordine alfabetico, Utilitalia, con la quale abbiamo avviato un’importante collaborazione.

   Parto ricordando che l’esigenza di una riforma del mercato elettrico non significa negare gli importanti cambiamenti che il settore ha fatto negli ultimi veni anni, significa piuttosto comprendere e rispondere alle sfide di innovazione tecnologica che la nuova politica energetico-ambientale europea ha posto alle imprese e alle Istituzioni. Si tratta quindi di aggiornare il funzionamento dei meccanismi di mercato in funzione dei nuovi ambiziosi obiettivi posti dalla Commissione europea, che saranno oggetto della Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi nel prossimo dicembre.

   Prima dell’avvio del processo di liberalizzazione, che prese le mosse grazie al Decreto Bersani del 1999, la struttura della produzione elettrica italiana presentava un parco di generazione inefficiente e inadeguato che rischiava di pregiudicare le condizioni di sicurezza, come poi purtroppo è avvenuto con il black-out del 2003. Il processo di privatizzazione e liberalizzazione e l’avvio della borsa elettrica ha prodotto nel corso degli ultimi quindici anni quasi trenta miliardi di euro di investimenti in nuovi impianti di generazione termoelettrica. Oggi possiamo affermare di avere il parco termoelettrico europeo sicuramente più efficiente e competitivo sotto il profilo ambientale. In questa prima fase del processo di liberalizzazione, l’azione di Confindustria, avviata dal mio predecessore Emma Marcegalia, ha sempre guardato con grande attenzione gli effetti del costo dell’energia elettrica sulla competitività dei settori industriali, in particolare di quelli energy intensive. I differenziali di costo che il nostro Paese scontava rispetto ai principali Paesi europei permaneva costantemente nell’ordine del 30% a causa dell’assenza di nucleare e carbone nel mix dei combustibili. Per attenuare questo gap sono state adottate misure ad hoc nei settori energy intensive compatibili con la normativa europea sugli aiuti di stato, quali il servizio di interrompibilità, l’interconnector e le esenzioni sugli oneri parafiscali. L’emergere con forza a partire dall’Accordo europeo 20-20-20 del 2009 dei nuovi obiettivi di produzione elettrica da finti rinnovabili, supportato da una politica generosa di incentivi, ha prodotto un’ulteriore ondata di investimenti per oltre quaranta miliardi di euro, al punto che nel 2013, con ben otto ani di anticipo, l’Italia ha raggiunto gli obiettivi che si era data al 2020. Nel 2014 la produzione da fonti rinnovabili è risultata di poco superiore al 43% della produzione nazionale. Questa rapida evoluzione strutturale ai fini della produzione elettrica ha iniziato a mettere a dura prova il corretto funzionamento dei meccanismi di mercato, che erano stati pensati per gestire un modello semplificato nel quale la concorrenza si esplicava tra i soli generatori termoelettrici. Il nuovo scenario, invece, si caratterizza per un eccesso senza precedenti di capacità di generazione installata rispetto a un fabbisogno di energia in continua diminuzione. La presenza crescente della produzione da fonti rinnovabili non programmabili ha creato sempre maggiori difficoltà al responsabile del dispacciamento, soprattutto nel sud del Paese, con gravi rischi sulla qualità del servizio e possibili riflessi negativi anche sulla sicurezza. Sul piano economico, questa situazione ha determinato la crisi progressiva del settore termoelettrico italiano con forti perdite per molti dei nuovi impianti a gas, tra i più moderni in Europa, che sono stati costruiti con l’avvio del processo di liberalizzazione. La non programmabilità degli impianti da fonte rinnovabile, a sua volta, ha determinato un aumento dei costi del servizio di bilanciamento del sistema che è triplicato negli ultimi quattro anni. Inoltre, a partire dal 2014 i valori degli incentivi in bolletta pagati alle fonti rinnovabili sulla base di scelte amministrative ha ormai superato il valore medio del kWh (chilowatt/ore) nella borsa elettrica. Purtroppo una parte importante di questi aggravi di costi viene trasferita con impatti negativi sui costi e sulla competitività, soprattutto sulle piccole e medie imprese. Credo che sia doveroso da parte nostra con questa riforma lanciare anche un segnale concreto a queste imprese, che costituiscono una parte più che significativa del settore manifatturiero italiano.

  Le nuove istanze funzionali che vengono rivolte al mercato sono complesse e difficilmente potranno trovare risposta nella sedimentazione di parziali interventi normativi e di regolazione. Se non abbiamo il coraggio di affrontare in modo radicale il cambio di paradigma che sta attraversando il settore difficilmente potremo cambiare l’assetto di funzionamento all’interno di una prospettiva europea. Per queste ragioni la riforma del mercato elettrico, come viene presentata oggi da Confindustria, non deve essere interpretata solamente come risposta contingente al processo di integrazione delle fonti rinnovabili nel mercato elettrico, lo studio intende piuttosto confermare la centralità del mercato come strumento cardine del processo di liberalizzazione, ben sapendo che la matrice dei nuovi obiettivi è divenuta significativamente più ampia e articolata. Come ogni strumento, quindi, anche il mercato elettrico dovrà progressivamente adeguarsi a nuovi obiettivi funzionali, la finalità è quella di costruire un sistema di prezzi di riferimento che sia sintesi completa ed efficiente di tutti i costi per il dispacciamento dell’energia offerta nel mercato. Il nuovo mercato dovrebbe essere in grado di valorizzare più correttamente il costo ambientale delle diverse fonti di produzione elettrica al fine di promuovere le fonti energetiche rinnovabili più efficienti. Riteniamo inoltre che una buona riforma dovrebbe necessariamente essere in grado di cogliere anche gli scenari futuri e le sfide che deriveranno dai nuovi obiettivi di lotta ai cambiamenti climatici che la Commissione europea ha proposto per il 2030.

   I nuovi obiettivi evidenziano con forza che questo processo di trasformazione del settore elettrico è solo all’inizio. Lo sviluppo di nuovi modelli di generazione distribuita e di reti intelligenti, con responsabilizzazione diffusa dei comportamenti di produzione e consumo troveranno il suo equilibrio organizzativo nel nuovo modello di mercato. Inoltre, all’interno della complessa strategia comunitaria non possiamo mettere in secondo piano gli ambiziosi obiettivi di politica industriale nei quali l’Europa vuole riportare la crescita del settore manifatturiero al 20% del Pil europeo. All’interno di questa sfida, lo sviluppo del mercato dell’energia deve raggiungere due obiettivi: garantire condizioni di competitività al sistema delle imprese, favorire – considerati i cambiamenti tecnologici richiesti dal settore – una ripresa degli investimenti legati allo sviluppo della green economy.

   Concludo questa breve introduzione ringraziando ancora una volta tutti i partecipanti, ma vorrei però ribadire, soprattutto al ministro Guidi e al presidente dell’Autority Bortoni, lo spirito costruttivo di confronto con il quale mettiamo a disposizione di tutti questa proposta, nella speranza di poter arrivare in tempi rapidi a un confronto tecnico-operativo con il contributo di tutti. Definire in tempi rapidi un assetto strutturalmente stabile del mercato elettrico rappresenta per Confindustria una priorità, nella ferma convinzione che sia necessario e imprescindibile garantire la produzione dell’energia elettrica, la sicurezza del sistema e la sostenibilità ambientale quale volano di sviluppo industriale ed economico.

   Ecco, questa à la nostra visione e, a questo punto, vorrei passare la parola al ministro Guidi.

   Federica Guidi (ministro dello Sviluppo Economico) – Bene, caro presidente Squinzi e, naturalmente, cari imprenditori e amici, penso che oggi sia una giornata molto importante perché questa occasione di presentazione di questo studio e il dibattito che qui si avvia credo sia la dimostrazione di come, evidentemente, Confindustria nel modo più autorevole svolge il suo ruolo per mettere a confronto e anche mettere a disposizione di alcuni decisori pubblici analisi, proposte e suggerimenti. Dunque, ancor prima di entrare nel merito io vi ringrazio anche per il metodo e la trasparenza del confronto che oggi prende avvio qui, per altro credo siano degli elementi essenziali per poi raggiungere insieme un buon risultato.

   Ma quale risultato? Beh, io credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che prima di tutto oggi, come ricordava anche il presidente Squinzi, dopo quasi vent’anni dall’avvio delle liberalizzazioni tanto tempo è passato, probabilmente non basta più fare solo un “tagliando” al mercato elettrico, ma probabilmente bisogna, in un contesto anche che è completamente cambiato, attuare una vera e propria forma di revisione. Naturalmente questo obiettivo, che credo condividiamo, a partire dalle riflessioni che facciamo oggi ha una serie di vincoli, di condizionamenti, alcuni esogeni e altri invece che volontariamente ci imponiamo per costruire una cornice che sia efficace e che vada a beneficio del mercato elettrico.

   Vincoli esogeni derivano, prima di tutto, da un lato dalle direttive europee, che delimitano un nuovo perimetro entro cui dobbiamo muoverci, dall’altro certamente dell’effettiva struttura del mercato. Non oggi non credo stiamo compiendo un esercizio solo di ingegneria istituzionale per pianificare un nuovo mondo, ma ci stiamo sforzando proprio per mettere ordine agli assetti correnti, anche consapevoli, dei limiti attuali anche dei miglioramenti, dei tanti miglioramenti che sono stati fatti. Poi abbiamo vincoli endogeni, in primo luogo naturalmente obblighi di funzionalità e di coerenza perché, certamente, il mercato elettrico va ripensato, ma va ripensato in un modo il più possibile fluido e senza strappi.

   Oltre a questo, il mercato elettrico va appunto riformato tenendo presente appunto che si tratta di un mercato e, quindi, gli esiti di un mercato devono sempre e solo dipendere dalla domanda e dall’offerta, seppure in un sistema di regole o anche di correttivi, anche espliciti, che diventano a maggior ragione, come ricordava il presidente, indispensabili, quando alcuni interessi pubblici primari sono dimostrabilmente danneggiati. È il caso, ad esempio, delle isole che noi abbiamo, specificatamente la Sicilia. Quindi non è certamente intenzione del governo – e poi neanche, naturalmente, la mia – quella di sostituire l’ordine spontaneo del mercato con degli interventi, delle decisioni, che siano dall’alto verso il basso e, come ricordava anche il presidente Squinzi, l’eccesso di incentivi in qualche modo alle energie rinnovabili, nate comunque in un momento storico particolare che, certamente, ha avuto dei benefici, ha generato molte opportunità ma anche qualche fenomeno distorsivo, diciamo così, rispetto all’andamento naturale del mercato lo ha provocato. Quindi credo che oggi abbiamo di fronte a noi un mondo diverso, che probabilmente potremmo costruire anche tenendo a mente quelli che sono stati i comportamenti del passato.

   Un altro vincolo ineliminabile rimane quello della sicurezza del sistema, da cui dipende anche la necessità di preservare l’allocazione e l’individuazione delle responsabilità perché la sicurezza del mercato è cruciale, soprattutto questo momento di cambiamento e anche di fronte al rimescolamento dei ruoli e al rischio che potrebbe derivare da un mancato coordinamento delle scelte. Ci sono vari esempi che ce lo dimostrano: la razionalizzazione della capacità convenzionale, la gestione della rete in aree di forte penetrazione delle rinnovabili ma con bassa domanda e la questione dello sbilanciamento delle rinnovabili che richiamava anche il presidente. Quindi allocare primariamente le responsabilità in primis anche tra i gestori di rete.

   Credo che la proposta di Confindustria sia apprezzabile proprio in questa chiave, quindi al di là degli aspetti specifici, visto che il vostro obiettivo dichiarato è quello di difendere i meccanismi di mercato adeguando le regole laddove queste si siano dimostrate ormai o superate o, comunque, non più efficaci. Questo si inserisce appieno in un percorso consolidato a livello europeo, voi sapete che a luglio la Commissione ha la consultazione che si concluderà il prossimo otto ottobre e una parte consistente del programma verte proprio sull’opportunità di rivedere il disegno di mercato al fine di promuovere un mercato elettrico integrato e interconnesso che fornisca dei segnali di prezzo prima di tutto adeguati, per nuovi investimenti e, naturalmente, continui a facilitare in maniera congruente lo sviluppo delle rinnovabili, che favorisca inoltre la cooperazione e il coordinamento regionale delle politiche energetiche nazionali e che conduca verso una gestione sempre più armonizzata delle politiche energetiche a livello europeo sul tema della sicurezza dell’approvvigionamento.

   Ecco, io vorrei andare un po’ su quello che ha fatto il governo fino a oggi, che dimostra insomma come abbiamo anche già, in qualche modo, perseguito questi obiettivi negli ultimi provvedimenti. Lo abbiamo fatto con il tanto famoso “pacchetto taglia bollette”, che noi abbiamo inteso anche come un’opera di moralizzazione sugli oneri pagati dai consumatori, lo ha fatto con la determinazione con la quale ha vissuto il processo di market coupling, ben presidiato dal GME, anche qui una straordinaria occasione di integrazione e apertura ai mercati europei e lo sta facendo anche con una volontà di liberalizzare completamente – seppure dandoci un orizzonte temporale sufficientemente congruo per aggiustare tutto il sistema – per quello che riguarda il provvedimento contenuto nel disegno di legge concorrenza.

   Io penso che tutto questo stia a dimostrare che il ripensamento più generale del funzionamento del mercato è effettivamente anche nelle corde del governo e alcune proposte, alcune linee di attività, sono già in avanzato stato di considerazione. Come voi sapete uno è l’introduzione dei prezzi negativi, che abbiamo già assunto come impegno pubblicamente, il superamento dell’attuale sistema di capacity payment e, invece, l’introduzione di un moderno mercato della capacità, sul quale attualmente stiamo lavorando insieme all’Autorità per l’energia, e i servizi accessibili, che è oggetto in queste ore di un intenso confronto con la Commissione europea. E crediamo anche che il sistema debba basarsi su regole di mercato e che debba aprirsi alla domanda e, naturalmente, alle nuove tecnologie e alle rinnovabili, ricercando lo spazio per un miglior coordinamento tra i DSO europei che renda effettiva la partecipazione bi-direzionale dei mercati esteri. Poi la responsabilizzazione degli operatori, e qui con particolare riferimento ai finanziamenti che è perfettamente in linea con i nostri interventi in materia, appunto per completare l’integrazione delle rinnovabili nel mercato, che hanno già iniziato questo percorso e portato effettivamente dei visibili risultati sulla riduzione dei prezzi all’ingrosso.

   Io vorrei insistere nel dire che il bilanciamento è cruciale per il buon funzionamento e la sicurezza del mercato, e questi obiettivi sono certamente perseguibili solo attraverso un insieme di regole che siano chiare ed efficaci circa l’acquisizione delle risorse, il corretto incentivo per modificare la posizione degli operatori mei mercati e una chiara attribuzione di responsabilità dei gestori di rete. Passi importanti sono stati fatti anche nell’ambito del recepimento della direttiva europea sull’efficienza energetica che prevede specifiche disposizioni in relazione al ruolo della domanda e alla necessità di una sua partecipazione più attiva al mercato.

   Ancora, l’individuazione di nuovi strumenti di incentivazione delle fonti rinnovabili, con maggiore attenzione anche qui alla realtà tecnologica e alla sostenibilità dei costi, che rappresenta il cuore del disegno di legge che abbiamo inviato alla Conferenza unificata per acquisirne un parere. E ancora, la promozione di regole allo sviluppo di un mercato di medio termine. Anche in questo caso crediamo che sia centrale il ruolo degli operatori del mercato e che le contrattazioni a termine siano integrative e non sostitutive in un mercato spot funzionante in cui si valuta tra l’altro anche l’integrazione con l’Europa.

   Quindi io mi trovo in sintonia con molte delle linee strategiche che voi avete individuato: far funzionare il sistema dei prezzi, favorire la diffusione e l’integrazione delle nuove tecnologie e rimuovere il più possibile le inefficienze e gli extra costi che vi sono collegati. Sull’integrazione delle nuove tecnologie vorrei anche dire che vale lo stesso approccio, come dicevo prima per quanto riguarda i criteri che abbiamo individuato riguardo in generale sulle rinnovabili: da una parte abbiamo l’esigenza di spingere verso il mercato operatori che finora ne sono stati esclusi, sia dal lato della domanda che dell’offerta, dall’altro dobbiamo veicolare tutti gli operatori verso una partecipazione diretta alle diverse sessioni di mercato che vanno avvicinate il più possibile al tempo reale. E un ruolo essenziale in questa prospettiva lo giocheranno gli investimenti nella rete e nei più avanzati sistemi di gestione, come sappiamo in Italia siamo dal punto di vista tecnologico all’avanguardia.

   Per dare un senso pieno ai meccanismi di formazione del prezzo è opportuno aprire una riflessione profonda sui risultati e sui limiti dell’attuale disegno di mercato e anche sul disegno dei singoli mercati, quindi in qualche modo la sfida è quella di distinguere con la massima chiarezza gli investimenti che sono necessari alla sicurezza del sistema, che andranno naturalmente recuperati con degli strumenti ad hoc, anche contestualmente la capacità e il coraggio di valutare che cosa lasciare al mercato, lasciando che sia il mercato a fare il proprio lavoro equilibrando domanda e offerta di energia.

   Per concludere volevo ringraziare un’altra volta per questa occasione e fornire il mio apprezzamento per questa vostra puntuale iniziativa e, certamente, per quanto riguarda il governo e per quanto riguarda me, io sono, come lo sono stata negli scorsi mesi, molto aperta al confronto e ad ascoltare, a condividere e a recepire quelle che sono le vostre segnalazioni per cercare di assumere quelle decisioni che siano informate e consapevoli e frutto di un confronto tra di noi. Vi ringrazio e auguro buon lavoro per questa giornata a tutti.

PRESENTAZIONE DELLE PROPOSTE DI RIFORMA DEL MERCATO ELETTRICO

   Massimo Baccarello (Confindustria) – Grazie presidente, buongiorno a tutti e grazie per la numerosa partecipazione. La sfida è importante ma la accettiamo volentieri, perché se riusciamo in poco tempo a trasferire delle idee semplici vorrà dire anche che saranno delle idee efficaci per poter dare delle risposte concrete a problemi, che come abbiamo visto, sono estremamente importanti.

   Abbiamo diviso l’intervento in due parti, la prima parte è connessa a quella che è la diagnosi delle principali criticità per le quali abbiamo voluto avere una valutazione da parte di un soggetto terzo, e per questo abbiamo selezionato Pöyri, per farci una disamina delle principali criticità del mercato sotto il profilo organizzativo. Contestualmente, poi, interverrò successivamente per portare alla vostra attenzione le proposte di riforma che abbiamo costruito sul piano tecnico con la partecipazione allargata di tutto il sistema. Quindi lascerei la parola ad Antonio Nodari per la prima parte.

   Antonio Nodari (Pöyri Mangement Consulting) – Grazie Massimo e vi ringrazio per la fiducia che ci avete accordato.

   Come ha detto Massimo, all’inizio ci siamo concentrati a produrre una fotografia che fosse il più possibile precisa e condivisa dello stato attuale del mercato italiano, e l’abbiamo fatto guardando sia alla struttura organizzativa dei mercati che il quadro normativo regolatorio attuale con l’obiettivo di individuare criticità esistenti e confrontarci con la situazione di altri paesi europei. Tali criticità, che poi illustrerò, si trovano – come ha detto anche il presidente Squinzi nella sua relazione – nella stessa evoluzione dei fondamentali di mercato a partire dal 2008, che hanno portato, di fatto, a un forte disequilibrio tra domanda e offerta e a un’elevata diffusione delle rinnovabili non programmabili, in particolare il solare e l’eolico, spesso allacciate alle reti di distribuzione. I dati sono evidenti: la potenza installata è passata da 102 a 125 GW, le rinnovabili pesano oggi per il 43% e 31 GW sono allacciati alla rete di distribuzione. La domanda di picco non è cresciuta e quella complessiva su base annua è scesa da 340 a 310 TWh. Dall’altra parte, il design di mercato di regola attuale si è rivelato non più adeguato al nuovo scenario di fondamentali, e su alcuni aspetti è significativamente differente da quello di altri paesi europei, così come le linee guida fissate dalla Comunità europea.

   Vediamo adesso le principali criticità che vorrei qui illustrare, delle quali lascio ovviamente al testo una più ampia illustrazione. La prima è l’elevato costo di dispacciamento e di bilanciamento, costi sostenuti da Terna e pagati dai consumatori che valgono oggi circa un miliardo e ottocento milioni. Le analisi fatte hanno cercato cause che andassero al di là di quelle legate alla realtà fisica della rete, e le abbiamo identificate in alcuni aspetti: il primo è nelle numerose differenze in atto oggi nella valutazione degli sbilanciamenti tra gli operatori. Ricordiamo dieci differenti casi e questo come conseguenza dei programmi di produzione definiti dagli operatori di prelievo che vengono quindi dettati più di una volta da comportamenti distorsivi, adattati alle regole piuttosto che alla reale necessità di produzione e di consumo, e che costringono Terna a intervenire per bilanciare la rete. Su questo c’è già stato un intervento da parte dell’Autorità. Infine, quello che è il limitato livello di aggregazione oggi possibile tra le fonti, che regole di accesso al mercato differenziato che non permette agli operatori di avere un’ottimizzazione di portfolio, che potrebbero essere molto utili per la rete.

   La seconda criticità riguarda la mancanza di segnali di prezzo su diversi orizzonti temporali, che sono fondamentali per gli operatori e gli investitori. Anche qui le ragioni sono differenti: sul breve termine, il cambio di mix generativo che abbiamo visto è giustificato da impianti e strutture con costi tipicamente fissi e quindi poco adatti a un meccanismo del mercato del giorno prima (MGP) che si basa su costi marginali. Sul medio termine, l’assenza di mercati ad alta capacità, che sono stati proposti ma non ancora implementati, corrisponde a un mancato segnale di prezzo, che unito all’attuale sovraccapacità rende difficile valutare quali possono essere gli investimenti remunerativi possibili da qui a dieci-quindici anni.

   Ho citato prima il contesto europeo, quindi il confronto. Se noi guardiamo gli elementi di design di mercato e le regole che contribuiscono oggi a generare criticità nel sistema e facciamo un confronto tra il nostro mercato e quelli dei principali Paesi europei (Francia, Germania, Inghilterra), possiamo notare come questi paesi presentino situazioni abbastanza omogenee fra di loro e si discostino da quella italiana. In particolare è interessante notare che in questi mercati non ci sono differenziazioni nella modalità di partecipazione al mercato e al calcolo nei bilanciamenti tra le diverse fonti, e i mercati a termine (…) sono già implementati.

   Lascio quindi la parola a massimo per illustrare quali soluzioni Confindustria propone.

   Massimo Baccarello (Confindustria) – Allora, dopo la diagnosi è evidente che noi abbiamo lavorato per costruire una proposta che si muove su due architravi fondamentali. Il primo lo ricordava il presidente Squinzi, in quanto è stato ripreso anche dal ministro Guidi è la centralità del mercato nella risoluzione delle attuali criticità, ma soprattutto il mercato come driver principale in quella che è l’evoluzione futura. Il secondo elemento, non meno importante, è anche il tema di una struttura che sia semplice e quindi comprensibile in modo diffuso. Più volte è stato ricordato che il sistema si sta evolvendo verso un modello di “generazione distribuita”. Generazione distribuita significa un ampio coinvolgimento di tutti gli stake holder, quindi la semplicità è un fattore che, da una parte deve rimuovere le barriere all’accesso al mercato, in secondo luogo la semplicità deve essere l’elemento fondamentale in modo tale che il segnale di prezzo di mercato sia diffusamente compreso dalla più ampia platea possibile di soggetti coinvolti all’interno del mercato.

   La nostra proposta è complessa, tecnicamente ci sono molte pagine, ma io credo sia opportuno toccare i tre punti principali di intervento. Nella nostra proposta noi interveniamo su tre aree: le regole di dispacciamento e partecipazione al mercato, sulla struttura in essere dei mercati e sul ruolo delle ditte che investiranno, sicuramente un ruolo centrale nelle prospettive evolutive del mercato.

   Per quanto riguarda le regole di dispacciamento e partecipazione al mercato, la nostra proposta si focalizza su due punti: da una parte su quelle che sono le esigenze di rivedere i meccanismi di valorizzazione degli sbilanciamenti e in secondo luogo quelle che sono le modalità nuove di partecipazione al mercato.

   Per quanto riguarda la struttura dei mercati, il punto fondamentale per poi dare la struttura di segnali di prezzo efficienti rispetto al comportamento degli operatori, le linee di intervento operano – secondo anche quanto, in parte, già l’oggetto di analisi da parte dell’Autorità e del Ministero – su quella che è una rivisitazione del mercato della capacità, in particolare cercando di prefigurare quello che può essere il ruolo della cosiddetta capacità flessibile, in aggiunta, anzi, meglio, modulando quelle che sono le esigenze effettive del sistema. C’è poi un’esigenza, sostanzialmente, di intervenire sull’organizzazione degli algoritmi del dispacciamento e, in primis, per quanto riguarda il mercato dell’energia. Riteniamo opportuno prefigurare un mercato infra-giornaliero che si avvicini progressivamente quanto più possibile al dispacciamento in tempo reale, dopo di che, all’interno, accanto al mercato dell’energia, dobbiamo anche intervenire su quella che è una nuova riconfigurazione progressiva del MSD (Mercato dei Servizi di Dispacciamento) e del mercato del bilanciamento, in modo tale poi da consentire quanto più possibile – e anche in relazione alle condizioni tecnologiche – una partecipazione ampia e diffusa da parte di tutti quelli che sono gli strumenti, mi riferisco in particolare alle fonti rinnovabili, accanto al termoelettrico e alla domanda, in modo tale che in un modello di generazione distribuita prospettico tutti i soggetti posano avere un ruolo e una partecipazione attiva rispetto al mercato.

   Infine la terza vede il ruolo del distributore in interazione con il TSO (Transmission System Operator, operatore del sistema di trasmissione). Non c’è oggi in Italia e, devo dire, non c’è in nessun Paese europeo, un modello innovativo adeguato a favorire lo sviluppo tecnologico e a cogliere le possibilità che rinnovabili, generazione distribuita e domanda, possono contribuire in maniera efficace alla gestione efficiente del sistema, senza per questo aumentare i rischi di sicurezza e di continuità di approvvigionamento del sistema stesso.

   E alla fine, naturalmente, facciamo anche una riflessione con una sua gradualità rispetto al tema dei prezzi negativi. Sul ruolo delle reti è evidente che un punto centrale riveste, nella nuova prospettiva di generazione distribuita, un forte raccordo su quello che è il ruolo del responsabile del dispacciamento e i distributori. E vedremo in che modo noi pensiamo di poter far figurare questo.

   Vediamo i primi punti. Come veniva ricordato negli interventi iniziali sia del presidente che del ministro Guidi, ma anche dalla diagnosi fatta da Pöyri, noi ci ritroviamo oggi con delle regole di sbilanciamento che hanno dei forti elementi di complessità. Questi elementi di complessità, da una parte generano dei problemi che si identificano sostanzialmente di costi non propriamente “reflective” e, dall’altra parte, questi segnali di prezzo non propriamente costi reflective non danno anche dei corretti incentivi agli operatori che partecipano al mercato. Su questo tema la proposta, che poi troverete tecnicamente sviluppata all’interno del lavoro, attualmente prevede uno sviluppo basato su tre fasi. Da una parte intervenire sull’esigenza di una forte semplificazione, quindi creare le condizioni per arrivare in tempi rapidi alle prefigurazioni single price per quanto riguarda la valorizzazione degli sbilanciamenti. Come arrivare? Beh, da una prima fase l’idea è quella di tenere ancora in essere il rezzo medio liberato per poi gradualmente arrivare a un calcolo del prezzo medio liberato su una quantità sempre minore di quelle che sono le quantità sul mercato, per arrivare poi al punto di arrivo a una chiara identificazione del segnale di prezzo su quello che è il prezzo marginale, che riteniamo in un orizzonte temporale di due-tre anni possa essere pienamente efficiente. Questo per quanto riguarda le regole di bilanciamento, che a nostro modo di vedere dovrebbero rendere maggiore efficienza e garantire implicitamente un forte stimolo agli operatori a ottimizzare le proprie posizioni. Crediamo anche che questo sia, come dire, un meccanismo che consenta anche al TSO di ottimizzare le risorse, e poi questi segnali di prezzo sono propedeutici alla creazione delle corrette indicazioni per l’utilizzo degli impianti.

   Per quanto riguarda la partecipazione ai mercati, le linee di intervento si muovono nel tentativo di prefigurare un intervento in due aspetti. Oggi noi abbiamo una partecipazione al mercato dell’energia viene attraverso obbligazioni solo per quelle che sono le unità non rilevabili. Nel nostro modello, che poi è un modello che vede come idea di fondo la garanzia di una partecipazione diffusa al più ampio spettro di soggetti, intende dare anche a questi soggetti delle possibilità di ottimizzazione del proprio portafoglio (…)

   In secondo luogo vediamo la possibilità di un’aggregazione, quindi di un’ottimizzazione del sistema, anche introducendo la figura dell’operatore di bilanciamento che è responsabile per quelle unità abilitate alla fornitura di servizi ancillari del sistema, quanto mai necessari per il mantenimento in equilibrio. Naturalmente, il meccanismo ha una sua evoluzione, nel senso che in una prima fase si ha aggregando i portafogli della domanda e dell’offerta all’interno di un perimetro zonale, ma in prospettiva prefiguriamo anche una dinamica che possa considerare un’integrazione tra domanda e offerta a mano a mano che la risoluzione delle congestioni tra le diverse zone verrà progressivamente risolta. È evidente che poi questo meccanismo dovrà essere accompagnato da una regolamentazione che sappia collegare valorizzazione e pluralità di partecipazioni con quelli che sono anche gli incentivi all’operatore di dispacciamento per conseguire in tempi ragionevolmente rapidi questi obiettivi evolutivi del sistema.

   Per quanto riguarda l’architettura dei mercati, la nostra proposta interviene su quella che è l’attuale configurazione, dove – in parte abbiamo già detto – interveniamo sul MGP perché stiamo prevedendo una partecipazione aggregata (…) naturalmente, queste proposte che noi facciamo sono facilmente implementabili sempre anche perché non prevedono cambiamenti della normativa primaria, ma riteniamo che possano essere effettuati intervenendo sulla regolazione secondaria o tecnica delle modalità di partecipazione al mercato.

   Come anticipavo nell’introduzione, il primo effetto dell’intervento è l’avvio rapido di quello che è il mercato della capacità. Quindi il mercato della capacità strategica in prima battuta deve essere avviato in tempi rapidi. Ma, contestualmente, e diversamente da quelli che sono i piani di sviluppo del mercato, crediamo che anche il mercato della capacità flessibile debba essere parte integrante di quelle che sono le prime modifiche del mercato stesso. Perché? Perché noi riteniamo che, contestualmente all’avvio di un mercato dalle capacità flessibili, debba essere prefigurata anche quella che è l’introduzione di una sessione di negoziazione delle risorse necessaria agli elementi ancillari e di bilanciamento del mercato. Quindi, in buona sostanza, vediamo progressivamente come situazione ideale la creazione di forti interconnessioni fra quello che è un mercato dalla capacità flessibile e la disponibilità di opzioni reali su quelle risorse che sono funzionali all’ottimizzazione di quella che è la politica di approvvigionamento dei servizi ancillari al sistema. Naturalmente nella prima fase manteniamo quelle che sono le sessioni dell’attuale MSD, per un periodo nel giorno D-1 e nel giorno D, però dobbiamo anche pensare a un’evoluzione prospettica dove andiamo a prevedere una sessione di MSD che si chiude dopo quella del MGP, che sia fortemente integrata con il mercato della capacità flessibile e che consenta di utilizzare queste opzioni reali all’interno del mercato del bilanciamento al fine di avere, per quanto riguarda l’equilibrio del sistema, l’ottimizzazione di quelle che sono le risorse disponibili, in un insieme di opzioni per quanto riguarda la minimizzazione dei costi del TSO.

   Infine, questo percorso ci porta a un parallelismo che deve convergere tra quello che è l’ottimizzazione dei servizi del mercato di bilanciamento e un mercato infra-giornaliero che si avvicina progressivamente al tempo reale. Credo che l’obiettivo della forte convergenza fra il mercato infra-giornaliero e il mercato dell’energia e il mercato del bilanciamento, quello che gestisce i servizi, sia un punto molto importante, perché all’interno di questa configurazione si vede, da una parte un miglioramento della programmazione del MGP (perché da una parte abbiamo una valorizzazione degli sbilanciamenti, dall’altra parte c’è un calcolo della capacità flessibile che viene sviluppato come mercato a termine e che fornisce poi servizi al mercato del bilanciamento) e, naturalmente, all’interno di questo mercato – guardando anche al ruolo del mercato infra-giornaliero, che riduce gli errori di forecasting – dovrebbe ottimizzarsi il corso del sistema, perché a questo punto il responsabile del dispacciamento, accanto all’utilizzo della capacità che si rende poi disponibile come strumento per il mercato di bilanciamento, crea un ordine di merito coniugando i valori di queste opzioni con quelle che sono le offerte spot nel mercato di bilanciamento. Quindi una maggiore disponibilità di risorse che dovrebbe – contestualmente al mercato dell’energia – ottimizzare gli errori e il costo di approvvigionamento delle risorse.

   Allora, focus molto veloce. Ovviamente questo accanto a quella che è l’idea di avere anche una tempistica, altrimenti rischi di risultare inefficace. Quindi noi riteniamo che si avvii il mercato della capacità strategica molto rapidamente, ma si cominci anche a pensare a una nuova riconfigurazione del mercato dei servizi di dispacciamento e, soprattutto, riteniamo che sia sostenibile nell’arco di uno o due anni arrivare allo sviluppo di un mercato della capacità flessibile propedeutico all’ottimizzazione del mercato dei servizi di bilanciamento.

   L’altro estremamente importante è il passo finale dopo aver riconfigurato l’architettura dei mercati per creare le condizioni per la partecipazione di tutte le fonti al mercato. La proposta è strutturata in due fasi: la situazione attuale vede una partecipazione molto limitata di tutte le fonti sotto determinati vincoli limitatamente al MGP e al mercato infra-giornaliero. Noi crediamo che, in prospettiva, debbano essere create le condizioni, data la nuova architettura del mercato, per una partecipazione di tutte le fonti rinnovabili anche non programmabili – adesso vedremo anche le condizioni tecniche degli strumenti e delle tecnologie di generazione distribuita – quindi incluso anche stoccaggi e domanda, e naturalmente riteniamo sia necessario avviare sin da adesso dei progetti pilota. Poi un percorso graduale per gli impianti esistenti, naturalmente intervenendo anche con delle modifiche del codice di rete, infine allargare progressivamente tutte le condizioni per una partecipazione consistente a quelle che sono le condizioni di mercato. Una volta create le condizioni per una partecipazione diffusa di tutte le tecnologie al mercato riteniamo che si possa anche arrivare all’introduzione dei prezzi negativi che, in una logica di ordine e di merito economico, vanno a correggere quelle che sono le effettive valorizzazioni delle fonti rinnovabili che hanno la loro incentivazione amministrata.

   Cercando di spiegare un po’ la filosofia complessiva, la nostra idea vuole essere un’idea un po’ olistica, attraverso al quale vogliamo rimuovere le distorsioni in essere, che molto spesso provocano delle distorsioni e inefficienze sul mercato, agendo nel combinato disposto tra MGP e l’evoluzione del mercato della capacità, avere un mercato infra-giornaliero che si avvicini al tempo reale, quindi consenta la riduzione degli errori di forecasting e, di conseguenza, ci consenta di ridurre il fabbisogno, perché riduce gli sbilanciamenti fisici dei gestori di rete. Gestore di rete che, però, può contare su un numero più ampio di risorse e quindi ha tutte le condizioni allargate per poter ottimizzare i costi del dispacciamento.

   Due parole infine su quello che è il rapporto TSO-DSO. Noi vediamo una figura pivotale nel TSO, che però deve vedere una figura di nuovo conio, di raccordo con quelli che sono i distributori, i quali svolgono una funzione importante di facilitazione per consentire la partecipazione al mercato di un numero sempre maggiore di risorse. Naturalmente, in questo il DSO, mantenendo le regole di unbundling e facilitato dal ruolo che noi vediamo negli operatori di bilanciamento. Crediamo che, se si riesce a mettere a fattor comune tutti questi elementi, allora abbiamo anche una riforma che, a quel punto, ha con sé una piattaforma di mercato che fornisce dei segnali di prezzo alle decisioni di una platea sempre più ampia di stake holder che devono adottare e in questa prospettiva noi vediamo un elemento fondamentale per quello che è lo sviluppo prospettico, di quello che è il modello di generazione distribuita e che i nuovi obiettivi comunitari, comunque, ci chiederanno in maniera sempre più forte – come ricordava il presidente Squinzi – al 2020.

TAVOLA ROTONDA

   Guido Bortoni (Presidente Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico) – Buon pomeriggio a tutti e grazie di aver invitato l’Autorità a contribuire a commentare questo studio ponderoso che ci viene offerto oggi da Confindustria. Anche perché Confindustria è più in grado dell’Autorità di raccogliere tutto il gotha dell’energia, essendo un polo di attrazione importante sul piano dell’energia e questo fa sicuramente onore all’associazione.

   Io credo che sia una conseguenza inevitabile – o una condanna – per chi fa uno studio ponderoso, oppure si mette in cammino per fare un’analisi, o una diagnosi, della rivisitazione del mercato elettrico in questo caso, sopportare la conseguenza inevitabile di essere analizzato, non voglio dire criticato, ma di essere oggetto di commenti di metodo e di merito. Ovviamente questi commenti di metodo e di merito, che andrò a fare anch’io nel mio piccolo, risentono certamente – ed è giusto che sia così – dei punti di vista di chi li fa questi commenti. Perché ognuno di noi è un portatore di interessi ed è condizionato, anche nell’analisi di questo studio che abbiamo di fronte oggi, dagli interessi di cui è portatore. È un condizionamento legittimo e, come dire, naturale. Vi faccio un esempio non parlando degli operatori e, comunque, di qualunque operatore di mercato vi faccio un esempio di due Istituzioni dipendenti, l’Autorità di Regolazione – la mia – e l’Autorità Antitrust: sovente ci troviamo a esprimere le nostre valutazioni su fenomeni e circostanze di mercato e abbiamo tutte le volte, non dico delle divergenze, ma delle sfumature di valutazione, proprio in ossequio a quelle che sono le differenti mission, le differenti finalità e i differenti interessi delle due istituzioni. Un esempio non concreto, perché non voglio nomi e cognomi, però, tutto sommato, il regolatore, bello o brutto che sia – io faccio questo mestiere – si trova sempre a esprimere delle valutazioni sulla concorrenza che c’è, sul mercato che c’è, finalizzate a vedere se il mercato e la concorrenza hanno portato a dei sistemi di prezzo nelle contrattazioni che sono coerenti con i fondamentali. Noi diciamo sempre, come regolatori, che andiamo a valutare la concorrenza utile, cioè quella per arrivare a un certo target di efficienza, siamo sempre lì, con questo bilancino del farmacista per riscontrare se l’esito è coerente con i fondamentali. L’Antitrust, invece – io credo giustamente, perché deve esserci questa dialettica in termini di concorrenza – è sempre paladina del mercato a prescindere dagli esiti. Credetemi, in tutte le valutazioni che noi facciamo con gli amici e colleghi dell’Antitrust abbiamo sempre questa sfumatura. Questo per dirvi che quando uno fa un commento lo fa con gli occhi di casa sua, quindi con gli occhi condizionati dall’interesse di cui è portatore.

   Sul metodo, e torno allo studio, io credo chi il metodo utilizzato nello studio sia uno dei metodi più classici che si possano immaginare, ed è stato detto sia da Baccarello che da Nodari: si parte dall’identificazione delle criticità, che sono difficili da individuare, il mercato elettrico non è facile, quindi c’è l’esigenza di semplificarlo, ma la realtà è molto complessa. Non lo dico perché è mio interesse fare il prezioso “così siete in pochi che capite…”, è veramente così, la cosa è abbastanza complicata. Quindi si parte da un’analisi delle criticità, si fa una diagnosi (come nelle migliori tradizioni), dopo di che, identificate per grandi temi le criticità che ci sono, si passa a una identificazione di soluzioni, quelle che Baccarello chiamava prima “proposte”. Fatte in un modo, come dire, aperto, con una mentalità non provinciale, perché si va subito a vedere quali sono le analoghe circostanze e gli analoghi meccanismi che ci sono all’estero. Nel fare questo ragionamento – se volete questo sarà il mio primo punto di discussione, sempre nel metodo – nell’identificare le soluzioni, normalmente si vanno a prendere le soluzioni (comunque si dice che certe soluzioni potrebbero essere importate o mutuate nel mercato italiano dai paesi “forti”: Germania, Francia, Spagna, eccetera) perché là si fa così eccetera…, dimenticando quasi sempre che, quando si fa un’opera di importazione di soluzioni, beh, non si conosce il motivo, la ratio per cui quella soluzione è stata studiata. In alcuni casi si importano degli errori, è vero che l’erba del vicino è sempre più verde, però ci sono dei “verdi” che, notoriamente… adesso la metafora è anche un po’ infelice… ma ritorniamo a noi, certe volte si importano degli errori, certe altre delle soluzioni che sembrano rispondere alle finalità perseguite, ma in realtà sono state studiate per altri scopi. Faccio un esempio in casa nostra. Immaginate se un tedesco, o un inglese, o un francese venisse a casa nostra e dicesse: «Ho visto che gli italiani hanno fatto una misura che si chiama interconnector, che risolve una certa cosa…», in realtà non saprebbero per quale ragione è stata pensata quella misura, un esempio che deve indurre a fare attenzione nell’importare soluzioni perché tante volte non sappiamo a cosa sottendono.

   Sul merito due cose generali. Una l’ho già detta: quando arriviamo ad analizzare le criticità – e io posso dirlo, in quanto come Autorità abbiamo analizzato lo studio e condividiamo al 90% l’identificazione e la descrizione delle criticità – ma quando passiamo ad analizzare una criticità e a dare una risposta io credo che occorra essere il più aderenti possibile alla criticità che abbiamo identificato. Ad esempio c’è una proposta chiamata in diversi modi (decentratore, eccetera) su quello che potrebbe essere un dispacciamento un pochettino più decentralizzato: ecco stiamo un attimo attenti, perché è vero che in Europa esistono queste soluzioni, ma sono anche fortemente avversate dai paesi stessi che le hanno adottate. Lo saprete anche voi come me, certamente cercano di resistere e di difendere le loro architetture, ci mancherebbe altro, ma hanno un pacco di criticità. Faccio un esempio banale: affidarsi al prezzo medio ponderato dei perimetri di equilibrio e quindi fare una media delle azioni di Terna nel dispacciamento, in teoria è un segnale che nasce distorto, e lo si può dimostrare in molti casi, però comporta nella pratica, perché poi bisogna essere pragmatici, due venature negative. La prima è che all’interno del perimetro di equilibrio c’è l’incentivo a trovare le compensazioni tra i segni positivo e negativo; è intuitivo immaginare che più restringo il perimetro di equilibrio, meno risorse prendo dentro in termini di più e meno per alzare o abbassare la produzione o il consumo, e più è probabile che io ottenga delle soluzioni meno efficienti rispetto al caso con risorse più allargate. L’altra venatura negativa di un’aggregazione più estetica che fisica, e la realtà del sistema fisico è molto complicata, è che Terna – che poi viene immaginato come il dispacciatore residuale che alla fine prende tutte queste bolle (Self Dispatch) e le compone per dare una soluzione unica, come deve essere, al sistema in sicurezza – ha difficoltà nel fare affidamento in termini di confidenza rispetto a quelli che sono i programmi di dispacciamento della bolla, della singola Self Dispatch. Cosa voglio dire, che molto probabilmente l’azione del dispacciatore ultimo, cioè quello che compone queste bolle autonome costa di più, perché è chiaro che Terna si vuole cautelare dal fatto che ci sono questi operatori di mercato che si autobilanciano. Quindi, non sto dicendo che è una soluzione che non va bene, però, attenzione: non è la panacea di tutti i mali. Noi come Autorità abbiamo da sempre promosso un prezzo di bilanciamento nodale, che è la migliore approssimazione a quella che è la realtà fisica.

   La seconda considerazione e poi concludo. Io credo che, comunque, un merito a Confindustria, che ha fatto questo studio, lo si debba ascrivere, questo deve essere assolutamente chiaro. Il nostro mercato elettrico – Baccarello lo ha detto in diversi modi, anche proponendo delle soluzioni – è un mercato gravemente affetto da miopia, ci vede poco da lontano. È tipico di certi mercati di essere affetti da short-termismo, ma il mercato dell’energia elettrica è veramente carente di un sacco di diottrie verso il lungo periodo. Per tantissimi motivi, ma – l’hanno detto tutti gli oratori prima di me, seppur con altre parole – dobbiamo essere coscienti che l’avvento delle fonti rinnovabili e la de-carbonizzazione dei mercati hanno messo il mercato elettrico all’angolo, nel senso che si sente inadeguato in termini di risposte per il medio-lungo termine. Non ci sono segnali. Sono state fatte da più parti proposte per lo sviluppo di mercati a lungo termine, però tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: qui abbiamo una domanda che per dare segnali decenti di medio-lungo termine dovrebbe impegnarsi in contratti di fornitura di energia oltre i tre anni, ma sono certo che da questo punto di vista la domanda è abbastanza insensibile. Quindi è difficile far nascere spontaneamente come incrocio fra domanda e offerta, due fattori che hanno delle tempistiche assolutamente diverse.

   Qual è allora la miglior proposta? E devo dire che qua sono d’accordo al 100% con lo studio di Confindustria, tant’è che noi è dal 2011 che battiamo sul tasto del capacity market: bisogna affiancare ai mercati dell’energia dei mercati “della capacità”, dei mercati che siano in grado di fornire dei segnali di medio-lungo termine alla produzione, sia essa rinnovabile che convenzionale.

   Perché questo è un sistema che riesce a saltar via quella criticità che la domanda è inerte? Perché c’è una domanda centralizzata, la domanda di Terna, che, badate bene, non è la domanda di tutto il sistema elettrico, non sono i 310 TWh all’anno, ma sono quella domanda che serve all’adeguatezza, cioè a fare sì che il sistema sia in grado di coprire negli anni la domanda che viene espressa. Questo è un sistema che consente anche una chiusura razionale degli impianti. Noi siamo in overcapacity. Qual è il momento migliore per comperare della merce offerta sul mercato? Il momento in c’è eccesso di offerta, quindi questo è il momento. Ma questo mercato è anche in grado di dare un segnale negativo, nel senso di minimo, un segnale economico di medio-lungo termine per una razionalizzazione economica.

   La Germania. La Germania afferma di non volere fare – e anche il Governo tedesco ha messo in consultazione, finirà il 29 settembre se non sarà prorogata – la mappatura della capacità, mi fido degli Energy-Only Markets, cioè quelli che sono in grado valorizzando il kWh di fornirmi un segnale di adeguatezza. Benissimo, cioè benissimo no. Andiamo nei fatti, ne parlavo l’altro giorno a Bruxelles con il mio collega regolatore, dai fatti cosa viene fuori: la proposta di Sigmar Gabriel è i mercati Energy-Only più una tranche di migliaia di MW di riserva strategica e poi, in Baviera, perché lì c’è la BMW, più 2.000 MW di riserva strategica. Dico: «Scusa, se hai detto che i mercati dell’energia da soli sono in grado di portarti all’adeguatezza, a che serve tutta questa riserva strategica?» Mi ha risposto: «ma mica vogliamo rimanere al buio». Allora io ho gettato la spugna, perché è chiaro che siamo in presenza anche di forti errori di valutazione e quindi non dobbiamo sempre credere che l’erba tedesca sia sempre migliore. Speriamo che l’Europa, che sta andando in quella direzione, almeno acconsenta a una regionalizzazione delle cose.

   Il secondo e ultimo punto è che il nostro mercato, oltre a essere miope – e ci sono le lenti per curarlo – è anche diventato presbite e un po’ astigmatico, nel senso che, e arrivo sul bilanciamento, la critica è giusta: dobbiamo rimettere a posto gli strumenti per la valorizzazione dei prezzi di bilanciamento. Oggi noi abbiamo questa differenza tra la valorizzazione degli sbilanciamenti a unità abilitate (la grande produzione termoelettrica e quelli che ce la fanno a seguire dei programmi coerenti) e le unità non abilitate (che sono tutte le altre di produzione e anche il consumo), noi abbiamo un sistema che si presta a degli arbitraggi. Quando apriamo il capitolo arbitraggi, e qua mi trovo nel “tempio del mercato”, ci sono arbitraggi buoni e arbitraggi cattivi. Gli arbitraggi buoni sono quelli che fanno vedere se ci sono due valori di mercato che non stanno insieme e che devono convergere, mentre ci sono degli arbitraggi meno buoni che sfruttano i difetti delle regole, ma sfruttare un difetto di regole non è un arbitraggio, è una speculazione. Oggi con questo sistema abilitate e non abilitate abbiamo la porta aperta agli arbitraggi e questo non è corretto. Non uso mai l’aggettivo “giusto”, ma non è corretto che ci siano degli operatori che traggono vantaggio da un sistema difettoso. Quindi occorre andare a rivedere – e lo stiamo facendo con grande sofferenza, nel senso che abbiamo poche risorse, ma questa è un’altra giaculatoria – riformando il dispacciamento. Certo è che noi dobbiamo andare verso una valorizzazione degli sbilanciamenti nodale, perché quella è una realtà fisica, l’energia ha un valore per ogni “nodo” controllato da Terna, quindi, tutti i mercati che gli mettiamo per scimmiottare o per arrivare ad approssimare quel valore sono appunto delle approssimazioni. Quello è il reference case, e tutti i mercati si servono per andare a simulare nella loro composizione questa cosa. In realtà occorre anche che le rinnovabili – e qui sono d’accordo con lo studio di Confindustria – facciano la loro parte. Ormai sono maggioranza, oltre il 45% del mercato elettrico, possono partecipare e devono partecipare, e qui la regolazione deve eliminare le barriere al mercato dei servizi di dispacciamento, ma devono essere responsabilizzate agli sbilanciamenti. Non solo, se voi andate a leggervi le bozze di balancing del Codice di bilanciamento europeo vedrete che lo sbilanciamento di domani, quello che dovremo concepire anche noi in Italia, prescinderà in termini di corrispettivi dal tipo di fonte. Oggi anche la nostra giustizia amministrativa ci ha obbligati a tener conto negli sbilanciamenti del tipo di fonte, ma il bilanciamento europeo che dovremo recepire non lo consentirà più.

   Marco Bruseschi (Rappresentante Consumatori Industriali) – Vorrei inquadrare i vari temi, un inquadramento sul lavoro. Siamo già dal 2011 che, come Consumatori Industriali di Confindustria, abbiamo chiesto con forza l’avvio di questo market assessment e, ovviamente, dopo l’esplosione delle fonti rinnovabili non programmabili, soprattutto del fotovoltaico e l’eolico, si vedeva che il quadro complessivo era mutato nella produzione elettrica in Italia. Non è solo poi un problema anche di oneri, seppure il tema sia certamente di enorme impatto per la competitività del nostro sistema industriale. Noi come Consumatori Industriali abbiamo ben compreso che il futuro sarà più green, e questo, ne siamo sicuri, in prospettiva sarà un’enorme opportunità per l’Italia se sarà in grado di valorizzare appieno la naturale caratterizzazione del nostro Paese. Quindi, proprio per rendere compatibile questo forte sviluppo delle fonti rinnovabili attuale con la sicurezza e la sostenibilità economica del sistema elettrico italiano, a nostro avviso occorrono appropriati adeguamenti che le responsabilizzino pienamente agli obiettivi di competitività.

   Il market assessment e i conseguenti interventi sono inoltre necessari per consentire, sulla base di meccanismi di mercato, anche il futuro sviluppo delle FER (fonti energetiche rinnovabili), persino nelle ipotesi più estreme, ad esempio che possa diventare praticabile sia tecnologicamente che economicamente una transizione dall’attuale assetto, con forte presenza di cicli combinati, a una componente integrata prevalente, diciamo nella quasi totalità, però con sistemi di accumulo altrettanto maturi, tecnologicamente ed economicamente competitivi.

   Il supporto legislativo, abbiamo sentito prima, della riforma del 2008 ormai è superato e non è più in grado di rispondere, lo abbiamo sentito anche dal nostro presidente e da chi mi ha preceduto. Quindi la rapidità di questo sviluppo tecnologico ha spiazzato tutti. Conosciamo bene gli effetti dei ritardi nell’adeguare il sistema incentivante, altrettanto impattante appare il tema dell’integrazione del responsabile. Allora – diciamo noi consumatori – la politica “ebbe orecchie molto mirate”, non ascoltò l’allarme lanciato dall’industria perché era ben consapevole degli effetti traumatici di un sistema incentivante non allineato con la rapida discesa dei prezzi dei pannelli. E siamo certi, invece, che oggi la politica e la regolazione siano consapevoli della indefinibilità di questa riforma che deve saper dare competitività alle industrie manifatturiere italiane con un nuovo mercato elettrico efficiente e in grado realmente di supportare questo inarrestabile sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili.

   Quali sono le distorsioni da risolvere? Mi ripeterò, ma dobbiamo ribadire alcune cose. Il discorso del dispacciamento e dell’invariato divario del costo della commodity, coni principali competitors europei (abbiamo parlato della Germania) sono i sintomi più evidenti dell’attuale criticità del sistema elettrico italiano. Abbiamo questo famosi 10 euro contro i quasi -2 della Germania, sono costi che si leggono facilmente e l’impatto per la nostra competitività dove va?

   Terna ribadisce, ovviamente, soprattutto il tema della sicurezza nella gestione del sistema, altalenante tra la non convenienza dei cicli combinati, che – seppur realizzati negli ultimi dieci anni, quindi modernissimi, come ha ribadito il ministro Guidi – ormai producono con 2.500 ore, con invece l’esigenza di sistemi altamente flessibili che risolvano le criticità connesse con i sistemi non programmabili, che spesso invece rappresentano la parte maggiore della produzione in funzione. Abbiamo sentito i livelli percentuali nelle ore centrali, però basta anche che una perturbazione passi e incomincia subito tutto un sistema di lavorio dove il TSO fa fatica a seguire e non vorremo che portasse di nuovo a dei black-out nazionali.

   Il MGP, questo mercato del giorno prima, che ormai ha perso il significato sia sotto il profilo dei produttori che dei consumatori (transita da loro ormai il 70% dell’energia italiana), perché i produttori non hanno certezza dei prezzi e i consumatori si vedono arrivare bollette sempre più alte. A questo dobbiamo aggiungere che questa tela di Penelope che deriva dal continuo modificarsi dell’assetto produttivo giornaliero in uscita dal MGP, dal MI (mercato infra-giornaliero) e dal MSD (mercato dei servizi di dispacciamento), che vede Terna poi costretta a un susseguirsi di ordini di dispacciamento in MSD per correggere ottimizzazioni successive di produttori. Quindi, per noi consumatori industriali alle prese con una vera guerra competitiva con i nostri concorrenti, tutto questo si traduce sempre in un aumento dei costi della bolletta. Quanto sopra – come correttamente anticipato da Beccarello e Nodari e inquadrato nello studio di Pöyri – così come per ampi stralci della criticità, di cui parlavo prima, la comunanza con i mercati europei delle criticità di un mutato assetto produttivo con l’esplosione del FER. Non che mal comune sia mezzo gaudio, solo che le criticità sono comuni e, a oggi, non esiste una soluzione già testata a cui attingere soluzioni possibili. Quindi come proposte non mi dilungo.

   Come Consumatori Industriali non ci siamo mai tirati indietro rispetto alla esigenza di essere pro-attivi nei confronti di evoluzioni che poi ci avrebbero potuti vedere responsabili. Con questo però non vogliamo assolutamente liquidare alcune proposte dall’approccio che potrebbe sembrare di rivendicazione associativa, come per esempio la proposta relativa alla tariffa europea per i settori più esposti alla concorrenza, che – a nostro parere – rappresenta l’unica valida soluzione per garantire una competitività internazionale alle imprese manifatturiere europee. Però neppure questa volta ci vogliamo tirare indietro, solo evidenziamo una maggiore difficoltà nella ricerca di una soluzione che ha il sapore della forte innovazione in campo internazionale. Condividiamo le linee guida proposte, il bilanciamento omogeneo e non discriminatorio rispetto alle varie diverse fonti e consumi, un’aggregazione per un approccio ai mercati coerente con le responsabilità richieste, una responsabilizzazione degli sbilanciamenti, strumenti in grado di traguardare questa responsabilizzazione tramite un graduale ma forte avvicinamento al tempo reale; l’introduzione, poi, dei prezzi negativi, in grado di meglio rispondere alle diverse esigenze delle diverse fonti produttive; introduzione di strumenti di pianificazione delle necessarie risorse di produzione, con forte attenzione alle risorse flessibili necessarie, strumenti di responsabilizzazione di Terna tramite criteri di incentivazione.

   Quindi, a nostro parere, la riforma richiede garanzie di pieno accesso a tutti i mercati per tutta l’offerta e per tutto il consumo, compatibilmente coni servizi scambiati. Chiediamo quindi certezza applicativa alla luce di quanto aveva prima nominato il ministro Guidi, sinora attuato in tema di taglia bollette, che, laddove fono a ora sono state attuate, sono alcune delle misure previste e sono a carico completamente dei consumatori industriali. Quindi non è che abbiamo ricevuto un gran supporto. L’attuazione seguirà la tempistica più consona, ma è indispensabile che le misure decisionali necessarie a sbloccare il quadro regolatorio, soprattutto quelle legislative, siano definite e approvate subito.

   Concludo trattando il tema dell’esigenza del monitoraggio. Come Consumatori Industriali condividiamo completamente il quadro di macro-riforma proposto, ma – ribadisco – ne auspichiamo la rapida attuazione. Non possiamo però esimerci dal segnalare i grandi timori che abbiamo, in quanto la connotazione di assoluta innovazione e la completa mancanza di ausilio derivanti da esperienze consolidate in altri paesi occidentali. Basta pensare al capacity market nella sua duplice attuazione di capacity tra commodities e capacity per gli strumenti di flessibilità, non vorremmo che per la somma di queste due componenti si pervenisse a ulteriori aggravi in bolletta. Certamente sarà la somma delle due componenti che dovrà essere oggetto di confronto con i prezzi internazionali e, a tal proposito, è auspicabile che sia istituita una specifica componente tariffaria che non debba essere confusa (e quindi inclusa) nella componente del dispacciamento. Anche tutti gli altri aspetti della riforma proposta necessitano di grande attenzione e nessuno può ora garantire gli obiettivi posti da questa riforma, chiediamo quindi – e mi avvio alla conclusione – che tutto il percorso di riforma, o perlomeno le parti di più difficile attuazione sotto il profilo dei risultati, sia sottoposta al procedimento AIP da parte dell’Autorità, al continuo monitoraggio da parte di MISE (Ministero dell’Industria e per lo Sviluppo Economico) e, infine, veda coinvolta Terna in modo responsabile sotto il profilo della proposta di incentivazione e penalizzazione secondo il modello inglese. Pensiamo soprattutto la modello di inquadramento degli sbilanciamenti, che negli ultimi anni ha visto il susseguirsi di delibere e ricorsi spesso vinti dai ricorrenti, ma sempre dalle conseguenze onerose per i consumatori industriali. Pensiamo al processo di avvicinamento al tempo reale dei mercati infra-giornalieri e pensiamo al processo di responsabilizzazione di tutte le fonti, percorso che se incompleto potrebbe rappresentare un inaccettabile allentamento delle condizioni attuali. Supporteremo quindi fortemente lo studio di Pöyri ma chiediamo un processo attento di monitoraggio che garantisca il pieno raggiungimento degli obiettivi. Questo per noi consumatori sarà sicuramente un benchmark per la verifica del raggiungimento degli obiettivi della riforma. Vi ringrazio.

   Fabio Bulgarelli (direttore generale di Utilitalia) – Buonasera a tutti e grazie per l’invito, in modo particolare al presidente Squinzi per la menzione speciale che ha fatto di Utilitalia.

   Mi sembra che il quadro dei cambiamenti che ha investito il settore elettrico negli ultimi cinque anni è stato ben descritto in più di una delle relazioni precedenti quindi non ci tornerò sopra,  ma vorrei dare tre messaggi fondamentali: uno è relativo all’importanza delle imprese distributrici, il secondo all’esigenza di segnali a termine nel mercato dell’energia e il terzo a regole di dispacciamento che siano più coerenti col fatto che impianti a ciclo combinato sono chiamati a funzionare in maniera molto diversa da come erano chiamati a funzionare solo qualche anno fa.

   Allora, sul primo punto, il ruolo del distributore elettrico e il ruolo del DSO che è stato richiamato secondo me molto correttamente nello studio di Pöyri, l’importanza di questo ruolo, l’importanza di un maggior coordinamento tra TSO e DSO in questo contesto di radicale cambiamento, di crescente penetrazione di fonti rinnovabili e di efficienza energetica, i distributori hanno un ruolo fondamentale e abilitante al raggiungimento degli obiettivi di politica ambientale dell’Unione europea e anche come facilitatori di mercato. Cito una battuta che va radicalizzando evidentemente anche il concetto, quella del vicepresidente della Commissione europea Sefković, che “le margherite possono essere per l’Europa quello che lo shale gas è stato per gli Usa”, battuta che piega bene come poi i nuovi investimenti delle imprese distributrici possano migliorare la penetrazione delle fonti rinnovabili e quindi aumentare l’autosufficienza energetica dei Paesi dell’Ue. È chiaro che per fare tutto questo serve una regolamentazione che permetta alle imprese distributrici di fare degli investimenti, perché nei prossimi anni il settore della distribuzione dovrà effettuare investimenti importanti specialmente nelle realtà urbane. I carichi elettrici in quelle realtà aumentano continuamente e c’è da gestire la maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili e, più in generale, della generazione distribuita, più di 600.000 impianti ormai connessi alla rete di media e bassa tensione. Da questo punto di vista è importante se volete, anche se è un tema che esula dallo studio, però su cui credo sia necessario dare un messaggio, è importante che la revisione tariffaria di fine anno non si limiti a riflettere sulla riduzione del costo del denaro, nella misura in cui poi gli investimenti nella rete di distribuzione sono anche investimenti che durano trent’anni, quindi non è che le imprese di distribuzione hanno strutture che reggono in maniera immediata conto delle variazioni del costo del denaro, ma deve invece rendere possibile la garanzia di livelli di redditività e rendere possibili investimenti proprio nel momento in cui c’è maggiore bisogno di investimenti nelle reti. E questo porterebbe a vantaggi nei termini del miglioramento della sicurezza del sistema, della maggiore sostenibilità ambientale e della riduzione dei costi di dispacciamento e dell’energia.

   Il secondo punto che volevo richiamare è quello dell’esigenza di segnali a termine sul mercato dell’energia elettrica all’ingrosso. È stato chiaramente affermato che quello che cercano tutti è il mercato e che, comunque, la soluzione deve essere il mercato e la situazione dev’essere quella del naturale equilibrio tra domanda e offerta, beh …è fuori di dubbio che il mercato prima o poi troverà un nuovo equilibrio. Siamo in una situazione di overcapacity ma prima o poi il mercato troverà un nuovo equilibrio, ma il punto è quanto costoso ed efficiente sarà il raggiungimento di questo nuovo equilibrio. Lo sforzo sul quale ci dobbiamo concentrare è far sì che il raggiungimento di questo nuovo equilibrio sia il più efficiente e il meno costoso possibile. Quest’estate, per inciso, abbiamo visto il TSO chiamare impianti che in luglio erano in arresto programmato da tempo, ho visto sbuffare sull’autostrada impianti che non vedevo sbuffare da parecchi anni, quindi credo l’obiettivo di tutti sia realizzare questo processo di assestamento nel modo più efficiente possibile e senza rischi per la sicurezza del sistema. A mio avviso, l’esigenza dei produttori convenzionali è quella di avere dei segnali a termine, cioè sapere se da qui a qualche anno quali impianti potranno essere necessari al sistema o meno, perché diversamente uno accelera il proprio programma di dismissioni, oppure, diversamente, li tiene in funzione e fa anche gli investimenti necessari a una loro maggiore flessibilizzazione e ambientalizzazione. Abbiamo un sistema che sarebbe in grado di dare questi segnali a termine al mercato delle capacità, che forse abbiamo sbagliato tutti quanti a chiamarlo “mercato delle capacità”, perché il fatto di chiamarlo capacity market evoca il capacity payment ed evoca sussidi, ma in realtà un mercato delle capacità ben disegnato non è altro che un qualcosa che serve a dare dei segnali a termine. Allora, indipendentemente da come potrà essere migliorato, io credo che sia importante farlo partire.

   Il terzo elemento è la necessità di adattare le regole di dispacciamento a nuove modalità di funzionamento degli impianti a ciclo combinato. A più riprese è stato richiamato il fatto che impianti sono stati pensati per funzionare 6-7.000 ore funzionino adesso a 1.500 ore o qualche migliaio in più se si tratta di impianti concentrativi e che, comunque, sono chiamati a fare una ginnastica per cui non erano stati pensati e per cui non erano state pensate neanche le regole di dispacciamento. Su questo ci sono alcune cose molto semplici da fare: rivedere le penalità di sbilanciamento per questi impianti, che adesso sono eccesive e poste a un livello ultroneo anche rispetto a quello che basterebbe per incentivarli a rispettare semplicemente il programma e, inoltre, rivedere le modalità di conferimento delle capacità di trasporto gas in maniera tale da renderle molto più flessibili e cost-effective rispetto alle attuali modalità di funzionamento.

   E con questo chiudo, grazie molte.

   Emilio Cremona (presidente Anie Rinnovabili) – Innanzitutto un saluto a tutte le Autorità presenti e un ringraziamento particolare a Confindustria, al presidente Squinzi, all’ingegner Longa e a tutta la struttura che ha voluto coinvolgere le rinnovabili in questo nuovo disegno che ha così ben proposto in questo disegno.

   In ogni modo ritengo che le rinnovabili, proprio perché hanno accettato – passatemi il termine – di essere al tavolo con tutte gli altri produttori e utilizzatori di energia elettrica, hanno voluto dare un segnale di accettazione di quelle che saranno le nuove regole e accettazione di quelli che saranno oneri e doveri nel prossimo futuro. Il documento, così ben fatto, si basa su una realizzazione di commenti generalizzati in cui tutti i vari settori che compongono Confindustria hanno portato le loro esigenze e mi permetto di fare i miei complimenti a Pöyri perché è stato così bravo nel riuscire a mediare in situazioni veramente complesse per riuscire poi a fare una proposta che, a nostro giudizio, è assolutamente importante per il nostro futuro. Il ringraziamento viene anche da tutta la nostra federazione, perché con le Anie Rinnovabili insieme a noi c’è Anie Energia, c’è Anie Reti, ci sono tutte quelle che in questo momento sono le aziende operanti nel campo dell’elettronica e dell’elettrotecnica e che vedono con grande favore questo tipo di riforma di mercato. Perché essa parla di un mercato che deve avere una valenza europea e, come tale, ha una funzione di portare l’Italia a quei nuovi parametri che l’Europa adesso ci sta chiedendo, così come è stato definito e sarà definito prossimo e breve termine, cioè i valori della nuova efficienza energetica sui quali le fonti rinnovabili avranno sicuramente una grande importanza; così pure per quanto riguarda la riduzione delle emissioni in termini di CO², noi italiani andremo a fare – non come ha fatto la Volkswagen, ma realmente, perché ci crediamo e vogliamo farlo – e per quanto riguarda l’aumento della quota di produzione delle fonti rinnovabili per arrivare al 27%.

   Il ringraziamento è particolarmente dovuto perché oggi le fonti rinnovabili rappresentano circa 45.000 MW di installato, che però non corrispondono a 45.000 MW di prodotto, perché le rinnovabili come ben sapete hanno un tempo tecnico molto differente da quello delle centrali a ciclo combinato, le quali possono lavorare molte ma molte più ore. Le rinnovabili dipendono dal vento e dal sole e come tali sono assolutamente in balia di quello che è il sistema clima. È il motivo per cui ancora maggiormente abbiamo voluto verificare insieme a tutti gli altri attori le possibilità future, perché in un sistema nuovo bisogna pensare a quelli che possono essere gli storage, bisogna pensare a quello che possono essere nuove soluzioni nel campo del building e bisogna pensare al fatto che di rinnovabili non si può più fare a meno: se noi parliamo di green il green è fatto con le rinnovabili. Certo è che nessuno a livello di produttori di energie rinnovabili desidera che le centrali a ciclo combinato, le centrali a carbone e le centrali di altro genere debbano per forza chiudere. Il concetto è che in un contesto di mercato debbano esserci delle regole assolutamente chiare alle quali noi abbiamo aderito e il fatto di aver accettato a priori questo studio vuole dire innanzitutto che siamo disponibili in tutto e per tutto a porci in maniera propositiva nel prossimo futuro per arrivare ad avere un risultato che complessivamente porti dei vantaggi ai consumatori, al mondo industriale e, in generale, al mondo industriale italiano.  

   Volevo poi sottolineare che trovo assolutamente positiva la proposta che, nello studio, viene lanciata come “studio pilota”. Proprio perché nella federazione Anie sono riunite tutte quelle che possono essere le industrie rinnovabili, elettrotecniche ed elettroniche, noi siamo disponibili a collaborare con Confindustria e con Terna, che fa parte dell’Anie stessa come socio, per riuscire ad arrivare, con l’autorizzazione dell’Autorità dell’energia elettrica, a una forma di studio pilota per vedere come integrare diverse fonti di produzione che si rivolgono al mercato. Se questo fosse possibile noi siamo immediatamente disponibili a fare un tracciato, perché siamo convinti che quel tipo di mercato sarà il mercato che potrebbe portare dei vantaggi alle stesse rinnovabili che oggi vengono così considerate, forse, causa di quello che non è. Grazie.

   Matteo Del Fante (amministratore delegato Terna) – Ringrazio innanzitutto Confindustria per lo studio e saluto le Istituzioni.

   Condividiamo la diagnosi, non fosse altro perché, astraendoci un attimo dai dettagli noi oggi abbiamo, come Terna, una struttura di ricavi – quindi di tariffe che gravano su tutti i consumatori – che è più o meno allineata con quello che andiamo a spendere sul mercato dei servizi di dispacciamento. C’è un mercato dove la domanda e l’offerta si incontrano il giorno prima, là si dovrebbe trovare l’equilibrio di chi consuma e chi produce e poi il giorno dopo si dovrebbero fare dei piccoli assestamenti per rimettere in ordine quel mercato. Il risultato è che quegli assestamenti che si fanno a livello di mercato del bilanciamento e dei servizi di dispacciamento sono pari a quello che serve per remunerare 12 miliardi di rete, i costi operativi e rimborsare con l’ammortamento la rete stessa. Quindi, sicuramente la diagnosi sulla patologia che abbiamo nel sistema è condivisa.

   Sulle tre linee di intervento di condivisibile c’è la semplificazione e poi il confronto con gli altri mercati sia abbastanza convincente sui meccanismi per determinare gli oneri di sbilanciamento, che devono sicuramente essere semplificati; condivisibile sicuramente la partecipazione aggregata al mercato e, sul secondo tema, importante che la struttura dei mercati non è precisamente nel nostro ambito stretto, però, per quanto ci riguarda, le proposte che rispetto al mercato della capacità sono condivisibili, qui vorrei far notare che siamo riusciti quest’anno a contenere nella prima metà dell’anno, dati ormai consuntivati di oltre 300 milioni per sei mesi di costi dei servizi del mercato di dispacciamento. Quindi una riduzione netta sulla tariffa per tutti i consumatori, però abbiamo ottenuto questo effetto più o meno a parità di volumi e beneficiando di una differenza dei costi che andiamo a sostenere sul mercato del dispacciamento che è molto favorita dalla overcapacity, perché abbiamo adesso dei costi delle chiamate che facciamo a salire che sono estremamente bassi perché, chiaramente, gli impianti – e probabilmente quelli flessibili, quelli che magari adesso hanno bisogno di input di lungo termine sulla capacità – ci danno oggi come supporto e che, qualora non fossero presenti, noi come sistema registreremmo un aumento dei costi del dispacciamento.

   Sulla struttura dei mercati, favorevoli anche alla proposta di partecipazione sia al mercato del bilanciamento che al futuro mercato della capacità delle fonti rinnovabili, perché no, una volta che gli oneri di bilanciamento sono stati perequati della generazione distribuita e della domanda, e qui pensiamo che la tecnologia possa sicuramente fare molto guardando all’estero.

   Sull’ultimo tema, relazione TSO-DSO, abbiamo visto che anche a livello europeo in questo momento non c’è chiarezza. Quello che vi posso dire è che, comunque, c’è una tendenza a livello di sicurezza e di impegni sul mercato dei servizi di dispacciamento che chiede a noi TSO a livello europeo un maggior coordinamento internazionale, cioè non si può pensare oggi che tra cinque anni, a Bruxelles, se uno vuol sapere se il sistema è sicuro o no debba fare quarantuno telefonate a quarantuno TSO oggi membri dell’organizzazione europea. Quindi, l’Europa ci sta spingendo a creare una solidarietà di sicurezza che va al di à delle nostre responsabilità che noi stiamo cominciando a testare con alcuni paesi importanti (Inghilterra, Francia, Spagna e altri) su alcuni servizi del mercato del dispacciamento che ci scambiamo. Dunque su quello pronti a vedere le soluzioni migliori e a fare la nostra parte.

   L’ultima cosa importante, se entro sei mesi, massimo un anno, Confindustria volesse riprendere lo studio e riprendere le proposte e dire: questa non si è potuta fare per questo motivo, questa ci hanno detto che si poteva fare in maniera diversa, questa l’abbiamo fatta… penso che sarebbe utile in termini di concretezza dell’esercizio. Grazie.

   Massimo Mucchetti (Presidente Commissione Attività Produttive del Senato della Repubblica) – Complimenti per il lavoro che ci è stato presentato è molto interessante e ci sarà utile anche per le incombenze che abbiamo nella Commissione relativamente alla conclusione dell’indagine conoscitiva sui prezzi dell’energia elettrica e del gas come fattore competitivo del sistema economico nazionale.

   Parlare di prezzi e parlare di mercato ci porta a riconsiderare a tanti anni dall’inizio del processo di liberalizzazione del mercato elettrico che tipo di luogo siamo andati a costruire, quali sono le regole che ne presiedono al funzionamento e chi sono i soggetti, come arrivano a collocarsi sul luogo dove si compra e si vende l’energia elettrica. Perché il mercato si realizza nel momento del negoziato dei vari prezzi, ma si realizza anche prima, quando si definiscono le condizioni alle quali i diversi soggetti possono entrare sul mercato. Qui le distorsioni sono state tante, perché la politica italiana – mettendo nella politica in modo improprio, mi perdonerà l’amico Bortoni, anche le Autorità – come dire, ha dato nel corso degli anni dei segnali schizofrenici, nel senso che l’Autorità ha fatto il suo mestiere, la politica ne ha sempre tessuto le lodi, ma poi all’atto pratico ha preso tutta una serie di provvedimenti – dall’antico CIP 6 a quelli sulle fonti rinnovabili, ma anche come sono stati trattati i certificati verdi, ma anche… ma anche, ma anche – che distorcevano, talvolta in modo pesantissimo, le dinamiche del mercato attraverso la politica degli incentivi variamente distribuiti e attraverso anche azioni di politica economica. Questa mattina sul “Sole 24 Ore” leggo che potrebbero essere introdotte delle accise sull’energia per compensare un mancato gettito che viene dalla cancellazione della Robin Tax – non sto in questa sede a discutere quanto sia accorta o quanta non lo sia una misura di questo genere, quanto lo sia magari obbligata – certo è che essa contraddice l’impegno che avevamo preso l’anno scorso col decreto competitività di abbattere i prezzi dell’energia elettrica. Bisognerà vedere anche le misure riferite al 2016 di cosa resta in attività effettivamente nel 2016 di quel provvedimento, la tassa come voi sapete era transitoria e valeva quest’anno ma non dopo, arriva la chiusura dei certificati verdi e il saldo finale bisognerà vedere quale sarà. Approfitto del fatto che abbiamo qui con noi il sottosegretario, professor De Vincenti, con il quale abbiamo lavorato giorno e notte su quel decreto competitività per chiedergli che fine ha fatto la cartolarizzazione dei sussidi alle rinnovabili, che faceva parte della legge che è stata approvata e che doveva avere un abbrivio, previo controllo, da parte del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) sugli impatti sulla contabilità pubblica e pare non sia mai cominciata. Se per caso abbiamo la notizia che finalmente è cominciata e quindi potremmo andare a recuperare un po’ di denari.

   La ricerca. La ricerca tocca alcune delle principali criticità del sistema e ne trascura altre. Certamente gli oneri per il bilanciamento sono un capitolo di rilievo crescente, negli ultimi cinque o sei anni si sono raddoppiati in una dinamica molto marcata, quindi è giusto pensarci. Però, se poi andiamo a vedere le cifre, anche con questa dinamica così pronunciata, rispetto alla generalità degli oneri di sistema componenti la bolletta e qualche altra cosa sparsa, c’è tanta altra “merce” su cui dobbiamo ragionare e che costituisce un impegno per la politica e per il governo. Può non costituire un impegno per la Confindustria, nella quale confluiscono diversi interessi e, quindi, nessuno pretende che in una sede associativa di interessi di parte si faccia un mestiere che toglie le castagne dal fuoco alla politica. Ma la politica dovrà farlo.

   Uno dei nodi cruciali che hanno reso difficile la gestione del mercato elettrico, al di là di alcuni problemi tecnici sui quali dirò qualcosa subito dopo, è schizofrenia che abbiamo noi – mi ci metto dentro anch’io – legislatori e governo, che è anch’esso legislatore, nel considerare da una parte il mercato e la concorrenza e dall’altro la politica industriale, utilizzando – per non cadere sotto la mannaia di Bruxelles (Eurostat, eccetera, eccetera, gli aiuti di stato e così via) – il listino dei prezzi elettrici come strumenti di politica industriale. Che, in qualche caso può avere un senso, laddove si riferisce a interi settori – penso, non so, al mondo della siderurgia in generale o, per avere un riferimento, al mondo degli energivori – ma penso anche a come altri strumenti, per esempio i certificati bianchi, che rischiano di essere un’altra voce in espansione molto marcata e che l’esperienza ci dice che possono diventare strumenti di sussidio “ad aziendam”. Capisco che si possa storcere il naso davanti a questa affermazione, ma, credetemi, il sistema dei controlli deve essere sempre ben oliato in materia, perché la pressione, perfettamente comprensibile, delle parti sociali, degli interessi corporati dell’industria e della politica che se ne fa rappresentanza, rischiano un po’ di distorcere il meccanismo.

   Qui arrivo a fare due o tre osservazioni. Quando si parla del capacity market, si introduce un tema rilevante, moderno, che va bene, purché sia un “market”. Allora: il market è market se non c’è il floor, se c’è il floor è parente del sussidio. Non mi scandalizzo, purché tutto sia chiaro e si ragioni se la cosa ha un senso o no e in che termini. Cioè, non usiamo il mercato per vestire con eleganza l’elemento “sussidio” che nella cultura che alberga anche in queste stanze – nelle nostre non ne parliamo, nelle grandi università – tende ad apparire come una figura che non è stupenda, ma se la vestiamo bene non si vede il brutto. Credo che da questo punto di vista un’operazione verità costante aiuti a prendere le decisioni migliori.

   La proposta sulle modalità di partecipazione al mercato e sulla gestione del dispacciamento fisico, bilanciamento e quant’altro: qui il re della materia è Matteo Del Fante, cioè Terna. Credo che qui ci sia anche un problema di natura industriale da mettere in evidenza. Me lo domando, ma ho fatto filosofia e quindi rischio di dire delle sciocchezze, dunque chiedo perdono prima. Ma se oggi Terna fa il suo lavoro tenendo d’occhio circa un migliaio di produttori di dimensione comunque grande, maggiore degli altri, e – come prima ci ha ricordato Bulgarelli – tra i 600.000 e i 1.000 ce n’è un pezzo più grande che intercetta il mondo delle rinnovabili, quelle di maggiori dimensioni, che dovrebbe essere in qualche misura coinvolto dentro questo gioco. E forse andrà fatta una riflessione anche su come avviene, qual è il ruolo dei soggetti distributori in Italia in una logica di concorrenza e se anche qui non si annidino rendite da monopolio, se vogliamo usare un’espressione un po’ forte.

   Per quanto riguarda poi l’introduzione dell’ultimo punto sul quale volevo dire la mia, quello dei prezzi negativi, penso che sia una cosa da fare, ma penso anche, però, che noi dovremmo avere un mercato che ai prezzi negativi non arriva, ma che funzioni in modo tale da dare dei segnali che siano utili per programmare gli investimenti. Qui dobbiamo intervenire, certamente, in modo tale da dare dei segnali nel medio-lungo periodo, ma anche correggere il MGP, perché il MGP oggi funziona piuttosto male. Grazie.

   Chicco Testa (presidente Assoelettrica) – Anche da parte mia va un ringraziamento a Confindustria per un lavoro che, comunque, trovo molto positivo. Vorrei ringraziare in particolare il professor Baccarello, che credo abbia impegnato molto del suo tempo e sfidato molti nervosismi e molte difficoltà di coordinamento in un documento importante aldilà, naturalmente, delle critiche che, naturalmente, possono essere fatte. Io eviterò di entrare nel dettaglio, perché penso che ci sarà molto tempo per tradurre poi questi principi e queste indicazioni in misure concrete, dove verrà richiamata principalmente l’Autorità dell’energia. Mi piacerebbe aprire una discussione con il mio amico ingegner Bortoni, presidente dell’Autorità su questa distinzione che lui ha fatto tra concorrenza utile e concorrenza disutile, a prescindere, perché penso che alla fine non è che la concorrenza non fa danni, ma fa danni molto minori di quella che fa certa politica industriale a cui ha fatto riferimento adesso Massimo Mucchetti. Per esempio – ed è il primo punto che ricordo per la storia – noi stiamo parlando di market assessment, di come assestare il nostro mercato, bene: squinzi ha fatto un’introduzione molto importante dove ha ricordato alcuni passaggi della storia industriale italiana partendo da Bersani. Bersani ha reso contendibile circa l’80% del mercato elettrico italiano, oggi il mercato elettrico contendibile è inferiore al 50%, in termini volumetrici e in termini monetari. Quindi corriamo il rischio di fare l’assestamento del mercato su una roba che non c’è quasi più e se continuiamo con un certo tipo di misure ce ne sarà sempre di meno.

   Confindustria sceglie una linea precisa che io condivido completamente e che penso sia il futuro anche della collaborazione tra i diversi pezzi che compongono il sistema elettrico italiano: termoelettrico (con tutte le specificità diverse del termoelettrico), rinnovabili (con tutte le diversità che contraddistinguono le rinnovabili, perché ci sono quelle intermittenti e quelle non intermittenti), distribuzione in alta tensione e rete di distribuzione in bassa e media tensione, eccetera… tutte devono convergere verso criteri di mercato. Devono essere scelte ed essere remunerate secondo la loro efficacia economica, ivi comprese le esternalità ambientali, che devono essere considerate anch’esse, ma in maniera efficiente. Io credo che se noi ci fossimo posti dieci anni fa l’obiettivo, non di sviluppare quella o quell’altra fonte, ma di ridurre la quantità di CO² prodotta in Italia, avremmo potuto ottenere lo stesso obiettivo con somme infinitamente inferiori ai 12-15 miliardi di incentivi che oggi ci costa l’intero sistema e, soprattutto, senza introdurre una distorsione nel sistema elettrico italiano due cicli di investimenti, il primo orientato da Bersani per avere impianti sempre più competitivi, il secondo orientato dalle leggi di incentivazione che oggi ci pesano enormemente e che – mi dispiace è una sofferenza quasi fisica perché ho passato quasi quindici anni a parlare di C6 vedendo le gobbe del C6 che finalmente andavano diminuendo e adesso invece abbiamo una gobba di C6 che ci porteremo appresso per i prossimi quindici anni – soprattutto, stordisce, piega, inficia, inquina le regole di una normale competizione tra diverse fonti.

   È chiaro che la convergenza è la nostra direzione e per fare questo dobbiamo anche avere consapevolezza delle dimensioni reali del sistema. C’è sovraccapacità? Certamente c’è sovraccapacità, però io vi invito a riflettere su quello che è successo il mese di luglio. Il mese di luglio è sicuramente eccezionale, ma nel mese di luglio distribuire energia elettrica è normale, cioè, non è che possiamo dire il giorno che restiamo senza luce: vabbè, ma è stato un evento eccezionale, perché ci rendiamo conto quando succede, una volta ogni quindici o venti anni, cosa significa un evento eccezionale. La “luce” – come si diceva una volta nelle famiglie italiane – la dobbiamo garantire 365 giorni all’anno e 366 nei bisestili, 24 ore al giorno. È successa una concomitanza di fatti molto particolari ma anche molto ordinari: una forte domanda di energia elettrica, dovuta alla elevata temperatura e forse anche a qualche segnale di ripresa economica, siccità (per cui scarsa produzione di idroelettrico) e scarsissima ventosità, molto più bassa rispetto al luglio dell’anno scorso. Tutto questo fa sì che, quando alle sei sette di sera si abbassa lentamente e poi viene a mancare completamente il contributo del fotovoltaico, la domanda rimane attestata intorno ai 50.000 MW in alcuni giorni di luglio fino alle undici di sera. Allora, se pigliamo i 75.000 MW di potenza termica e togliamo gli 11.000 che ENEL ha già voluto chiudere, togliamo la riserva, togliamo una indisponibilità dovuta alle manutenzioni, non dico che non c’è sovraccapacità, c’è sovraccapacità, ma non è che siamo in numeri spettacolarmente fuori, e se non ci fossero stati – come ricordava adesso Del Fante – quegli impianti con quella flessibilità in quelle ore notturne, quando la rampa scende tra le quattro del pomeriggio e le sette di sera accelera completamente, beh, avremmo affrontato discrete difficoltà. Quindi questo è il secondo elemento di riflessione.

   Terzo, le fonti di produzione distribuite. Credo che sia una grande area di lavoro, di ricerca di Bortoni mi diceva che ha una batteria molto bella da tenersi in casa della Tesla, gli ho chiesto quanto immagazzinava e lui mi ha risposto dieci kWh: allora, prima che noi arriviamo a pensare di stoccare l’energia sufficiente a far funzionare, non dico la FIAT – una volta si diceva la FIAT – ma almeno un palazzo di uffici di venti o trenta piani, penso che ci vorrà un bel po’ di tempo. Quindi non dobbiamo innamorarci degli slogan e dei nostri sogni e fare i conti con il fattore tempo e con la realtà, anche perché: l’energia distribuita certamente, ma le isole di produzione? Siamo sicuri di voler rinunciare alla sicurezza e alla forza della rete? Soprattutto da una rete che, sempre più influenzata da robuste immissioni di information technology, potrà diventare sempre più intelligente e che io vedo come un inevitabile back-up di tutto il nostro sistema. Questa connessione fondamentale, come ci hanno insegnato anche altri: tutti cercano la connessione, di fare rete, di supportarsi l’uno con l’altro. Beh, adesso questa rete uno la deve mantenere e io contesto che la si debba mantenere sulla base del quanto la si utilizza, ritengo che la si debba mantenere sulla base di quanta capacità si chiede a questa rete. Se io chiedo a Terna di lasciarmi disponibile 10 MW 365 giorni all’anno poi, però, non è che posso pagargli solo quel giorno che utilizzo perché non ho avuto bisogno nei rimanenti 364 giorni, no, ne ho bisogno perché altrimenti il mio sistema non sta in piedi. Ho denunciato più volte questo fenomeno e chiedo alle Autorità di governo e a quella dell’energia di fermare il fenomeno della fuga del denominatore: perché al numeratore abbiamo oneri di sistema crescenti, al denominatore c’è la base imponibile che dovrebbe essere il kWh, ma tutti accampano scuse più o meno intelligenti per esimersi dal pagamento degli oneri di sistema. Ma in questo modo noi affossiamo il sistema elettrico italiano. Grazie.

   Agostino Conte (rappresentante consumatori Confindustria) – In questo studio noi ci battiamo per la completa integrazione delle diverse fonti, il bilanciamento deve essere un obbligo degli operatori, i mercati devono garantire gli strumenti per il bilanciamento, l’attività del TSO – contro il quale non abbiamo nulla – oggi rappresenta il 10% del prezzo in MGP, si tratta di un’anomalia mondiale, a prescindere dalla Germania.

   Guido Bortoni (Presidente Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico) – Trenta secondi per rispondere al mio amico Agostino Conte. Sul bilanciamento degli operatori sulle rinnovabili, in verità, io devo svelare una cosa: certamente noi – un po’ in politichese – abbiamo detto che l’onere di sbilanciamento – e lo vogliamo fare il prima possibile, appena la giustizia amministrativa ce lo concede o arriva il Balancing Code europeo, come ho citato prima – andremo a un bilanciamento neutrale dal punto di vista tecnologico, cioè non si dovrà più capire la fonte, quindi, Bruseschi l’ha chiamata “omogeneità”, non discriminazione. Sul 10% del pubblico, anche qui – io forse sono stato un po’ troppo democristiano – però, il nostro corrispettivo di dispacciamento si compone di tante voci (l’essenzialità, gli interrompibili, gli interconnessi, il capacity payments), allora dobbiamo veramente mettere a posto le tessere e definire dove può essere ottimizzata questa articolazione di corrispettivi. Non dico che l’essenzialità debba rimanere a due euro e mezzo, deve andare giù. C’è stato il senatore Mucchetti che in Senato l’anno scorso ha tamponato la situazione in Sicilia, adesso la situazione in Sicilia – spero che Del Fante dirà qualcosa – l’anno prossimo sarà risolta dal punto di vista fisico, non tanto dalle norme. Quindi tutta una serie di cose che devono attaccare ogni corrispettivo di quella pila che citavo.

   Quello che volevo dire e che non ho detto prima – ma che mi sembra da più parti sia stato affermato, in primis dal presidente Squinzi – è che noi abbiamo diverse cose in fieri, diversi cantieri di riforma: il dispacciamento, mentre il capacity market spero sia finito (resta solo da “toglierli il velo”). Quindi quello che io propongo è che questo bello studio sia introdotto… quindi apriamo le porte dei nostri cantieri di riforma, tutto sommato noi lo abbiamo fatto nel 2003. Vi ricordate? Nel 2003 facemmo il famoso – o ”famigerato”, non lo so – Sistema Italia 2003, e là non c’era niente, siamo passati dalla notte al giorno… però serve molto di meno per fare una cosa a sistema ancora di quel tipo, io candido l’Autorità ad ospitare… apriamo le porte ai nostri cantieri su cui stiamo lavorando anche al contributo degli stake holder, mi piacerebbe che venisse anche il Ministero per lo Sviluppo economico: facciamo una volta a testa, nel 2003 lo ha fatto il governo, nel 2015 lo faccio io e avviamo una riforma di sistema che deve partire dallo studio di Confindustria e dai lavori che stiamo facendo noi da qualche tempo.

CONCLUSIONI

   Claudio De Vincenti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) – Prima di tutto molte grazie per l’invito alla presentazione dello studio di Confindustria e di Pöyri sulla riforma del mercato elettrico. È uno studio importante, lo hanno rilevato anche i precedenti interventi, lo è sia sul piano delle analisi sia sulle proposte che contiene e su cui già il ministro Federica Guidi ha segnalato il forte interesse del governo e sul fatto che, in qualche modo, sono proposte che fanno parte della discussione e della elaborazione in corso, anche all’interno del governo. Quindi sarà molto utile e importante poter interagire con voi per poter mettere a punto meglio le linee di riforma su cui il governo sta lavorando, l’Autorità per l’energia, naturalmente, a sua volta sta lavorando e il confronto con voi sarà già di per sé utile, ma ancora più utile dopo questo studio.

   Io non farò le conclusioni come è scritto qui perché è impensabile che io posa concludere un dibattito di cui ho ascoltato credo non più di un decimo, per cui voi mi perdonerete. Farò un intervento cercando di non ripetere quanto già il ministro Guidi ha detto e che rappresenta perfettamente la posizione del governo, ma di aggiungere qualche ulteriore riflessione. In particolare voi mi consentirete di non soffermarmi su indiscrezioni che ho letto oggi sui giornali, le ha citate anche prima il presidente Mucchetti. Onestamente, nella mia esperienza di governo tutto ciò che esce prima che un provvedimento di legge sia varato in genere è destituito di ogni fondamento, nel senso che invito caldamente tutti quanti, in particolare i giornalisti (che fanno il loro mestiere), a tenere nel conto che poi si rimane drammaticamente spiazzati da quello che esce fuori rispetto a quello che si è riusciti a immaginare o di cui si sono sentiti dei commenti da qualche parte, più o meno affidabili. Nella mia esperienza di governo, nei provvedimenti che ho avuto modo di seguire in prima persona, devo dire che, in genere, ciò che poi usciva dal Consiglio dei Ministri c’entrava veramente poco con tutto quello che si era detto e sentito nelle settimane precedenti nei giornali. Sconsiglio vivamente di lanciarsi in imprudenti tentativi di indiscrezioni, perché si resta molto scottati. Io ormai colleziono le “toppate” dei giornali, ne posseggo un elenco infinito ed è divertentissimo. Sarebbe carino, prima o poi, tirarle fuori queste cose. Naturalmente poi non è colpa dei giornali e dei giornalisti, ma anche delle fonti che distorcono le informazioni o di chi non sa che il lavoro è un lavoro lungo e complesso che porta all’elaborazione dei disegni di legge. Allora, consentitemi di prescindere da tutto ciò, che non ha alcun rilievo e di soffermarmi sul grande rilievo dello studio e delle proposte che avete portato oggi.

   Allora, per non ripetere cose che in tanti hanno detto e che ho già sentito in interventi che ho potuto sentire, che certamente possono aggiungere qualcosa di contorno a quello che il ministro Guidi ha già presentato stamane, io farei un brevissimo, spero non noioso, come dire, confronto fra due fotografie a distanza di quasi vent’anni l’una dall’altra. La fotografia del disegno del settore elettrico e del mercato come è emerso dal decreto Bersani del 1999 e come poi è andato configurandosi nell’applicazione del decreto negli anni subito successivi e la situazione che abbiamo di fronte oggi. Il disegno di Bersani partiva da un assunto fondamentale che io ritengo validissimo e che è la spina dorsale dello sviluppo del settore elettrico e della sua capacità di essere al servizio dei bisogni dei cittadini e delle imprese italiane. Questo perno di costruzione era l’unbundling della rete rispetto alle attività di generazione e vendita, il ruolo dell’Autorità dell’energia nel regolare prezzi e condizioni di accesso alla rete e nel disegnare le regole che miglioravano il funzionamento della concorrenza su generazione e vendita, e io credo che questo sia qualcosa che ha valore permanente. Questo è ciò che ci porteremo appresso, non voglio dire per sempre perché il termine “sempre” non esiste in economia e nella storia umana, però che tuttora è il perno su cui si deve reggere il sistema.

   Poi c’è un disegno del mercato, che era molto interessante e che era chiaramente legato alla struttura dell’offerta e della domanda dell’epoca, in particolare alla prevalenza delle fonti di produzione di energia di tipo programmabile: il termoelettrico nei suoi vari tipi e lo stesso idroelettrico, fonte rinnovabile ma programmabile. Da cui il disegno centrato sul MGP e poi sul mercato infra-giornaliero, di bilanciamento, di dispacciamento, eccetera, dove il MGP era il perno chiave del sistema. Infatti, a lungo è stato il mercato dove si sono svolte la maggioranza delle transazioni, dove si formavano i prezzi, e si formavano i prezzi proprio in un contesto concorrenziale. Casomai, il ruolo che bisognava svolgere, in parte a livello normativo e in parte a livello regolatorio dall’Autorità, era appunto quello di far dipanare la concorrenza, fare in modo che la posizione dominante inizialmente ereditata via via venisse sfidata da concorrenti. Qui è stato molto importante un passaggio che è avvenuto qualche anno dopo, quando si è avuto l’unbundling definitivo, completo dell’operatore di rete rispetto ad ENEL, ricongiungendo il gestore della rete di trasmissione nazionale con la società di rete. Perché questo è stato un passaggio di rete che ha consentito di rimuovere una serie di strozzature che separavano le macroaree nel nostro Paese e anche di avviare una interconnessione con l’estero, di cui il black-out del 2003 rappresentò un evidente segnale di carenza di interconnessione. E qui son partiti poi tutti gli investimenti importanti sostenuti dall’azione dell’Autorità, investimenti che Terna ha fatto sulla rete.

   Ancora in corso, si è ricordato prima, il problema della connessione siciliana (la sorgente Rizziconi) ma, insomma, sono ormai relativamente pochi i “colli di bottiglia” e tutti in via di superamento.

   Grande successo di questa riforma, per anni abbiamo assistito a una discesa dei prezzi. Io ricordo che quando facevo le statistiche sui prezzi delle utilities immancabilmente c’erano – ed era inevitabile che fosse così – elettricità, gas e telecomunicazioni che scendevano e acqua, rifiuti e trasporti che salivano (era inevitabile, perché questi secondo erano largamente sussidiati, ma l’apporto che davano i primi era fondamentale), ma complessivamente, il basket tariffe scendeva. Per anni è sceso grazie a questa grande conquista della riforma, prima Bersani poi Letta, sul gas e poi della riforma delle telecomunicazioni.

   Oggi siamo di fronte a una situazione che è molto cambiata, è molto cambiata per fortuna non nell’assetto chiave – lo ripeto: è un valore che ci portiamo dietro e su cui facciamo leva per il futuro, cioè l’unbundling della rete, la concorrenza in generazione e vendita, il ruolo dell’Autorità nel promuovere i mercati e nel regolare la concorrenza – ma è molto cambiato nell’assetto dell’offerta e della domanda. In particolare, la domanda ha sofferto gravemente della crisi, però, anche di un impulso dato sia dall’Autorità sia dai provvedimenti governativi all’efficienza energetica (abbiamo ridotto in modo consistente l’incidenza per unità di Pil del consumo di energia), e se guardiamo al futuro noi dobbiamo pensare che la crisi la superiamo – e per fortuna i segnali ormai ci sono – m l’efficienza energetica è un altro dei temi su cui dobbiamo approfondire. Questo significa che, combinato con lo sviluppo tumultuoso delle rinnovabili negli anni passati e col profilo di sviluppo che alle rinnovabili vogliamo dare anche nei prossimi anni, abbiamo quella che tutti sappiamo, la sovraccapacità del settore termoelettrico. Io ritengo che questa sovraccapacità non è riassorbibile, se non con una razionale, guidata, gestita riduzione della capacità e concentrazione della capacità del termoelettrico su quegli impianti che garantiscono riserva e flessibilità al sistema, ed è questa la direzione verso la quale dobbiamo cominciare a muoverci.

   Dall’altra abbiamo fonti rinnovabili cha hanno avuto uno sviluppo tumultuoso per un evidente sovradimensionamento degli incentivi, questo è un errore della politica compiuto in particolare negli anni tra il 2008 e il 2011, rispetto a cui lo sapete tutti cosa abbiamo fatto, abbiamo cercato di rientrare e di ricondurre gli incentivi in linea con i costi. Continuiamo ad andare in questa direzione, adesso si sta varando il nuovo decreto legge sulle rinnovabili, si prosegue su un percorso: il fotovoltaico ormai lo consideriamo fuori dagli incentivi e, casomai, va incoraggiato attraverso l’integrazione nel mercato degli strumenti di regolazione che ne favoriscano l’ulteriore sviluppo, le atre fonti rinnovabili hanno ancora bisogno di incentivi, ma l’operazione che abbiamo fatto è gli incentivi che vanno verso i costi.

   Ora, però, qual è il problema al quale abbiamo assistito e di fronte al quale ci troviamo, che nello studio viene messo abbondantemente in luce, è che oggi il mercato si presenta con operatori molto diversi e fatica a rispondere all’esigenza di far incontrare domanda e offerta e prezzi più efficienti. Per un verso abbiamo operatori che entrano sul mercato, come dire, per priorità (fonti rinnovabili, eccetera), questo mette in qualche modo, ed è singolare, sarebbe eccessivo dire ai margini, però certamente in posizione di difficoltà minoritaria sul mercato il termoelettrico. Questo determina che sul MGP il termoelettrico abbia marginalità negativa, che se la vada a riconquistare sul MSD – e certe volte se la riconquista in modi non tanto simpatici, sfruttando posizioni di rendita o creando artificiosamente posizioni di potere di mercato che gli consentono di recuperare margini – permanendo in una situazione di sovraccapacità e quindi poi, alla fine, nei limiti in cui riescono complessivamente a tenersi più o meno in equilibrio, però oggi si trovano su una parte della curva del costo medio che implica costi medi più alti di quelli che avrebbero se fossero a pieno utilizzo e, quindi, anche con prezzi più alti. Poi vediamo le voci della bolletta: il prezzo all’ingrosso è sceso molto grazie anche alla discesa del prezzo del gas; dopodiché abbiamo gli oneri di rete e, infine. Le voci varie e le rinnovabili, che ancora – lo ricordava Chicco Testa – è ancora una parte molto rilevante di questo “castelletto”, il profilo è comunque un profilo di decrescenza molto graduale.

  Risultato, una parte molto significativa dell’offerta entra sul mercato senza partecipare realmente al building del mercato, alla concorrenza, e un’altra parte soffre di un mercato a quel punto asfittico sul MGP e il tentativo di andarsi a trovare degli spazi di altro tipo. Quindi il disegno del mercato come noi lo abbiamo ereditato dalla riforma di fine anni Novanta è entrato in sofferenza e da ormai segnali distorsivi di prezzo che sollevano anche interrogativi sul futuro: come saremo in grado un domani di garantire che effettivamente, per un verso le rinnovabili finalmente si misurino con il mercato e non siano sottratte al mercato, e dall’altra come garantire però – nei limiti in cui la non programmabilità resta in piedi, o comunque nei limiti in cui rimane un problema di riserva di capacità di cui abbiamo bisogno – il termoelettrico svolga la sua funzione. Gli interrogatovi esistono, perché oggi il mercato europeo oggi non ci garantisce né l’una né l’altra cosa, quindi abbiamo bisogno di una riforma del mercato. Il vostro studio fornisce dei contributi molto importanti, ne richiamo tre sui quali anche noi come governo e, in particolare il Ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando: il primo tema che ponete con molta forza è quello dell’integrazione delle rinnovabili a pieno titolo all’interno del mercato, il che significa anche, via via, iniziare a porci il problema di rinnovabili che si reggono sul mercato, quindi in prospettiva uscire dagli incentivi. In qualche modo se dovessimo riuscire a far questo, in una prospettiva storica succederebbe quello che, spesso, nella storia del mondo è successo, cioè un settore che si è sviluppato “aiutato” ha poi camminato con le proprie gambe. Noi dobbiamo arrivare a farlo camminare con le proprie gambe e a far sì che sia il mercato a dargli lui i segnali di prezzo. Necessari a farlo camminare con le sue gambe. Quindi nell’integrazione che è al centro della vostra proposta di integrazione delle rinnovabili giocano un ruolo importantissimi gli operatori di rete, sia Terna sia la distribuzione; tutto il tema delle reti intelligenti, qui la regolazione da parte dell’Autorità è chiamata a svolgere un ruolo molto importante nel favorire un ruolo intelligente delle reti, che quindi sia in grado poi di ridurre gli effetti della non programmabilità. E questo è un primo grande capitolo che voi affrontate su cui dovremo sviluppare il nostro confronto.

   C’è un secondo capitolo importante che è quello del mercato della capacità. Io credo che la linea su cui abbiamo preso a muoverci, l’Autorità e il governo, di costruire un mercato della capacità che dia dei segnali di prezzo di lungo termine, che siano dei segnali di prezzo riguardo alla esigenza per il buon funzionamento, efficiente, dei mercati, della presenza di capacità di riserva e di capacità flessibilità, io credo che questa sia una direzione di marcia che abbiamo preso importante. L’intenzione è anche qui quella di valorizzare il ruolo del mercato: segnali di prezzo e non sussidi, che aiutino tutto il settore del termoelettrico a cominciare a selezionare esso stesso ogni impresa che possa ragionare su quali sono gli impianti che meritano di andare avanti, che hanno un futuro, e quali sono gli impianti che sono stati superati dal corso dello sviluppo del settore.

   Il terzo tema che voi ponete, e su cui pure dobbiamo sviluppare il confronto, è la combinazione di un mercato a pronti che riesca a formare i prezzi in tempo reale – so che Terna e GME stanno lavorando su questo tema, che ritengo molto importante e che potrebbe contribuire a ridurre le aree di vendita – e contemporaneamente, voi parlate di uno sviluppo di contratti a lungo termine. Questa può essere una strada molto utile, combinata con le altre, in particolare con l’integrazione delle rinnovabili all’interno del sistema, per dare segnali di prezzo proprio alle rinnovabili. Cioè, laddove il costo fisso è così importante rispetto al costo variabile – come nel caso delle rinnovabili – io devo ragionare in una logica di costo medio dato dalla combinazione di fisso e variabile su un orizzonte lungo, e allora, in un mondo di contratti a lungo termine, posso ricevere dai contratti, cioè dal mercato stesso, i segnali di prezzo che mi rendono conveniente sopportare quel costo fisso.

   Mi fermo qui. Gli spunti che ci avete dato sono importanti e vi garantisco che il Ministero dello Sviluppo economico sta lavorando su questo, che l’Autorità sta lavorando su questo, che i soggetti come Terna, GME e GSE stanno ragionando su queste cose e credo che ci attenda un gran lavoro da fare nel confronto reciproco, servirà molto a rendere più efficiente, più economico e più dinamico il mercato. Grazie a tutti.

Condividi: