TERRORISMO, Islamic State.L’attacco turco ai curdi rallenta il contrasto dei jihadisti eredi del “califfato”

Gli attacchi aerei sferrati dalla Turchia contro le formazioni delle Forze democratiche siriane (Sdf, in buona parte costituite da elementi curdi delle Unità di protezione del popolo curdo – Ypg), che Ankara considera filiazione del Pkk), unitamente alla minaccia ventilata da Recep Tayyip Erdoğan di procedere a un’altra incursione militare nella fascia profonda trenta chilometri che si estende lungo l’intera frontiera siro-turca fino al fiume Eufrate, ha provocato l’effetto di distrarre le forze curde dal contrasto delle residue formazioni di Islamic State (IS). L’allarme è stato lanciato ieri dal comandante delle Sdf, Mazloum Abdi, che opera al fianco della coalizione internazionale, che ha parlato di una «sospensione delle attività di contrasto». La notizia è stata indirettamente (ma sostanzialmente) confermata dal Pentagono per bocca del generale Patrick Ryder, che ha reso nota la riduzione dei pattugliamenti congiunti con i curdi delle unità statunitensi. In ogni caso «non abbiamo rischierato nessuno dei nostri militari né ridotto il nostro dispositivo – ha aggiunto l’alto ufficiale statunitense -, dunque continuiamo a rimanere molto concentrati nel contrasto della minaccia jihadista». Le forze armate americane collaborano con le SDF da alcuni anni, attualmente, tra forze speciali e convenzionali, risultano schierati in Siria novecento soldati statunitensi. Il Pentagono ha espresso preoccupazione riguardo alle «azioni in aumento» da parte turca, sottolineando che gli attacchi aerei ordinati da Erdoğan «minacciano direttamente la sicurezza del personale statunitense che opera in Siria con gli alleati locali per sconfiggere Islamic State e mantenere in stato di custodia più di diecimila miliziani del sedicente califfato fatti prigionieri».

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