La Corte di Giustizia europea nella propria sentenza emessa oggi ha definito «contraria al Diritto dell’Unione» la riforma della Giustizia varata nel 2019 dal governo polacco, in seguito contestata dall’Unione europea, che si era rivolta al tribunale comunitario che ha la sua sede al Lussemburgo motivando il suo ricorso con la «limitazione dell’indipendenza della magistratura» del nuovo impianto normativo di Varsavia, che poneva in discussione la divisione dei poteri dello Stato. La replica del ministro della Giustizia polacco alla sentenza è stata oltremodo dura: «La Corte UE è corrotta. Si tratta di una sentenza dettata da uomini politici piuttosto che da giudici», ha egli affermato. La lunga controversia tra le Istituzioni comunitarie e il Governo polacco guidato dal partito della destra radicale Diritto e Giustizia proseguirà ancora, dunque. Un governo contestato nelle piazze della capitale da migliaia di manifestanti proprio per la sua stretta liberticida in materia di Giustizia, che rinviene una sua ulteriore deriva nella controversa legge sulla sanzione dei «collaboratori della Russia», un tema scottante che si presta quale strumento per colpire l’opposizione politica dell’esecutivo in carica. Un tema divisivo che si va ad aggiungere a quelli dell’inflazione e dei diritti delle donne.
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