Doha, 25 aprile 2025 – La firma apposta mercoledì scorso sulla dichiarazione congiunta dai rappresentanti della Repubblica Democratica del Congo e il movimento ribelle AFC/M23, evento che ha avuto luogo grazie alla mediazione del Qatar, ad avviso di alcuni osservatori della crisi nella regione africana susciterebbe caute speranze. Infatti, il testo sottoscritto prevede una tregua propedeutica a un successivo (possibile) vero e proprio cessate il fuoco, oltre alla cessazione della propaganda d’odio e un appello all’impegno della comunità per la pace. Tuttavia, un grande ostacolo alla pace viene posto dalla presenza di gruppi armati non firmatari, in particolare le milizie Wazalendo, attive in alcune zone del Nord e del Sud Kivu, la cui posizione riguardo all’iniziativa di Doha permane poco chiara, dunque, qualsiasi azione ostile da loro posta in essere potrebbe far naufragare il fragile embrione di processo di pace in atto. Atro elemento delicato va ricondotto alla necessità che entrambe le parti assumano misure concrete al fine di disinnescare le tensioni, il che implica la creazione di un clima di fiducia e la cessazione delle attività provocatorie, dei movimenti militari e qualsiasi altro atto in grado di rialimentare lo scontro armato, poiché in un contesto a tal punto instabile il minimo incidente potrebbe causare il fallimento dei negoziati. Una terza problematica è di natura diplomatica e riguarda il coordinamento degli sforzi di mediazione, dato che si ritiene essenziale armonizzare gli impegni assunti a Doha con quelli presi nel quadro dell’Unione Africana, in particolare tramite il presidente togolese Faure Gnassingbé. Una sinergia tra queste iniziative eviterebbe contraddizioni o duplicazioni nocive all’uscita dalla crisi.