CAUCASO, Nagorno-Karabakh. È tregua, ma gli azeri vincono sul campo sullo sfondo di una Russia indebolita

La tregua: ieri Baku ha interrotto le ostilità dopo aver concordato il cessate il fuoco con i rappresentanti dei residenti dell’enclave armena, tuttavia permane elevata la tensione. Fuga dei civili dalle zone interessate dai combattimenti e spari segnalati anche nella capitale Stepanakert, questo mentre era in corso il negoziato nella città azera di Yevlakh. La delegazione armena era guidata da Artur Harutyunyan, quella dell’Azerbaigian dal parlamentare Ramin Mamedov, presenti inoltre al tavolo delle trattative anche i «mediatori» russi, delegazione giunta da Mosca su disposizione di Vladimir Putin. Il Cremlino mantiene nella regione del Caucaso meridionale contesa tra armeni e azeri quasi duemila militari, contingente schierato lungo la linea di contatto e il corridoio Lachin in virtù dall’accordo trilaterale azero-armeno-russo stipulato nel novembre del 2020. A causa dei bombardamenti effettuati dalle forze armate azere in meno di due giorni sono morte almeno duecento persone, mentre più di quattrocento sono rimaste ferite. Tra i deceduti figurano anche dieci civili, cinque erano bambini, gli altri erano tutti militari. Sempre nella giornata di ieri, nei pressi del villaggio di Dzhanyatag un veicolo che trasportava dei soldati russi è stata attaccata con armi da fuoco e alcuni militari sono rimasti uccisi. In seguito il presidente azero lham Aliev ha contattato telefonicamente Putin per scusarsi e si è offerto di fornire assistenza finanziaria alle famiglie delle vittime, sottolineando come l’incidente sia «già oggetto di un’indagine». Aliev ha quindi giustificato l’operazione militare delle sue forze armate, che ha definito «antiterroristica», assicurando che l’Azerbaigian è interessato a «una più ampia normalizzazione con l’Armenia», confermando però il rifiuto della mediazione internazionale.

Condividi: