ESTERI, Taiwan e le armi americane. Alle Nazioni Unite la Casa Bianca non affronta il problema

Nel corso dell’ottantesima Sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha luogo al Palazzo di Vetro di New York sono intervenuti tutti i principali leader mondiali. In un contesto caratterizzato da una profonda crisi di liquidità, causata anche dai mancati contributi al bilancio Onu da parte degli Stati Uniti d’America, il primo a parlare, dopo il segretario generale e la presidente dell'Assemblea Generale, è stato il presidente brasiliano, Ignácio Lula da Silva, seguito da quello statunitense, Donald Trump, in qualità di capo dello Stato ospitante i lavori. Oltre alle critiche rivolte all’Onu medesima, egli ha altresì lasciato fuori dal suo discorso lo scomodo tema delle relazioni tra Washington e Taipei, sulla scorta delle recenti posizioni assunte dall’amministrazione americana riguardo alle cessioni di armi a quest’ultima

New York, 26 settembre 2025; a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano e membro del Direttorio della NATO Defense College Foundation – Nel suo primo discorso all’Onu del suo secondo mandato alla Casa Bianca, Donald Trump ha duramente criticato le Nazioni Unite, soprattutto per non essere riuscite a ottenere la pace, sostenendo inoltre che esse incoraggerebbero l’immigrazione clandestina.

LE «PAROLE VUOTE» DI TRUMP ALL’ONU

Non solo, poiché le ha anche accusate di «fomentare un assalto ai paesi occidentali attraverso l’immigrazione», che a suo avviso stanno dirigendosi «verso l’inferno». Trump ha utilizzato l’importante forum allo scopo di denunciare gli sforzi per la riduzione del riscaldamento globale, definendo le preoccupazioni relative ai mutamenti climatici come «la più grande truffa mai perpetrata al mondo». Egli ha quindi posto retoricamente il quesito relativo allo scopo dell’esistenza delle Nazioni Unite, fornendo a esso una risposta: «Sembra che tutto ciò che facciano sia scrivere una lettera dai toni molto forti. Parole vuote, ma le parole vuote non risolvono le guerre».

TAIWAN LA ESCLUSA

Come noto la Repubblica di Cina Taiwan è esclusa dalle Nazioni unite per il veto posto dalla Repubblica Popolare Cinese, che la rivendica quale propria provincia. In questi giorni la possibile sospensione da parte del presidente americano Trump dei quattrocento milioni di dollari di aiuti militari a Taipei ha alimentato i timori che si stia usando quel sostegno statunitense allo scopo di negoziare con la Cina Popolare. Come riportato venerdì dal quotidiano “The Washington Post”, la sospensione da parte americana delle forniture di armi, qualora confermata, includerebbe munizionamento e droni. Essa potrebbe comunque ancora venire revocata. La telefonata fra Donald Trump e Xi Jinping di venerdì scorso, fatta nel bel mezzo dello sforzo americano nel negoziato sull’accordo commerciale con Pechino, ha fornito l’occasione a Trump di dichiarare di avere compiuto «progressi» su questioni quali il commercio, il fentanyl e TikTok.

LA TELEFONATA FRA TRUMP E XI JINPING

I due presidenti hanno concordato di incontrarsi in Corea nel mese di ottobre e, successivamente, nel 2026, probabilmente nella Cina Popolare, tuttavia, gli analisti hanno evidenziato coome i rispettivi resoconti della stessa telefonata non menzionavano Taiwan, questione che riveste maggiore delicatezza per Pechino nel complesso delle sue relazioni estere, in particolare con gli Stati Uniti d’America. Il Partito comunista cinese (PCC) prevede di annettere l’isola e renderla così territorio della Repubblica Popolare, anche con la forza militare qualora necessario. Opzione che, ovviamente, viene fermamente respinta da Taipei, questo mentre lo stallo negoziale ha avuto quale conseguenza una concentrazione di armi e militari su entrambe le sponde dello Stretto.

TENSIONE SU ENTRAMBE LE SPONDE DELLO STRETTO

«Per evitare la guerra e difendere la pace dobbiamo sviluppare capacità di difesa e resilienza sociale attraverso una preparazione continua», ha sostenuto sabato scorso il presidente taiwanese Lai Ching-te. Durante il primo mandato presidenziale di Donald Trump le cessioni di sistemi d’arma a Taiwan hanno superato il valore di dieci miliardi di dollari, un fatto che non si verificava dagli anni Novanta. A partire dal 2022 i presidenti statunitensi hanno ottenuto l’approvazione del Congresso per inviare fino a un miliardo di dollari di scorte di armi americane a Taiwan e all’Ucraina, ma ora Trump ha raffreddato significativamente le relazioni con Taipei. Egli ha messo in dubbio il valore del sostegno americano all’isola cinese, giungendo a ipotizzare che questa dovrebbe «pagare per la protezione», disdegnando il meccanismo di aiuti alla sicurezza a favore di effettive commercializzazioni.

VOLETE LE ARMI? PAGATEVELE!

Conseguentemente Taiwan ha incrementato gli stanziamenti per la difesa nel proprio bilancio ponendosi l’obiettivo di raggiungere il 5% del prodotto interno lordo entro il 2030. La notizia della sospensione è stata inaspettata e si è rapidamente diffusa nel corso dell’esposizione annuale della Difesa a Taipei, che ha avuto luogo lo scorso giovedì, evento durante il quale le principali industrie di armamenti espongono le più recenti novità delle loro produzioni.  Il governo di Taipei non ha confermato né smentito la notizia, dichiarando soltanto che gli Stati Uniti “«ostengono da tempo la Repubblica di Cina Taiwan nel rafforzamento delle sue capacità difensive». William Yang, analista della situazone nell’Asia nordorientale, sostiene al riguardo che la pausa delle forniture, più che un segnale di abbandono va probabilmente ricondotta «a una modalità utile a Trump di porre Taiwan in secondo piano», al fine di potersi concentrare sull’ottenimento del migliore accordo possibile con Pechino, con il rischio, però, che che Pechino sfrutti questa lacuna decisionale».

LA SCALTRA POLITICA DELLA CASA BIANCA

C’è chi ritiene che l’esito della telefonata tra Trump e Xi abbia segnato un punto a favore di Pechino, che scommetterebbe su risultati con un alto tasso di popolarità e un basso livello di media. Come le azioni simboliche sul fentanyl, che verranno scambiate per un alleggerimento sia dei dazi che dei controlli tecnologici su Taiwan. Inoltre, c’è anche chi afferma che la Cina Popolare avrebbe sfruttato l’impegno dei leader proprio allo scopo di ottenere ulteriori garanzie su Taiwan, ma, è stato lasciato intendere che il sostegno americano a Taipei, nei fatti, permarrà. Dunque, è molto probabile che le vendite di armi e le altre attività di sostegno all’Isola riprenderanno dopo la visita del presidente statunitense in Cina, prevista per il prossimo anno.

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