VATICANO, ambiente e mutamenti climatici. Le Chiese del Sud globale presentano un documento a Papa Leone XIV

«Giustizia climatica: i paesi ricchi riconoscano il debito ecologico verso il Sud del Mondo»: in vista della COP30 di novembre in Brasile, presentato dalle Chiese di Africa, Asia, America Latina e Caraibi il documento “Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones” (Promuovere una vera conversione ecologica e cambiare i paradigmi dell'economia di oggi); dure critiche rivolte anche al capitalismo verde e agli approcci tecnocratici

Città del Vaticano, 1 luglio 2025; su “Vatican News” ne ha riferito Roberto Paglialonga, https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2025-07/giustizia-climatica-i-paesi-ricchi-paghino-il-debito-ecologico.html «Non è più tempo di sole analisi, per evitare impatti irreversibili sul clima e sui sistemi naturali è essenziale un’azione immediata». È stato presentato stamattina nella Sala stampa della Santa Sede il documento “Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones”, stilato dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) e dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), coordinati dalla Pontificia Commissione per l’America Latina (Pcal).

IL SUD GLOBALE «PRESENTA IL CONTO»

All’incontro hanno preso parte, con la moderazione della vicedirettrice della Sala stampa, Cristiane Murray, la segretaria della Pcal, Emilce Cuda, e i cardinali Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre (Brasile), presidente del Celam e della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb); Filipe Neri Ferrão, arcivescovo di Goa e Damão, in India, presidente della Fabc; Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, e presidente del Secam. Il testo sottolinea come la crisi climatica non sia soltanto un problema tecnico, «ma una realtà urgente, una questione esistenziale di giustizia, dignità e cura della casa comune». Dunque, al fine di esperire un tentativo e fare fronte a questa crisi, i religiosi affermano che «sono da rifiutare le false soluzioni quali il capitalismo verde, la tecnocrazia, la mercificazione della natura e l’estrattivismo, che perpetuano lo sfruttamento e l’ingiustizia e antepongono il profitto alla vita. Sarebbe necessaria, invece, una profonda conversione ecologica, un cambiamento strutturale, che rimetta al centro il benessere della persona nella sua relazione col creato, e che non può non comprendere anche un vero cambio di paradigma del sistema economico, sostituendo la logica del profitto illimitato con l’ecologia integrale. Le soluzioni devono essere interdipendenti perchè interdipendenti sono essere umano, società e natura».

APPELLO IN VISTA DELLA COP30

Un appello congiunto delle Chiese del Sud del mondo, hanno spiegato i relatori, che si inserisce nella prospettiva della prossima COP30, in programma a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, per chiedere «equità, giustizia, protezione in difesa di popolazioni indigene, ecosistemi, comunità impoverite, persone vulnerabili, come giovani, donne e anziani, e migranti climatici». Esso si ispira all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e all’invito di Papa Leone XIV ad affrontare le ferite causate dall’odio, dalla violenza, dal pregiudizio, dalla paura della differenza e da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri». Ma, cosa può fare la Chiesa e, cosa possono fare i decisori globali? Il documento che i relatori hanno presentato al Pontefice prima dell’incontro con la stampa, illustra gli impegni che la Chiesa cattolica potrà assumere: la difesa dei più deboli nelle decisioni su clima e natura; la promozione di sistemi basati sulla solidarietà, la “sobrietà felice” e i principi della saggezza ancestrale; il rafforzamento di un’alleanza intercontinentale tra i Paesi del Sud del mondo; e, anche, la costituzione di uno speciale osservatorio sulla giustizia climatica che sia in grado di monitorare i risultati delle COP che si sono succedute nel tempo.

RICHIESTE SPECIFICHE

Importante poi l’accento posto sulla questione educativa, ritenuta decisiva al fine di contrastare la posizione definita «apertamente negazionista e apatica adottata dai segmenti super ricchi della società, le cosiddette élite del potere», così come esplicitamente sottolineato nel documento, riprendendo anche l’esortazione apostolica di Papa Francesco, Laudate Deum (n.38). Tuttavia, il rapporto si rivolge anche all’esterno, a tutti i decisori politico-istituzionali e agli attori globali, formulando richieste specifiche: «Rispettare gli accordi di Parigi, ponendo «il bene comune al sopra del profitto; trasformare il sistema economico in senso più sostenibile per il pianeta; promuovere politiche climatiche basate sul rispetto dei diritti umani». Ad avviso di Emilce Cuda si devono «creare ponti tra credenti e non credenti», cercando di «raggiungere i loro cuori. Le Chiese particolari del Sud globale intendono costruire ponti tra di loro come espressione della cattolicità, e ponti con chi sta al di fuori della Chiesa. Il documento così è espressione concreta della capacità di superare divisioni e ideologie perché o ci uniamo o anneghiamo».

SPENGLER: «NON C’È GIUSTIZIA CLIMATICA SENZA CONVERSIONE ECOLOGICA»

«Il messaggio è chiaro – afferma al riguardo il cardinale Jaime Spengler -, non c’è giustizia climatica senza conversione ecologica, e non c’è conversione senza resistenza a false soluzione. Tra queste la finanziarizzazione e la mercificazione della natura, il capitalismo verde, o green economy, che rischia di diventare una logica tecnico-strumentale al servizio della ristrutturazione ecologica dello stesso modello di sviluppo capitalistico, a vantaggio di pochi), l’estrazione mineraria e le monoculture energetiche, che sacrificano comunità ed ecosistemi. Ci sono interessi economici che si nascondono dietro queste false soluzioni: e allora, è ancora possibile che la questione climatica sia un affare per pochi?», è la denuncia del porporato. «La conversione ha un prezzo da pagare – ha egli concluso -, o abbiamo il coraggio di decisioni nette oppure metteremo in pericolo il futuro delle prossime generazioni».

IL DEBITO ECOLOGICO DEI PAESI RICCHI

L’ispirazione può venire da una transizione equa – si afferma nel documento presentato al Pontefice -, comunitaria, con al centro giovani e donne. Ma perché questa si realizzi effettivamente, oltre a difesa della sovranità dei popoli indigeni e delle comunità tradizionali sui territori, eliminazione dei combustibili fossili (il tetto dell’innalzamento massimo delle temperature all’1,5° è già stato superato nell’arco temporale 2015-24), promozione di meccanismi di solidarietà e rispetto delle culture locali, è necessario un cambiamento nel paradigma economico. «I paesi ricchi riconoscano e si assumano il loro debito sociale ed ecologico come i principali attori storici responsabili dell’estrazione delle risorse naturali e dell’emissione di gas serra; si impegnino a favore di una finanza accessibile ed efficace per il clima che non generi più debito; azzerino la deforestazione di tutti i biomi entro il 2030; lavorino a un’alleanza con i paesi del Sud globale per l’etica e la giustizia; creino meccanismi di governance del clima con la partecipazione attiva delle comunità: si attivino politiche di riduzione della domanda e dei consumi, obiettivi di decrescita e transizione verso modelli economici più circolari, solidali e ricostituenti».

AFRICA DEPAUPERATA DA SECOLI DI SFRUTTAMENTO ED ESTRATTIVISMO

«In questo senso l’Africa è un esempio significativo – è la denuncia del cardinale Fridolin Ambongo Besungu -, una terra ricca depauperata da secoli di estrattivismo e sfruttamento. E oggi il continente che inquina meno più caro paga il costo dell’inquinamento globale. È dunque contraddittorio utilizzare i profitti dell’estrazione petrolifera per finanziare quella che viene presentata come una transizione energetica senza impegno per superarla, dice ancora il rapporto. Abbandonare i combustibili fossili non è solo necessario per ridurre le emissioni, ma anche per riparare un debito ecologico e morale nei confronti del Sud del mondo e delle comunità colpite da inquinamento, estrazione e cambiamento climatico».

NECESSARI MECCANISMI DI COMPENSAZIONE

«Fondamentali — ha sottolineato il cardinale Filipe Neri Ferrão — saranno i meccanismi di compensazione, però ancora non sufficienti. I paesi sviluppati si assumano il loro debito ecologico, che raggiungerà 192 trilioni di dollari entro il 2050. Tuttavia, non si tratta soltanto di fondi, ma di una chiara tabella di marcia per garantire che raggiungano le comunità più vulnerabili. Le misure oggi non sono commisurate alla velocità e all’intensità degli impatti climatici. La COP30 in Brasile, dunque, rappresenterà una chiamata storica, e cadrà in un momento decisivo per l’umanità, afflitta anche dalla guerra: vogliamo che non sia soltanto un altro evento, ma una svolta morale.

Condividi: