Roma, 23 giugno 2025 – L’edizione 2025, in programma dal 15 al 20 luglio sull’isola di Salina, rinnova la sua vocazione di spazio aperto al confronto tra cinema del reale, impegno civile e narrazione poetica, nel cuore del Mediterraneo. Durante l’incontro la direttrice artistica presenterà il programma completo del festival, con l’annuncio degli ospiti, delle sezioni in concorso, delle proiezioni speciali e degli eventi che animeranno le giornate del SDF, da sempre attento alle trasformazioni del mondo contemporaneo attraverso lo sguardo del cinema d’autore.
Giovanna Taviani
NUOVE PAROLE E NUOVE IMMAGINI PER RILEGGERE IL PRESENTE
Il Salina DocFest aveva preso avvio il 7 giugno scorso dal Multisala Apollo di Messina con l’anteprima della XIX edizione, che quest’anno pone quale tema sul quale interrogarsi, appunto, le nuove Parole e le nuove immagini, una indagine profonda e necessaria su come il linguaggio, sia esso visivo, politico o pubblico, stia cambiando il modo di raccontare il mondo e, conseguentemente, di viverlo. «Viviamo un’epoca in cui le parole si stanno perdendo, ogni anno ne spariscono tremila dal vocabolario. È una perdita devastante, perché senza parole non solo non possiamo più raccontarci, ma smettiamo di capire e trasformare il mondo – aveva sottolineato Giovanna Taviani, ideatrice e curatrice dell’evento -, le parole hanno perso la loro forza narrativa e le immagini, svuotate e moltiplicate senza contesto, non ci parlano più. Questo Festival nasce dal desiderio di resistere a questa deriva, per recuperare un linguaggio che sia ancora capace di emozionare, coinvolgere, far pensare».
UNA URGENZA CULTURALE
«Una urgenza culturale che richiama in qualche modo anche le parole di Paolo Rumiz aveva poi proseguito la Taviani -, secondo cui l’imbarbarimento del linguaggio segna l’inizio della perdita della coscienza collettiva e di un’Europa ormai afona, incapace di raccontarsi. La crisi delle parole è speculare a quella delle immagini: bombardati da contenuti visivi artificiali, simulazioni digitali, realtà costruite, rischiamo di diventare analfabeti di ciò che vediamo. Le immagini ci circondano, le produciamo, ma non le comprendiamo più. Un paradosso che investe soprattutto i più giovani, esposti a visioni indigeste, stereotipate, eppure reiterate, fino a diventare nuove forme di verità apparente».