CINEMA, film. Per amore di una donna, di Guido Chiesa

Anche durante i momenti bui della storia, donne e uomini si innamorano, formano famiglie, comunità, nascono bambini. E, allora, non c’è più distinzione tra passato e presente, o tra culture e popoli, dunque possiamo riconoscerci parte di uno stesso destino comune e universale, laddove è l’amore che salva. Uscirà nelle sale il 29 maggio con Fandango la pellicola che si è aggiudicata il premio per il miglior film del concorso "Per il Cinema Italiano" del Bif&st 2025

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Diretto da Oscar Iarussi, il film è stato scritto dallo stesso Chiesa assieme a Nicoletta Micheli e prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai per Colorado Film,  Marta Donzelli e Gregorio Paonessa per Vivo film con Rai Cinema, con il sostegno del MIC (Direzione Generale Cinema e Audiovisivo) da Fandango. Nel cast Mili Avital, Ana Ularu, Ori Pfeffer, Alban Ukaj, Marc Rissmann, Serhii Kysil, Anastasia Doaga, Sira Topic, Limor Goldstein e Vincenzo Nemolato. Con la partecipazione di Menashe Noy e Moni Moshonov.

PER AMORE DI UNA DONNA

Anni Settanta: Esther, un’inquieta quarantenne americana, alla morte della madre riceve una lettera. Dovrà trovare una donna vissuta negli anni Trenta in Palestina, all’epoca sotto mandato britannico, che custodisce un segreto sulla sua vita. Arrivata in Israele, Esther è aiutata nella sua ricerca da Zayde, un professore dal passato ingombrante. Anni Trenta, un villaggio di coloni, l’atmosfera è quella di un mondo nuovo: il contadino Moshe, rimasto vedovo con due bambini, chiama a dargli una mano una giovane donna, Yehudit, che però sconvolge ben presto la sua esistenza e quella di altri due uomini, il sognatore Yaakov e il commerciante Globerman. Intrecciando i fili che legano passato e presente, Esther e Zayde scopriranno una sorprendente verità sulle proprie vite.

INTRECCIO DI FILI CHE LEGANO PASSATO E PRESENTE

Ad avviso di Guido Chiesa «nel film c’è un mistero che coinvolge due donne, legate da un filo invisibile eppure indissolubile. Una, Yehudit, è vissuta negli anni Trenta in un villaggio rurale dove il suo arrivo ha scatenato una bizzarra saga amorosa; l’altra, Esther, è un’americana senza alcun legame con la terra dove è nata, pessimi rapporti famigliari e una vita senza centro. La vicenda si svolge in un periodo descritto nel romanzo “The Loves Of Judith”, di Meir Shalev, uno dei massimi esponenti della letteratura israeliana del Novecento, testo dal quale è stato poi tratto soggetto e sceneggiatura del film. L’indagine di Esther, liberamente ispirata dal libro, è invece frutto della nostra invenzione e rappresenta, per certi aspetti, il nostro punto di vista di italiani, lontani dalla cultura e dall’esperienza di quegli ebrei che all’inizio del Novecento lasciarono l’Europa per sfuggire alle persecuzioni, con il progetto di costruire una nuova società, egualitaria e solidale».

L’INDAGINE DI ESTHER

«Eppure – prosegue Chiesa -, malgrado la distanza che ci divide, in questa storia abbiamo rintracciato qualcosa in grado di interrogarci profondamente, perché, come tutte le grandi storie, tocca temi universali. Temi che ci hanno permesso di intraprendere un viaggio incontro alle diverse facce dell’amore. Mostrando quanto sia doloroso, e allo stesso tempo fondamentale, scoprire la verità della propria storia. E alla fine, Esther e Zayde, dopo aver ripercorso lo stesso cammino di amore, morte e rinascita dei loro antenati, comprendono l’importanza di entrare nella vita con empatia, con tutte le sue cadute e i suoi drammi. Non è un film politico, eppure il senso profondo che lo attraversa può assumere un valore altamente politico: anche durante i momenti bui della storia, donne e uomini si innamorano, formano famiglie, comunità, nascono bambini. E allora non c’è più distinzione tra passato e presente, o tra culture e popoli, e possiamo riconoscerci parte di uno stesso destino comune e universale, dove è l’amore che salva».

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