LIBIA, nuovi scenari. Trump ci vorrebbe concentrare gli immigrati irregolari

Mentre perdurano le guerre in Ucraina e in Medio Oriente e a Roma è iniziato il Conclave per l’elezione del prossimo pontefice, è riesploso il confronto militare tra le due potenze nucleari India e Pakistan, scatenato dall’attacco terroristico nella contesa regione del Kashmir, controllata da New Delhi. riguardo al travagliato Paese nordafricano, gli analisti delle dinamiche regionali prevedono che entro il 2030 o la Libia si trasformerà in una federazione oppure si sgretolerà

a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano e membro del Direttorio della NATO Defense College Foundation – Tutto questo pone in secondo piano la situazione in Libia, gli sviluppi previsti e le azioni che l’Europa potrebbe intraprendere per supportare in modo più efficace il processo politico in corso.

LIBIA DIMENTICATA

Il Paese nordafricano permane altamente frammentato, con due governi in competizione nel rivendicare ciascuno il controllo di tutto il paese. Il GNU  (Governo di unità nazionale) con sede a Tripoli, riconosciuto a livello internazionale, che lotta per la legittimità, facendo affidamento sulle milizie locali, sul sostegno finanziario della Banca Centrale e sul sostegno turco. Nel frattempo il GNU si confronta con il GNS (Governo di stabilità nazionale) con sede a Bengasi (che si appoggia al potente generale Khalifa Haftar) che non è investito a sua volta del riconoscimento internazionale. La Libia è afflitta da rivalità tra milizie, conflitti tribali oltreché da un dilagante contrabbando di carburante a causa di un sistema di sussidi imperfetto. Le difficoltà quotidiane continuano ad aggravarsi, mentre gli sforzi per unificare la governance dei governi rivali vengono ostacolati dalla mancanza di un solido sostegno al progetto da parte dell’Onu, presente attraverso Unsmil, dunque le attività poste in essere dall’inviata Stefanie Khoury per ora sono risultate vane.

FOSCHE PROSPETTIVE

Considerata la sua storia della Libia, unitamente alle disparità regionali, la futura costituzione di uno stato centralizzato sembra improbabile, quindi gli analisti delle dinamiche regionali prevedono che entro il 2030 o il Paese si trasformerà in una federazione oppure si sgretolerà. Sono i grandi ostacoli che contrastano lo sviluppo del progetto di svolgimento di elezioni nazionali: in primo luogo, l’élite politica e le milizie del paese hanno scarso interesse per le consultazioni democratiche, poiché beneficiano del sistema attuale e sono abili nel ritardare le riforme; secondo poi, non c’è consenso su chi possa candidarsi alla presidenza. C’è incertezza sulla possibilità che a candidarsi sia il primo ministro Dbeibha, il comandante del LNA (Esercito nazionale libico) Khalifa Haftar o Saif Al Islam Al Gheddafi (ricercato dalla Corte penale internazionale). Senza dirimere questa questione fondamentale, le discussioni sulle procedure elettorali rimarranno superficiali e sterili, in quanto difficilmente porteranno a vere elezioni.

OSTACOLI ALLE ELEZIONI E INFLUENZA RUSSA

L’Unione europea ha un’influenza limitata in Libia, seppure appaia come l’unica organizzazione internazionale in grado di sostenere la costruzione della società civile attraverso istruzione, formazione e tutoraggio. Questo include media, gruppi comunitari, sindacati, enti di beneficenza e organizzzazioni non governative. Sarebbe inoltre anche utile sostenere la costruzione dello stato rafforzando la governance, dall’amministrazione locale e la magistratura. In merito  alla strategia africana della Russia, si ritiene che Mosca stia cercando di indebolire l’influenza occidentale nella regione, sfruttando a proprio favore le importanti risorse africane. L’importanza dell’intervento russo in Libia va oltre i confini del paese, poiché esso rappresenta una porta d’accesso all’influenza nell’Africa subsahariana. Alla luce di quanto messo in atto dalla Russia nell’area Sud del Mediterraneo, si perviene alla conclusione che l’Europa dovrebbe cercare una migliore comprensione della posizione americana (soprattutto quella del presidente Donald Trump) e argomentazioni più solide al fine di  rinvenire un terreno comune che serva gli interessi di entrambe le parti.

LE STRATEGIE DI ROMA

In queste ore il quotidiano “The New York Times” ha riportato la notizia che gli Stati Uniti d’America sarebbero pronti, nel breve termine, a ricondurre un gruppo di immigrati illegali in Libia. Inoltre, va considerata l’azione di influenza esercitata dalla Cina Popolare e dalla Turchia, entrambi paesi interessati allo sfruttamento delle risorse locali, che agiscono solamente in relazione all’interesse nazionale. La presidente del Consiglio dei ministri italiana, Giorgia Meloni, ne ha parlato con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan nel corso del recente incontro bilaterale a Roma. Per il nostro paese la stabilità della Libia è importante, sia ai fini del controllo dei flussi migratori illegali (attenzione alle decisioni degli americani a tal proposito) sia riguardo all’approvvigionamento di idrocarburi (petrolio, in particolare, si tratta di uno dei nostri principali fornitori).

Condividi: