Quello della fuga di Kappler dall’ospedale militare del Celio (pure senza approfondirne lo scambio che ne fu alla base) è stato uno dei tre episodi richiamati nel corso del convegno di studi che ha avuto luogo a Roma sulla partnership italo-tedesca al fine di evidenziare i tre più rilevanti «incidenti che nei decenni passati hanno inframezzato il continuo rapporto osmotico» tra i due Paesi europei.
RAPPORTI BILATERALI AL TEMPO DEL PENTAPARTITO IN ITALIA
Gli altri due sono stati la simpatica quanto infelice battuta di Giulio Andreotti sulle «due Germanie», ritenute da lui preferibili proprio in quanto innamorato profondamente di quel paese e, infine, l’incidente alla Conferenza di Ottawa del 1990 sulla riunificazione tedesca. Una stagione, quella italiana del pentapartito, nella quale si tese a consolidare la strategicità delle relazioni con Bonn, allora capitale della Repubblica federale tedesca. Un periodo nel quale agirono due personalità politiche fondamentale: il citato Andreotti (democristiano) e Bettino Craxi (socialista). Il tema ampiamente discusso ieri nel corso dell’evento di Villa Sciarra Wurts sul Gianicolo (organizzato dalla Fondazione Craxi e dall’Istituto italiano di Studi germanici) è stato quello relativo sì, alla storia delle relazioni bilaterali, ma anche e soprattutto delle loro prospettive in una fase di epocali mutamenti come quella attuale.
IL CONVEGNO DI VILLA SCIARRA
La discussione al convegno sulla partnership italo-tedesca tra storie e prospettive ha preso le mosse dai quattro interventi dei primi relatori: Sistema Italia e Modell Deutschland nell’ultimo decennio del bipolarismo (di Lucrezia Ranieri dell’Università degli Studi di Siena), Craxi tra Schimdt e Kohl: politica e diplomazia (di Federico Niglia, dell’Università per stranieri di Perugia), Italia e Germania nel processo di integrazione europea (di Daniele Pasquinucci dell’Università degli Studi di Siena) e Riformismi a confronto: scelte di politica economica in Italia e Germania fra crescita e inflazione (di Paolo Borioni dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza). Come scrivono gli organizzatori nella presentazione dell’evento, si è trattato della ricerca di una rappresentazione che superasse gli stereotipi e i pregiudizi «che affliggono l’immagine di questo rapporto bilaterale, tradizionalmente cementati dall’immagine oleografica del rapporto tra De Gasperi e Adenauer».
DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI
Il rapporto tra Italia e Germania costituisce una componente della politica europea dal secondo dopoguerra a oggi, una realtà complessa e articolata nella quale, negli anni Ottanta, SI rinvIene uno snodo importante. Una fase durante la quale, malgrado le divergenze e le percezioni problematiche, di fatto Bonn e Roma si trovarono unite all’interno di un progetto europeo in via di sviluppo. Al tramonto del XX Secolo le relazioni bilaterali tra i due Paesi, consolidate non soltanto sul piano economico, si saldarono ulteriormente nella cooperazione (ad esempio nel periodo dell’installazione degli Euromissili), giungendo a risultati quali l’allargamento della Comunità Europea agli Stati della Penisola Iberica e, quindi, successivamente al Trattato di Maastricht. Questo – ed è stato sottolineato nel corso del convegno romano – non in assenza di increspature e divergenze, ma nella consapevolezza di dovere addivenire comunque a un compromesso che sancisse una soluzione comune.
MODELL DEUTSCHLAND
Eppoi il cosiddetto Modell Deutschland: la Germania è stata una potenza economica e un riferimento a livello continentale, al punto di divenire tra gli anni Settanta e Ottanta un modello di policy. Una «robusta leadership», al confronto di un sistema economico (e politico) nei fatti scarsamente liberale e assai più corporativo e familistico come quello italiano di allora. Erano anni di cambiamenti radicali anche quelli, che alla luce delle crisi petrolifere e la cessazione della vigenza del sistema di Bretton Woods conferirono ulteriore importanza alle relazioni italo-tedesche. Le lacerazioni interne in Italia non mancarono. Inflazione, serpente monetario, contingenza: sul voto di approvazione del Sistema monetario europeo cadde addirittura un governo, quello della Solidarietà nazionale, che con la sua fine concluse una travagliata fase storica del Paese (Aldo Moro era stato assassinato dai terroristi delle Brigate rosse un anno prima), aprendone un’altra.
IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
Successivamente prese avvio il graduale processo europeo di integrazione economica e finanziaria. Furono gli anni Ottanta, quelli del «riflusso» e della «Milano da bere», durante i quali gli iperliberisti divennero sfrenati, forti della coppia Reagan-Thatcher, alfieri di quel capitalismo anglosassone che schiacciò tutto e tutti coloro si trovavano sulla sua strada. Un capitalismo che, a posteriori, nel corso del convegno di Villa Sciarra è stato sovente comparato al capitalismo renano, che alla conflittualità preferì la concertazione e, nella Repubblica Federale Tedesca, fu ispiratore delle tre grandi riforme di quel decennio: quella delle relazioni industriali, quella del sistema bancario e quella istituzionale. Nel contesto europeo coesistettero dunque due sistemi diversi, «con il socialismo democratico tedesco – si è affermato – che non applicò il modello reaganiano, perseguendo invece forme di keynesismo razionalizzato»
E OGGI?
E oggi? Di tutto questo cosa rimane? Quale potrà essere il prossimo punto di caduta della Germania a più di trent’anni dalla sua riunificazione? Essa è riuscita a digerire la DDR, che quando divorò in un boccone tra sventolii di bandiere e suono di pifferi e tamburi era convinta fosse un succulento coniglietto, quando invece i Länder dell’Est si sono rivelati un istrice dormiente che, alla fine, ha rizzato i suoi aculei nello stomaco ospite cagionandogli lancinanti dolori? L’attuale fase di profonda e drammatica ridefinizione degli equilibri internazionali pongono inquietanti incertezze sul futuro delle relazioni transatlantiche e sulla coesione dell’Europa. È certo, che nello scenario che potrà definirsi un ruolo fondamentale verrà in ogni caso svolto dalla Germania, tuttavia, l’interrogativo è relativo a come essa vorrà o sarà in grado di governare i complessi processi che l’attendono. Saranno ancora praticabili per Berlino nel prossimo futuro degli spazi di protagonismo come in passato? E l’Italia, rilancerà il suo rapporto con la Germania? Quali interessi e priorità convergeranno (o divergeranno) tra i due Paesi europei, considerate anche le dinamiche avviate dal cosiddetto Triangolo di Weimar?