Il professor Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia e delle Finanze a attualmente presidente del Centro studi economia reale e dell’Istituto Adriano Olivetti di Ancona (Istao) è intervenuto recentemente sulla vicenda nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista Andrea Persili dell’agenzia stampa ADN Kronos
LA FUSIONE TRA MPS E MEDIOBANCA
«La recente mossa del Monte dei Paschi di Siena verso una fusione con Mediobanca si distingue dalle altre operazioni di consolidamento bancario attualmente in corso – afferma Baldassarri -, poiché iI questo caso è l’arbitro che scende in campo come giocatore. A differenza dell’opa (offerta di pubblico acquisto, n.d.r.) di Unicredit su Banco Bpm o della proposta di fusione tra la stessa Unicredit e Commerzbank, dove i protagonisti sono attori privati che seguono logiche di mercato per accrescere dimensioni e competitività internazionale, qui la presenza dello Stato è evidente».
UNA PRIVATIZZAZIONE ATTESA DAL MERCATO
«Monte dei Paschi di Siena – prosegue l’economista -, salvata dallo Stato italiano nel 2017 con l’impegno di privatizzarla in tempi brevi, non è ancora tornata pienamente sul mercato. L’operazione proposta su Mediobanca rompe quindi la narrazione iniziale e solleva degli interrogativi: il Governo italiano attraverso una banca a controllo pubblico entra direttamente nel risiko bancario, ma, mentre le altre fusioni rispondono a logiche economiche e strategiche, in questo caso il ruolo dello Stato si intreccia con le dinamiche di mercato, alterandone le regole».
ALTERATE LE REGOLE
«La possibile fusione tra Mps e Mediobanca si inserisce in un contesto più ampio, quello del risiko bancario europeo – sottolinea Baldassarri, ma l’Europa deve decidere cosa vuole fare da grande in tutti i settori, dalla Difesa alla Sicurezza, dall’energia fino alle tecnologie avanzate attraverso il sistema satellitare per il controllo delle comunicazioni. Lo stesso vale anche per il settore bancario. Le attuali dimensioni dei gruppi bancari europei, pur significative qualora considerati nel contesto continentale, risultano dalle tre alle sei volte più piccole rispetto ai colossi bancari internazionali».
SOGGETTI TROPPO PICCOLI PER COMPETERE A LIVELLO GLOBALE
È evidente – egli quindi conclude -, che nonostante l’importanza degli istituti bancari europei a livello locale, essi rimangono troppo piccoli per competere su scala globale. E allora, che vogliamo fare? Un esempio rilevante viene fornito proprio dall’interesse di Unicredit per Commerzbank, un’operazione che potrebbe rafforzare il sistema bancario europeo, ma che incontra resistenze significative sul piano nazionale, come dimostrano le reticenze della Germania. Questo riflette la difficoltà di superare le barriere nazionali anche in un mercato unico come quello europeo».