L’arresto di Njeem Osama al-Masri aveva provocato iniziali segnali di insoffernza in territorio libico, in particolare nella capitale, dove i suoi sodali avevano paventato possibili ritorsioni nei confronti dei cittadini italiani presenti nel Paese nordafricano.
NJEEM OSAMA AL-MASRI
Quarantasette anni di età, l’ex direttore del carcere di Mitiga al-Masri, attuale capo della polizia giudiziaria di Tripoli ed elemento apicale delle forze di deterrenza speciale (Rada), la polizia giudiziaria libica, è ricercato dalla Corte penale internazionale in quanto a suo carico pende un’accusa per crimini di guerra e tortura. La stessa Corte a seguito del suo arrestato, effettuato nella serata di ieri a Torino, ne aveva chiesto l’estradizione. Il libico si trovava nella città piemontese per seguire una partita di calcio disputata della sua squadra del cuore, la Juventus. La Digos lo ha tratto in arresto nell’hotel dove alloggiava durante un controllo di routine effettuato su di lui e su altre tre persone.
LE ACCUSE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
I capi di imputazione formulati dalla Corte penale internazionale a carico di al-Masri si basano sulle presunte attività criminali poste in essere quando rivestiva il ruolo di direttore del centro di detenzione di Mitiga, nella capitale libica, struttura presso la quale vengono trattenuti i migranti provenienti dalla regione subsahariana, dove secondo l’accusa al-Masri avrebbe fatto ricorso alla tortura sulle persone astrette. Egli è inoltre accusato di avere costretto al compimento di lavori forzati i prigionieri della struttura, giungendo, secondo le testimonianze rese dai migranti in seguito usciti dalla Libia, a schiavizzarli. Infine, la Corte penale internazionale lo ha posto sotto accusa per il massacro perpetrato nella città di Tarhuna, non distante da Tripoli, dove vennero rinvenute ventinove fosse comuni nelle quali erano stati sepolti più di quattrocento cadaveri, persone sospettate di essere state fedeli al deposto dittatore Muhammar Gheddafi.