In un articolo pubblicato mercoledì scorso dal quotidiano israeliano “Jerusalem Post” – https://www.jpost.com/middle-east/article-836786 – vengono riportate e commentate le dichiarazioni rese da un elemento di vertice della struttura militare della Repubblica Islamica dell’Iran, il generale di brigata Behrouz Esbati, che si è espresso riguardo alla condizione di debolezza del suo paese seguita alla «significativa sconfitta» subita in Siria, costituita dalla caduta del presidente Bashar al-Assad. L’alto ufficiale ha affrontato l’argomento nel corso di un proprio intervento pubblico che ha avuto luogo la scorsa settimana a Teheran, che è stato ripreso dalla stampa locale e, successivamente, dal quotidiano americano “New York Times”.
LE AMBASCE DEL GENERALE
«Siamo stati sconfitti molto duramente – ha dichiarato Esbati -, abbiamo subito un duro colpo ed è stato molto difficile: non considero la perdita della Siria qualcosa di cui essere orgogliosi». Nel commentare le sconfortate parole del generale iraniano, i cronisti israeliani hanno tuttavia tenuto a sottolineare come lo stesso generale iraniano abbia rimarcato che prima della caduta del regime alawita i rapporti della teocrazia sciita con Damasco fossero divenuti tesi, questo a causa del fatto che Assad non aveva permesso alle formazioni proxi di Teheran di attaccare lo Stato ebraico dal territorio siriano dopo il massacro del 7 ottobre (la cosiddetta “operazione alluvione Al-Aqsa”, in lingua araba ‘amaliyyat ṭūfān al-ʾAqṣā, l’eccidio perpetrato da Hamas e altre organizzazioni armate palestinesi in Israele a ridosso della striscia di Gaza, n.d.r.).
PERDITA DI ALLEATI FONDAMENTALI
Egli ha infatti rimarcato il fatto che la Repubblica islamica avesse sottoposto al presidente siriano i piani dettagliati relativi al possibile impiego delle risorse militari di Damasco per attaccare Israele. Esbati (nella consapevolezza che il suo discorso sarebbe stato amplificato dai media internazionali) ha comunque tenuto a precisare che «l’Iran continuerà a operare dalla Siria, poiché è in grado di attivare tutte le reti sulle quali ha fatto affidamento in questi anni», sia negli «strati sociali» dove è presente da anni, oltreché sui social media, dato che «possiamo formare cellule di resistenza». A porre un limite al discorso del generale sono poi intervenuti i Pasdaran attraverso un loro esponente, che, sempre citato dal quotidiano newyorkese, ha posto in discussione le parole di Esbati, chiarendo che «porre in essere tali azioni non è poi così fattibile come il militare aveva paventato».
PUTIN «HA SPENTO I RADAR»
Esbati ha rivolto critiche anche nei confronti della Russia, imputandole di avere «spento i radar» durante gli attacchi israeliani all’Iran. Poi, soffermandosi sul ruolo svolto da Mosca nel corso della guerra civile siriana, ha affermato che l’Armata russa ha bombardato campi aperti invece degli obiettivi costituiti dai ribelli. Tornando quindi alla reazione militare dello Stato ebraico contro la Repubblica Islamica, egli ha osservato che, al terzo attacco (della Israel Air and Space Force, n.d.r.) al suo Paese, «la situazione era divenuta tale da non consentire la gestione di un ulteriore azione contro lo Stato ebraico».