a cura di Ely Karmon, articolo pubblicato il 10 dicembre 2024 dalla Reichman University, https://ict.org.il/the-effects-of-the-rebels-success-in-overthrowing-the-bashar-al-assad-regime-in-syria/ – La caduta del regime di Assad è avvenuta nel giro di dodici giorni dall’inizio dell’offensiva dei ribelli, che a sua volta aveva preso avvio dalla roccaforte di questi ultimi nella regione di Idlib. Si tratta di un evento drammatico ed epocale dalle conseguenze non soltanto per la Siria in sé, ma per l’intero Medio Oriente e, in una certa misura, per gli equilibri globali.
TEMPISTICA DELL’ATTACCO AL REGIME DI ASSAD
È importante sottolineare che la data in cui i ribelli hanno iniziato a sferrare l’attacco contro le forze di Assad è direttamente correlata al successo di Israele nell’azione di significativa riduzione della capacità militare di Hezbollah in Libano e nella stessa Siria, risultato ottenuto attraverso l’eliminazione di gran parte della leadership militare e politica dell’organizzazione, che sii è conseguentemente trovata in gravi difficoltà, preludio della firma di un accordo di cessate il fuoco con Beirut. Allo stesso tempo, lo Stato ebraico ha danneggiato e ridotto il potere delle Guardie rivoluzionarie iraniane in Siria, che per anni avevano operato contro Israele in collaborazione con il regime di Assad. È interessante notare che durante la battaglia di Aleppo i ribelli hanno ucciso un comandante, veterano, delle Guardie rivoluzionarie iraniane, il generale Kioumars Pourhashemi. La caduta del regime baathista di Damasco avrà comunque conseguenze dirette su Israele sia nel breve che nel lungo termine.
INDEBOLIMENTO DELL’ASSE DELLA RESISTENZA
Nel giro di pochi giorni le Guardie rivoluzionarie iraniane, Hezbollah e le milizie sciite filo-iraniane irachene, afghane e pakistane sono state costrette ad abbandonare la Siria, rifugiandosi in Iraq e in Libano. Il crollo del regime di Assad, dal 1980 principale alleato nel mondo arabo della Repubblica Islamica dell’Iran, evidenzia la disintegrazione del cosiddetto «Asse della Resistenza», formato appunto (principalmente) da Iran, Siria e Hezbollah in Libano. Un crollo che impedisce a Teheran di utilizzare il territorio siriano per attaccare Israele o per sostenere Hezbollah in Libano consentendogli di riprendersi. Tagliare il collegamento terrestre diretto tra Iran ed Hezbollah in Libano attraverso la Siria indebolisce l’organizzazione islamista sciita libanese sui piani militare, economico e politico, in particola modo per quanto concerne il suo riequipaggiamento con sistemi d’arma avanzati. La stessa posizione di Hezbollah in Libano risulta indebolita, una condizione che potrà consentire ad altri attori locali di agire più liberamente e con maggiore assertività al fine di mutare la realtà politica in quel paese, eleggendo, ad esempio, un nuovo presidente della repubblica.
VUOTO MILITARE
Approfittando del vuoto militare creatosi a Damasco, nelle ultime quarantotto ore Israele ha posto in essere una duplice mossa. La prima è stata quella degli estesi attacchi contro l’aeronautica militare siriana e alle più importanti infrastrutture dell’esercito di Assad allo scopo di renderle inattive o distruggerle completamente. Gli attacchi sono stati concentrati soprattutto sui centri di produzione e stoccaggio di armi chimiche, sui depositi dei missili a lungo raggio e sulle basi dell’aeronautica. Colpiti anche aeroporti, batterie di difesa aerea e istituti di ricerca scientifica, questo mentre la marina militare israeliana distruggeva gran parte di quella siriana. Contestualmente, le unità dell’esercito di Tsahal intervenivano nella zona cuscinetto tra Israele e Siria mediante un approccio di «difesa frontale» onde prevenire minacce provenienti da oltre frontiera. Sulla base dei resoconti ufficiali, attualmente le Israel Defense Force controllano le posizioni tenute in precedenza dall’esercito siriano, dal monte Hermon alla provincia di Quneitra, inclusi nove villaggi in prossimità della buffer zone.
LA STABILITÀ INTERNA IN IRAN
A livello regionale la posizione dell’Iran ha subito un duro colpo, aspetto che potrebbe incidere anche sulla stabilità interna del regime di Teheran. Sul piano globale, invece, la caduta di Assad indebolisce la Russia e pone in discussione il ricorso al territorio siriano da parte di Mosca quale sedime per le proprie basi navali e aerea, fino a ieri elemento di fondamentale importanza nel confronto con le forze della NATO nel Mediterraneo orientale. È qualcosa che muta l’equilibrio di potere globale tra l’asse Russia-Cina-Iran-Corea del Nord e l’alleanza occidentale guidata dagli Stati Uniti d’America. Alla luce di questi ultimi sviluppi, Washington, (sostenitrice di Israele nella guerra contro Hamas nella striscia di Gaza e contro Hezbollah in Libano, oltreché contro l’Iran, che per la prima volta aveva direttamente lanciato missili balistici e impiegato droni contro lo Stato ebraico), sta ora beneficiando della fine del regime di Assad, alleato di Russia e Cina Popolare. Tuttavia, la domanda da porsi adesso è quale sarà la politica della nuova amministrazione Trump di fronte alle nuove sfide nella regione.
RISCHI PER ISRAELE
E qui si solleva la questione relativa al nuovo regime siriano e alle forze che ne faranno parte: esse saranno guidate da una Damasco fondamentalista e islamista radicale che vede Israele come un nemico? Parrebbe che Abu Muhammad al-Julani (vero nome di Ahmed Hussein al-Shara, leader di Hayat Tahrir al-Sham, Organizzazione per la Liberazione del Levante) stia cercando di agire in modo responsabile. I ribelli hanno nominato Muhammad al-Bashir (quinto primo ministro del Governo di salvezza siriano a Idlib dal gennaio 2024) allo scopo di formare un nuovo esecutivo «di transizione» al quale verrà attribuito il compito di supervisionare le decisioni ritenute necessarie. Al-Julani (già leader del Fronte al-Nusra, parte di al-Qaeda), ha vissuto molti sconvolgimenti nel corso della guerra civile, scontrandosi con Islamic State e, infine, fondando la coalizione salafita Hayat Tahrir al-Sham. Ma da qualche tempo cerca di stabilire contatti con l’Occidente, presentando di sé una immagine di moderato e sottolineando di non nutrire alcun interesse politico al di là di quello del cambio di regime in Siria. Però è divenuto la figura centrale tra i ribelli e viene già indicato dai media siriani come «il leader». Il futuro ci dirà dove condurrà la Siria.
LA SECONDA COALIZIONE
La seconda coalizione tra i ribelli di Idlib, l’Esercito nazionale siriano (SNA), è composta da numerose fazioni, alcune di orientamento laico altre invece salafite. In Siria, questa organizzazione serve principalmente gli interessi della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, in primo luogo nelle vesti di strumento contro la minoranza curda che popola la regione autonoma della Rojava. Infatti, negli ultimi giorni il SNA ha attaccato le Forze democratiche siriane (SDF, formazione annovera le milizie moderate dell’Esercito siriano libero e i curdi dello YPG) nella regione di Manbij, nella Siria settentrionale. Il presidente Erdoğan persegue la strategia del mantenimento della provincia di Idlib sotto il controllo di Hayat Tahrir al-Sham e nel sostegno all’Esercito nazionale siriano quale rappresentante della Turchia. È stato Erdoğan a dare il via libera ai ribelli per il loro attacco finale contro il regime di Assad, lo ha fatto dopo che Damasco aveva respinto le aperture di Ankara per una riconciliazione e successiva normalizzazione delle relazioni bilaterali, con l’esercito turco che controllava parte del territorio siriano.
INFLUENZA DI ANKARA SUL NUOVO GRUPPO AL POTERE A DAMASCO
Se l’influenza turca esercitata sul nuovo governo siriano consentirà a Erdoğan di mantenere forze militari indipendenti in Siria, che potrebbero addirittura spingersi a sud fino al confine con lo Stato ebraico, potrebbero risultare minacciati gli interessi vitali israeliani e persino trasformare la Turchia islamista in un sostituto della minaccia dell’asse sciita iraniano. Al riguardo va rilevato che nell’ultimo anno Islamic State è risultato molto attivo nel deserto siriano orientale contro l’esercito siriano e le forze russe che hanno sostenuto Assad nella regione di Deir ez-Zor, oltreché contro i curdi. Non è chiaro quale sia il loro status, tuttavia è noto che erano acerrimi nemici di Hayat Tahrir al-Sham. Uno stato di caos e mancanza di controllo centrale potrebbe condurre ad attività terroristiche da parte di individui o piccole cellule attraverso i confini di Israele, poiché esiste il pericolo che si radichi un’entità jihadista aggressiva sul confine settentrionale dello Stato ebraico. Tutto dipenderà dagli sviluppi della situazione.
OPPORTUNITÀ
Secondo l’opinione dell’autore di queste righe, l’opportunità maggiormante critica per Israele è quella di stabilire un’alleanza di minoranze, principalmente con quella drusa della Siria meridionale, che nell’ultimo anno si è confrontata con successo con il regime di Assad attraverso un’attiva politica sociale. Anche con i curdi, nel nord, sono riusciti a stabilire una regione autonoma dopo aver respinto le forze di Islamic State nel biennio dal 2014 al 2016. Questa alleanza potrebbe costituire una barriera ai possibili tentativi esperiti dall’Iran e dagli sciiti iracheni di tornare ad agire in Siria per riottenere influenza all’interno del «nuovo Stato» aiutando così Hezbollah.
L’AUTORE
Il Dottor Ely Karmon è ricercatore senior presso l’Istituto internazionale per la lotta al terrorismo (ICT), Centro interdisciplinare (IDC), Herzliya, Israele; Senior Research Scholar presso l’International Institute for Counter-Terrorism (ICT) e Senior Research Fellow presso l’Institute for Policy and Strategy presso l’Interdisciplinary Center (IDC) di Herzliya, Israele. Tiene lezioni sul terrorismo internazionale e sul terrorismo CBRN presso il Master in studi antiterrorismo presso l’IDC. Ha conseguito una laurea in cultura inglese e francese presso l’Università ebraica di Gerusalemme (1964), una licenza in relazioni internazionali presso l’Institut d’Etudes Politiques e una licenza in lingue bantu presso l’Ecole de Langues Orientales, a Parigi (1969). Ha conseguito un master e un dottorato in scienze politiche presso l’Università di Haifa (1996). Associate Fellow, International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence (ICSR), Londra. Membro dell’International Permanent Observatory (IPO) sulle misure di sicurezza durante i grandi eventi presso l’Istituto interregionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia (UNICRI), Torino, Italia. In questo contesto ha partecipato ai seminari delle Nazioni Unite sulla preparazione della sicurezza alle Olimpiadi di Atene (2004), alle Olimpiadi invernali di Torino (2006) e alle Olimpiadi di Pechino 2008. Il dott. Karmon ha informato le autorità di Shanghai sulla sicurezza e sulla valutazione delle minacce per l’evento Expo 2010. Membro dell’Assemblea generale dell’Istituto internazionale per la sicurezza e la cooperazione, Sofia, Bulgaria. Esperto internazionale del Comitato per la medicina civile e militare dei disastri dell’Associazione internazionale per la medicina dei disastri (IDMA), Napoli, Italia. Membro del comitato editoriale della Revista Universitas/Relaçoes Internacionais, rivista del Centro Universitário de Brasília – UniCEUB. Il dott. Karmon è membro dell’Atlantic Forum of Israel ed è coinvolto nei workshop della NATO sul terrorismo e sul dialogo mediterraneo. Visiting fellow (2002) presso il Washington Institute for Near East Policy, che ha pubblicato il suo memorandum politico Fight on All Fronts? Hezbollah, the War on Terror, and the War in Iraq (dicembre 2003). È stato membro del Proteus Management Group (PMG), un think tank incentrato sugli scenari futuri presso il Center for Strategic Leadership, US Army War College, Carlisle, PA. Ha lavorato come consulente per il Ministero della Difesa israeliano e per l’Antisemitism Monitoring Forum del Segretariato del Governo israeliano. I suoi campi di ricerca includono la violenza politica, il terrorismo internazionale, il terrorismo CBRN e l’influenza strategica del terrorismo e della sovversione in Medio Oriente e nel mondo. Ha scritto ampiamente sul terrorismo internazionale e sulle questioni strategiche del Medio Oriente e ha partecipato a numerose conferenze internazionali. Il suo libro Coalitions between Terrorist Organizations: Revolutionaries, Nationalists, and Islamists è stato pubblicato nel maggio 2005 da Brill Academic Publishers (Leida e Boston). Il Center for Strategic Leadership, US Army War College, ha pubblicato la sua monografia, “Iran–Syria-Hizballah–Hamas: A Coalition against Nature. Why does it Work?” (maggio 2008). È inoltre un commentatore abituale di questioni mediorientali sui media israeliani (Haaretz, Jerusalem Post, Times of Israel, canali televisivi israeliani, Kol Israel, i24News TV), per il quotidiano spagnolo El Imparcial e per numerosi organi di informazione in tutto il mondo.