I minori fanno sport soprattutto in contesti strutturati, all’interno di impianti sportivi: l’offerta e la condizione di tali strutture è quindi cruciale. Il nostro paese è al di sotto della media europea per dotazione di impianti, con forti differenze tra nord e sud del paese. Investire sulla promozione dello sport per tutti, a prescindere dalla condizione economica di partenza, può essere una leva da non sottovalutare nel contrasto di fenomeni di disagio ed esclusione che colpiscono i giovani. Insieme ad altri fattori, come l’istruzione e la cultura, anche questo può essere un motore di inclusione sociale.
MINORI E SPORT IN CIFRE
131,1 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti in Italia nel 2022: meno degli altri paesi europei; 106,9 nel mezzogiorno, dove l’offerta è anche più carente in termini qualitativi; lo sport può avere un impatto sociale, anche rispetto all’inattività giovanile e nel contrasto di fenomeni come quello dei neet; 9 su 10 i capoluoghi con più neet che si trovano nel mezzogiorno, di questi, 7 si trovano in Sicilia; lo sport è un collante sociale fondamentale e rappresenta un fattore di benessere psicofisico sia individuale che collettivo. Soprattutto per i più giovani. La pratica sportiva infatti influisce su numerosi aspetti dello sviluppo di bambini e ragazzi, da quello fisico alla crescita, anche educativa. È infatti in un contesto di gioco che può essere facilitata la trasmissione di valori come il rispetto delle regole e degli avversari, la dedizione personale, la lealtà verso i compagni e la squadra.
UNO SU CINQUE NON LO PRATICA
L’attività sportiva può essere il veicolo attraverso cui apprendere questi insegnamenti e migliorare la consapevolezza di sé e del proprio corpo. Per questo incide sulle relazioni sociali con coetanei e adulti e sulla salute personale, in particolare rispetto al rischio di sedentarietà. Rischio che, come abbiamo avuto modo di illustrare, non è affatto trascurabile tra i più giovani, in particolare dopo l’emergenza Covid. Un minore su cinque di età superiore ai sei 6 anni non pratica sport nel tempo libero. Più frequentemente della media, infatti, i minori fanno sport in modo organizzato e al chiuso, spesso nell’ambito di impianti sportivi, ovvero proprio il genere di contesto che ha risentito delle restrizioni necessarie al contenimento della pandemia. Ma ora che l’emergenza è alle spalle, qual è la situazione degli impianti sportivi in Italia? E in che modo la disponibilità di spazi e occasioni dove fare sport può incidere sulla condizione attuale di bambini e ragazzi?
DAL TERRITORIO EMERGE LA NECESSITÀ DI IMPIANTI
La necessità di impianti per fare sport sul territorio. È giusto del mese scorso l’annuncio che sarà avviato un nuovo censimento degli impianti sportivi nel paese. I dati provenienti da quello più recente svolto, relativo al 2022, hanno mostrato una situazione non rosea. Sia in termini di disponibilità di impianti rispetto ai paesi dell’Unione europea, che per i divari territoriali interni al paese. Sul primo aspetto, il nostro paese è agli ultimi posti Europa per quanto concerne le spese complessive e pro capite per lo sport. Di conseguenza, anche l’offerta di strutture è molto inferiore rispetto alla media europea. Con la presenza sul territorio nazionale di 131,1 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti nel 2022, l’Italia si posiziona ultima tra i peers dell’Unione europea in quanto a dotazioni infrastrutturali nel settore: 1,9 volte in meno rispetto alla media di Francia, Spagna e Germania e, in particolare, 2,4 volte in meno della Francia. Il divario con la Finlandia invece, il paese con il miglior livello di popolazione attiva in Europa, sale a 4,6 volte in meno.
DIVARIO TRA SETTENTRIONE E MERIDIONE
In termini di diffusione territoriale degli impianti dove fare sport, abbiamo già avuto modo di analizzare i divari nord-sud rispetto alla dotazione palestre nelle scuole. Una tendenza che però riguarda anche l’impiantistica extra-scolastica. Sono 77.000 gli impianti e le infrastrutture dedicate allo sport in Italia. A fronte di una media nazionale di 131,1 impianti ogni 100.000 abitanti, la dotazione maggiore si raggiunge nel centro e nel nord, con circa 140 strutture ogni 100.000 residenti. Molto indietro invece Sud e Isole, con meno di 107 impianti ogni 100.000 abitanti. Nel mezzogiorno la dotazione di impianti sportivi è inferiore a quella del’Italia settentrionale, dove si concentra oltre la metà delle strutture (51,8%), quindi un terzo in più rispetto. Il ritardo dell’Italia meridionale sull’impiantistica non emerge soltanto nella capillarità territoriale, ma anche da altre caratteristiche dell’attuale offerta, infatti, le regioni del mezzogiorno sono agli ultimi posti per disponibilità di discipline praticabili.
DIVARIO NELLA DISPONIBILITÀ DI DISCIPLINE PRATICABILI
Questo tasso di praticabilità sportiva è stato calcolato dall’Osservatorio Valore Sport rispetto alle 61 discipline sportive riconosciute dal Coni: se sul territorio è presente almeno una società affiliata per ogni disciplina è pari al 100%, se nessuna allo 0 percentuale. In concreto oscilla tra l’87% di discipline presenti in Trentino Alto Adige Südtirol e il 62% in Molise e Basilicata. Rispetto alla densità degli operatori sportivi delle società riconosciute, si va dai 17,8 operatori per società sportiva della Toscana agli 11,1 della Sicilia, ultima in Italia. Inoltre, nel mezzogiorno gli impianti per fare sport presentano più problemi. Infatti, da una successiva ricerca promossa da Sport e Salute, Svimez e Uisp basata su un campione di impianti è emerso come nel 2023 risultasse pienamente funzionante il 91% degli impianti del centro-nord e l’81% nel mezzogiorno. Mentre la quota di strutture inutilizzabili appare omogenea (meno dell’1% in entrambe le aree), nell’Italia meridionale è molto più elevata la quota di impianti parzialmente funzionanti: 17,7% del campione, oltre il doppio del centro-nord (8,29%).
IMPIANTI INUTILIZZABILI
Si tratta di strutture che, in base a quanto dichiarato dai rispondenti, necessitano di urgenti ristrutturazioni per l’usura, possono avere problemi di illuminazione o di guasti agli impianti, oppure mancare di spazi adeguati allo svolgimento delle attività. In termini di accessibilità, nel Sud continentale oltre il 27% delle strutture non è accessibile agli utenti con disabilità (contro il 20% del centro-nord e il 16% delle isole). In tutto il mezzogiorno comunque l’offerta appare incentrata soprattutto su strutture private. L’offerta di impianti sportivi pubblici sembrerebbe maggiormente carente in Sicilia, dove la quasi totalità del campione (il 90%) ha dichiarato di praticare sport in strutture a gestione privata, seguita da Campania, Calabria e Puglia dove la pratica sportiva negli impianti pubblici riguarda circa il 30% dei rispondenti o meno. Tutto questo ha un impatto sulla condizione dei giovani. Un’offerta così diseguale, distante dalla dotazione infrastrutturale presente nei principali paesi europei, è un problema che si pone sotto diversi aspetti riiguardo alla condizione giovanile.
DIVERSO TASSO DI ACCESSO
Come premesso, i minori svolgono attività fisica più spesso della media all’interno di impianti, quindi una carenza di tali strutture rende più difficile l’accesso alla pratica sportiva. Nella letteratura sono state individuate anche altre tendenze rilevanti. Analisi recenti, come quella sul costo sociale e sanitario della sedentarietà, promossa da Svimez, Uisp e Sport e Salute, hanno sottolineato la correlazione tra il tasso di sedentarietà regionale e le presenze medie mensili in impianti della regione. Altri studi, come il rapporto 2023 dell’Istituto per il credito sportivo insieme a Sport e salute, hanno segnalato un ritorno positivo anche in termini sociali dell’offerta di luoghi dove fare sport. La creazione di luoghi e occasioni dove fare sport può ad esempio offrire un contributo nel contrasto all’inattività tra i più giovani. Potenzialmente, anche rispetto al fenomeno dei neet, giovani che non studiano non lavorano e non sono in formazione.
STIMOLARE I «NEET»
Un altro aspetto rilevato è quello della percentuale di neet (Not engaged in education, employment or training), ossia coloro che non lavorano, non studiano e non stanno cercando un’occupazione, che però, grazie ai progetti del Fondo, hanno avuto modo di formarsi per svolgere una professione in ambito sportivo oppure di inserirsi in contesti scolastici o educativi stimolanti, emancipandosi da questa condizione di inattività. Un fenomeno, quello dei giovani neet, che incide maggiormente nei comuni del Mezzogiorno, mentre in invece in otto città l’incidenza dei neet risulta essere inferiore al 18%, si tratta di Belluno (16,1%, che è il capoluogo con meno giovani non inseriti in percorsi di studio, lavoro o formazione), Pesaro, Rimini, Siena, Forlì, Prato, Aosta e Ravenna.
foto: Marko Milivojevic (Pixnio), licenza openpolis
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