ECONOMIA, sviluppo sostenibile. Nel mondo regredisce la circolarità

Il tasso di circolarità nell’economia mondiale è sceso dal 9,1% al 7,2% in cinque anni. L’Italia rimane il paese più circolare d’Europa, con un tasso di riutilizzo dei materiali pari al 18,4% nel 2021 (ultimo dato disponibile) contro una media nell’Unione europea dell’11,7% (ma eravamo al 20,6% nel 2020 e al 19,5% nel 2019). È quanto emerge dal quinto Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzato da Circular Economy Network (CEN) ed ENEA, presentato recentemente a Roma alla presenza, tra gli altri, di Gilberto Pichetto Fratin (ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica), Edo Ronchi (presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile) e Roberto Morabito (direttore del Dipartimento ENEA di sostenibilità̀ dei sistemi produttivi e territoriali)

Roma, 16 maggio 2023 – «Per un Paese come l’Italia, decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, poiché ne importa oltre il 99%, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, la fonte di materie prime critiche più prontamente accessibile», questo è quanto affermato introducendo il tema Roberto Morabito, direttore del Dipartimento ENEA di sostenibilità̀ dei sistemi produttivi e territoriali. Nonostante gli allarmi sulle crisi ambientali si rincorrano, il tasso di circolarità nell’economia mondiale sta però diminuendo, infatti, in cinque anni si è passati dal 9,1 al 7,2 per cento. In altre parole, il Pianeta ricicla e riusa di meno. Tra le prime cinque economie dell’Unione europea l’Italia permane il paese più circolare degli altri, seppure negli ultimi cinque anni abbia perduto posizioni rispetto agli altri membri dell’Ue, che invece accelerano. «Non possiamo sederci sugli allori, occorre fare di più per mantenere la leadership», sottolinea ancora Morabito.

TASSO DI UTILIZZO CIRCOLARE DEI MATERIALI NELLA UE

Il tasso di utilizzo circolare dei materiali in Italia è al 18,4%, resta più alto della media europea (11,7%) nel 2021 (ultimo dato reso disponibile), ma il Paese era al 20,6% nel 2020 e al 19,5% nel 2019. Per la produttività delle risorse è assieme alla Francia davanti alle altre principali economie europee, con 3,2 euro generati per ogni chilogrammo di materiale consumato e anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti (speciali e urbani) si pone alla testa del gruppo con il 72 per cento. Nella classifica complessiva della circolarità delle cinque principali economie dell’Unione europea (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) restiamo dunque leader ma nella tendenza degli ultimi cinque anni perdiamo posizioni: la Spagna ci segue a ruota e sta tenendo un ritmo di cambiamento più veloce dell’Italia.

IL RAPPORTO NAZIONALE SULL’ECONOMIA CIRCOLARE

Sono questi alcuni dei dati al centro della quinta edizione del Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzata dal Circular Economy Network in collaborazione con ENEA e con il patrocinio della Commissione europea, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e da quello delle Imprese e del Made in Italy, presentato il 16 maggio scorso a Roma, presso il Nazionale Spazio Eventi di via Palermo. All’evento, i cui lavori sono stati aperti da Gilberto Pichetto Fratin (ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica), hanno partecipato Edo Ronchi (presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile), Roberto Morabito (direttore Dipartimento ENEA di sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali), Laura D’Aprile (capo Dipartimento sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica), Barbara Clementi (dirigente della Divisione economia circolare della Direzione generale per la politica industriale, l’innovazione e le piccole e medie imprese del Ministero delle Imprese e del Made in Italy), Katia Da Ros (vicepresidente per l’Ambiente di Confindustria), Stefano Ciafani (presidente Legambiente) e Giorgio Graziani (segretario confederale della Cisl).

COSTI DELL’ECONOMIA GLOBALE IN TERMINI DI RISORSE

Il dato da cui muove l’analisi è preoccupante: l’economia globale brucia oltre cento miliardi di tonnellate di materiali l‘anno. Accelerare la transizione all’economia circolare, dunque, contribuirebbe a migliorare le condizioni del Pianeta perché l’estrazione di materiale vergine potrebbe diminuire di oltre un terzo (-34%) e le emissioni di gas serra potrebbero essere ridotte contenendo l’aumento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi, salvaguardando insostituibili ecosistemi fondamentali per la vita del Pianeta. Ma ci sarebbero anche consistenti benefici economici. A partire da un importante contributo alla lotta contro l’inflazione che viene alimentata dai rincari del costo dei materiali e dell’energia: le strategie mirate al recupero di materia ed energia hanno un evidente effetto deflattivo.

RISPETTARE IL CRONOPROGRAMMA DELLA STRATEGIA NAZIONALE

«Occorre accelerare, anche per combattere l’inflazione: se il costo delle materie prime e delle risorse aumenta, la circolarità è una risposta concreta alla crisi. Per questo è fondamentale dotarci di tutti gli strumenti utili per sviluppare pienamente l’economia circolare – sostiene Edo Ronchi -, in particolare, come Circular Economy Network, chiediamo di rispettare il cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, recepire tempestivamente le misure europee, rafforzare il sostegno alle imprese, prevedere misure di fiscalità ecologica nella legge delega. È necessario inoltre sviluppare l’economia circolare delle materie prime critiche, garantire la realizzazione degli impianti previsti dal PNRR, accelerare i tempi di realizzazione degli impianti di riciclo e dei “progetti faro” già finanziati, per colmare il gap tra Centro-Sud e Nord e garantire un’adeguata dotazione impiantistica. Sui rifiuti è essenziale dare piena attuazione al Programma nazionale di gestione dei rifiuti, aggiornare entro fine anno i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive dell’Unione europea, accelerare e semplificare le normative sull’End of waste, sviluppare la simbiosi industriale, nonché adottare il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti».

DRAMMATICA DIPENDENZA DALL’ESTERO

«L’Italia importa oltre il 99% delle materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea – ha aggiunto Roberto Morabito -, le materie prime critiche sono fondamentali per le filiere hi-tech più legate alla transizione energetica, circolare, digitale e alla qualità della vita in generale. A seguito delle emergenze degli ultimi anni, la richiesta di materie prime a livello globale si è bruscamente impennata, così come il loro prezzo, determinando un aumento del rischio di approvvigionamento con conseguente impatto negativo sulla competitività delle nostre filiere produttive, che rappresentano oltre il 30% del prodotto interno lordo nazionale. Per un paese come l’Italia, decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile».

ITALIA PAESE LEADER IN EUROPA

La classifica complessiva di circolarità nelle principali cinque economie dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) è basata su sette indicatori: tasso di riciclo dei rifiuti; tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo; produttività delle risorse; rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali; quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia; riparazione; il consumo di suolo.  Anche per questa edizione, a guidare la classifica è l’Italia, che totalizza 20 punti. Seguono Spagna (19 punti), Francia (17), Germania (12) e Polonia (9). In generale, considerando l’andamento degli ultimi anni, l’Italia migliora meno della Polonia, che parte da livelli molto bassi di circolarità, e della Spagna che sta correndo più velocemente, mentre tiene lo stesso passo della Francia e va un po’ più veloce della Germania.

RIFIUTI ED ENERGIA

La percentuale di riciclo dei rifiuti nel 2020 è stata del 53% in Europa e del 72% in Italia, uno dei tassi di riciclo più alti nell’UE. Rispetto alle altre principali economie europee, l’Italia nel 2020 ha consolidato il suo primato, superando di circa 17 punti la Germania. Il tasso di crescita negli ultimi dieci anni è invariato per l’Unione europea, mentre è salito dell’8% in Italia e del 3% in Spagna. Per quanto riguarda i valori pro capite, è prima l’Italia con ben 969 kg/abitante l’anno avviati a riciclo, seguono Germania (921), Polonia (726), Francia (625) e Spagna (472). Meno positivo invece l’andamento del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (il rapporto tra l’uso circolare di materia e l’uso complessivo, cioè da materie prime vergini più materie riciclate). Nell’Unione europea nel 2021 questo valore è stato in media dell’11,7%, -0,1% rispetto al 2020; per la prima volta, dunque, l’Italia nel 2021 ha subito un calo, attestandosi al 18,4% (2,2% in meno rispetto all’anno precedente), perdendo il primato tra le cinque principali economie europee, superata dalla Francia, in testa con 1,4 punti percentuali in più. Nel 2021 in media, in Europa, a parità di potere d’acquisto, per ogni chilogrammo di risorse consumate vengono generati 2,1 euro di prodotto interno lordo. Anche per questo indicatore l’Italia (-7% nell’ultimo biennio) è stata raggiunta dalla Francia: ambedue sono a 3,2 €/kg. Seguono Germania (2,7 €/kg) e Spagna (2,6 €/kg), mentre staccata è la Polonia (0,8 €/kg).

LE IMPRESE CHE RIPARANO

Nel 2020 l’Italia, con quasi 24.000 imprese che svolgono attività di riparazione, si è posta al terzo posto tra le cinque economie più importanti d’Europa, dietro alla Francia (35.300 imprese) e alla Spagna (29.100). Negli ultimi dieci anni, però, le nostre aziende sono diminuite: 2.622 in meno rispetto al 2011, quasi il 10 per cento; calano anche in Polonia, mentre crescono in Spagna, Francia e Germania. Se si considera il valore della produzione generato dalle aziende, in Italia supera i 2,1 miliardi di euro (+122 miliardi di euro circa rispetto al 2011). Siamo dietro alla Francia (4,5 miliardi di euro), a pari merito con la Spagna e davanti alla Germania (2 miliardi di euro). Gli addetti alle imprese di riparazione operanti in Italia nel 2020 sono quasi 10.800 (in calo di circa 1.500 rispetto al 2019 e di 2.300 circa sul 2011), mentre Germania, Spagna e Francia impiegano un numero di addetti più che doppio rispetto all’Italia.

STILI DI CONSUMO: LE ABITUDINI DEGLI ITALIANI

Sempre in occasione della Conferenza sull’economia circolare, è stata inoltre presentata una indagine effettuata da CEN e Legacoop in collaborazione con IPSOS, su un campione rappresentativo di cittadini, che conferma l’interesse degli italiani per l’economia circolare. Negli ultimi tre anni, infatti, quasi un italiano su due (il 45% degli intervistati) ha acquistato un prodotto usato, mentre uno su tre (il 36% del campione) un prodotto ricondizionato o rigenerato. Oltre l’80% delle persone intervistate pensa che ridurre il packaging sia importante. A leasing, noleggio e sharing fa ricorso più della media (+10-11%) dalla fascia di popolazione di età compresa tra i diciotto e i trenta anni. Gli under 30, però, sono i più scettici circa le proposte per incentivare un approccio più circolare alle scelte d’acquisto, hanno poca fiducia nella capacità di migliorare la governance del settore.

www.circulareconomynetwork.it

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