BALCANI, questione kosovara. Una pallida speranza di pace, ma Putin potrebbe tentare di polverizzarla ricorrendo i suoi «contractors»

Serbia e il Kosovo forse sono più vicine che mai a un accordo storico, tuttavia occorre un maggiore lavoro sul piano diplomatico oltre a reciproci sforzi su quello della buona volontà. I leader albanesi e quelli serbi si sono incontrati a Bruxelles alla fine di febbraio, quando l'Unione europea ha incrementato la pressione su entrambe le parti al fine di raggiungere un’intesa, che, qualora avvenisse, si potrebbe definire «rivoluzionaria», qualcosa in grado di normalizzare le relazioni tra i due paesi. Ma il Cremlino potrebbe tentare di destabilizzare la regione, assieme a Moldavia e Georgia, allo scopo di distrarre l’Europa dalla guerra in Ucraina

a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano e attualmente membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – La Repubblica di Serbia e il Kosovo forse sono più vicine che mai a un accordo storico, tuttavia occorre un maggiore lavoro sul piano diplomatico oltre a reciproci sforzi su quello della buona volontà. I leader albanesi e quelli serbi si sono incontrati a Bruxelles alla fine di febbraio, quando l’Unione europea ha incrementato la pressione su entrambe le parti al fine di raggiungere un’intesa, che, qualora avvenisse, si potrebbe definire «rivoluzionaria», qualcosa in grado di normalizzare le relazioni tra i due paesi.

IL VERTICE DI BRUXELLES

Dopo più di due decenni di contrasti su vari aspetti, esse hanno ammesso di sentirsi sempre più pressate dai governi democratici occidentali allo scopo di indurle a raggiungere un accordo. Dopo il vertice del 27 febbraio a Bruxelles, il responsabile per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato che i capi di governo di Kosovo e Serbia in quella sede avevano approvato un piano di pace, però necessitavano di ulteriori colloqui per concordare come attuarlo. Un’altra riunione dei leader, secondo Borrell, sarà necessaria a metà marzo, con un possibile accordo finale previsto per la fine del prossimo mese di aprile.

IL PIANO FRANCO-TEDESCO

«Sono lieto di annunciare che Aleksandar Vučić e Albin Kurti hanno concordato che non saranno necessarie ulteriori discussioni sulla proposta dell’Unione europea, ha al riguardo dichiarato Borrell. Il piano, immediatamente reso pubblico, è stato inizialmente indicato quale frutto di un accordo franco-tedesco. L’obiettivo principale di esso sembrerebbe infatti essere quello di costringere Serbia e Kosovo a riconoscere de facto le loro reciproche esistenze, senza tuttavia spingersi al riconoscimento de jure. Belgrado dovrebbe inoltre consentire a Pristina di accedere alle organizzazioni internazionali, a cominciare dall’Onu, nel cui Consiglio di Sicurezza la Russia e la Cina Popolare, notoriamente vicine alla Serbia, hanno diritto di veto. L’accordo proposto prevede che i cittadini possano muoversi liberamente tra il Kosovo e la Serbia utilizzando i propri passaporti, reciprocamente riconosciuti, documenti d’identità e targhe automobilistiche.

I TERMINI DELL’EVENTUALE ACCORDO

Esso «implica che i giovani e meno giovani possano studiare e lavorare senza chiedersi se i loro diplomi e dove li hanno ottenuti possano essere un problema», ha aggiunto il Commissario europeo. Infine, l’accordo «può offrire nuove opportunità economiche attraverso una maggiore assistenza finanziaria, la cooperazione commerciale e nuovi investimenti in Kosovo e Serbia, che soprattutto per i serbi in Kosovo significherebbe una maggiore sicurezza e certezza del diritto, un aspetto che avrebbe valenza anche riguardo alla Chiesa ortodossa serba, nonché per ciò che concerne i siti facenti parte del patrimonio culturale e religioso. Sono necessarie ulteriori trattative al fine di determinare le modalità specifiche di attuazione delle disposizioni, tuttavia, soltanto il fatto che l’Unione europea abbia affermato che entrambe le parti concordano sull’accettabilità del piano, fa ventilare l’ipotesi che esso possa essere in vista.

LA PALLIDA SPERANZA DI PACE

A seguito dell’incontro sia Vučić che Kurti hanno dichiarato che non c’era stata alcuna svolta, quindi si sono attaccati a vicenda, rivolgendosi ai propri media nazionali sottolineando che non sarebbero state fatte concessioni nonostante le forti pressioni esercitate da Europa e Stati Uniti d’America per il raggiungimento di un accordo. Vučić, in particolare, ha definito i colloqui «inefficaci», aggiungendo al riguardo che non era stata fissata una tabella di marcia, pur accettando la prosecuzione dei colloqui. Kurti è stato invece più ottimista, poiché si è detto disposto a firmare un accordo qualora la controparte avesse mostrato la sua disponibilità a procedere oltre. Gli osservatori delle dinamiche regionali balcaniche continuano a chiedersi che tipo di vantaggi avrebbero Serbia e Kosovo nell’eventualità accettassero il Piano franco-tedesco. Con il processo di integrazione nell’Unione europea in fase di stallo, non è chiaro cosa ci guadagnerebbe Belgrado in assenza di passi concreti verso la piena integrazione serba.

I DUBBI E LE SOTTIGLIEZZE A BELGRADO E PRISTINA

Il Kosovo potrebbe invece chiedersi se il Piano risulti per lei ancora interessante, poiché esso dovrebbe includere il «pieno riconoscimento reciproco». Inoltre, sussistono ancora preoccupazioni su come entrambi i leader venderebbero qualsiasi potenziale accordo alle rispettive opinioni pubbliche. Da evidenziare, per chiarire anche la situazione sul piano sociale, che secondo l’organizzazione non governativa Kosovo’s Center for Affirmative Social Actions (CASA), negli ultimi dieci anni il numero di bambini serbi nelle scuole primarie e secondarie del Kosovo è diminuito di 10.000 unità, a fronte di un esodo dalla ex provincia autonoma di complessive 40.000 persone appartenenti a quella stessa etnia, mentre dieci anni fa in Kosovo ne vivevano 120.000. Gente che ha abbandonato la sua terra a causa dell’insicurezza e dell’inesistenza di opportunità lavorative.

I CONTRACTORS DI MOSCA INVIATI A DESTABILIZZARE I BALCANI

Il conflitto in Ucraina permane in ogni caso il convitato di pietra: sempre presente nelle dichiarazioni dei kosovari, che guardano a quanto accade su quel fronte con giustificata preoccupazione. Recentemente, il presidente kosovaro Vjosa Osmani ha accusato Vladimir Putin di aver tentato di esportare il conflitto nei Balcani, oltreché in Moldavia e in Georgia. Osmani ha aggiunto che il Cremlino tenta di «distrarre l’attenzione dell’Occidente dall’Ucraina. La Russia sarebbe in grado di farlo fomentando altri conflitti in Europa, anche nei Balcani occidentali». Sempre ad avviso di Osmani, tentativi di destabilizzazione, come le operazioni condotte sotto falsa bandiera, erano già stati posti in essere nei mesi scorsi, allo scopo Mosca avrebbe inviato i loco forze paramilitari travestite da civili attraverso rotte illegali che conducono nel territorio kosovaro. Anche questa possibile minaccia rafforza la necessità di un incisivo controllo e permanenza nel Kosovo della missione NATO KFOR, che attualmente è a guida italiana.

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