CINEMA, lutti. È morto un attore: Jean Louis Trintingnant

Vabbene, cosa possiamo dire di più? Dobbiamo tirare fuori dai nostri cassetti i «coccodrilli» che avevamo preparato per lui, con lo avevamo fatto per molti altri quando era successo e se ne era presentata l’occasione? Assolutamente no

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Vabbene, cosa possiamo dire di più di lui? Dobbiamo tirare fuori dai nostri cassetti i «coccodrilli» che avevamo preparato per lui, con lo avevamo fatto per molti altri quando era successo e se ne era presentata l’occasione? Assolutamente no. No. Trintignant il francese… ma, in realtà: quanto era italiano? E quanto era davvero bandito corso? O, mite uomo vittima appartenente a quella piccola e media borghesia francese degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta? E la sua tragedia personale? La figlia uccisa barbaramente da quella testa di cazzo del marito? Chi avrà mai potuto lenire solo minimamente il suo dolore?

MOLTI UOMINI SENZA DOMANI

Quante interpretazioni di uomini buoni ha fatto, chissà se lui era davvero così. Noi vogliamo credere che sia stato così, come il radiotecnico di “Noi due senza domani” (Le train, 1973), regia di Pierre Granier-Deferre, che lui  interpretò magistralmente assieme all’altra musa che fu, anch’ella tragicamente sfortunata, Romy Schneider. Trintignant è morto a novantuno anni. Vecchio, certo. Ma ha saputo intrepretare molti diversi personaggi, buoni e cattivi. Anche molto cattivi. “Le fanfaron” ad esempio, titolo francese de “Il sorpasso”, cioè, come dire, lo sbruffone, un film capolavoro che Dino Risi girò fino alla fine senza sapere quale sarebbe stato il destino di quell’Aurelia B-24 spider, precipitata o meno prima della costiera ligure, con quel ragazzo (Trintignant studente di Giurisprudenza timido e impacciato) che era il paradigma di una gioventù che non riusciva «a essere sé stessa», «a divertirsi», «a vivere».

L’ANTAGONISTA DI FLIC STORY

Prima era stato un terribile bandito del dopoguerra, ma non solo: anche italiano per bene come ne “Il successo”, assieme al rampante e solo Vittorio Gassman, che con lui fu interprete di molte altre opere cinematografiche. Eppoi “Caro papà”, rappresentazione di uno spaccato borghese e di potere al tempo del terrorismo marxista-leninista in Italia. Infine, “Un uomo e una donna” (Un homme et une femme) di Claude Lelouch, del 1966: così vorrei che si imprimesse nella mia mia mente di vecchio bacucco e nostalgico Jean Louis Trintignant, con quella musica, e lui che rincorre la sua amata alla stazione e la incontra, e la abbraccia sensualmente. Ebbene, tutto questo non basta, poiché Trintignant (e i suoi film, e la società, italiana o francese che sia, che traspare da quei film) dobbiamo rivederli. Soltanto così forse riusciremo ad apprezzare davvero quest’uomo, artista e sfortunato.

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