LAVORO, evoluzione. Pandemia e lessons learned: il «near working» aziendale diventa un’opportunità per la nascita di una nuova figura professionale: il «digital coworking manager» di quartiere

Essa è in grado di fare rete tra aziende, dipendenti, liberi professionisti e territorio nelle nuove «città a 15 minuti». Una riflessione sostenuta da ricerche e dati a cura di Massimo Carraro, fondatore della rete COWO, il maggiore network del settore in Italia

Quale sarà  il futuro dello smartworking? Tornare indietro è impossibile, quindi si rende necessario ripensare il concetto di lavoro a distanza al fine di sostenere lo sviluppo del «near working» aziendale, aspetto sul quale, in modo pionieristico, il Comune di Milano ha dedicato un’ampia riflessione durante il periodo più duro della pandemia. È un nuovo modo di lavorare, a metà strada tra lavoro agile e in ufficio: infatti, nel near working i dipendenti svolgono le proprie attività in coworking situati in varie zone della città, così da ridurre la distanza tra l’abitazione privata e l’ufficio.

LAVORARE DA CASA

Lavorare da casa non è stato per tutti così semplice e non è sempre la soluzione migliore. Secondo quanto emerso dall’Osservatorio smart working (2020) del Politecnico di Milano, realizzato su un campione di 241 grandi imprese, 636 Pubbliche amministrazioni, 572 lavoratori, le maggiori difficoltà per dipendenti e datori di lavoro, in pandemia, sono state connesse al tema del work-life balance. Per i lavoratori, in particolare, dover lavorare con tecnologia non adeguata alle mansioni da svolgere (per il 29%) ha creato parecchio disagio, così come vi sono stati un progressivo e invalidante senso di isolamento (29%), e sensazione di essere “sempre connesso e operativo”(26%). In ultimo, la difficoltà nella gestione della vita lavorativa e familiare per il 27% degli intervistati. La mancanza di spazi adeguati all’interno dell’ambiente domestico ha contribuito ad alimentare quel clima di confusione che non consente di separare adeguatamente il tempo del lavoro dai momenti di vita privata. L’iper connessione è diventata un fenomeno sociale importante che non interessa più solo i liberi professionisti.

COWORKING DI PROSSIMITÀ

Considerato che durante la pandemia, secondo un’indagine dell’Università Cattolica di Milano il 37% degli spazi di coworking ha registrato un consistente aumento dell’afflusso dei dipendenti di aziende private, spinti dall’esigenza di trovare posti adeguati dove lavorare nei pressi delle proprie abitazioni e di separare lo spazio domestico e dal tempo del lavoro, l’idea della «città a 15 minuti» diventa la risposta adeguata al coworking di prossimità. Il fenomeno dello smartworking aziendale appare duraturo, non limitato all’attuale fase pandemica: il 40% degli spazi intervistati considera la diffusione dello smart working aziendale una grande opportunità per il domani, il 37% ritiene le aziende un target chiave per il futuro. A questo s’affianca l’incremento delle partite Iva. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sono circa 549.500 le nuove partite Iva aperte nel corso del 2021, con un aumento del 18,2% rispetto al 2020, tra queste il 67,2% è stato aperto da persone fisiche.

LAVORARE DA REMOTO PRODUTTIVAMENTE

Ad avviso di Massimo Carraro, fondatore del Network di Coworking indipendenti Rete Cowo®, che conta attualmente oltre cento spazi in tutta Italia e Canton Ticino «lavorare da casa o in ufficio deve essere una scelta per i dipendenti, integrabile  con altre possibilità che prevedono di operare in spazi condivisi o di spostarsi in un’altra località grazie a strutture turistiche sempre più attrezzate in quest’ottica, al fine di definire un reale miglioramento della qualità della vita in smartworking». secondo Carraro i coworking possono essere la rete nodale informativa per lo sviluppo di un network di conoscenza tra le varie offerte disponibili. «L’incremento di questi servizi diventa anche un’opportunità nel miglioramento del lavoro dei liberi professionisti che, fino a oggi, hanno avuto difficoltà nella gestione delle loro attività al di fuori di ambienti domestici strutturati e coworking». Oltre ai liberi professionisti, allenati da tempo a lavorare in autonomia e per obiettivi, sono tutti davvero capaci di lavorare da remoto in maniera produttiva? Per rispondere a questa e a tante domande sul nuovo mondo del lavoro, nasce una nuova figura professionale negli spazi di coworking.

FORMAZIONE E SUPPORTO

Un coworking crea senso di comunità, relazioni, consente il superamento dei limiti geografici e tecnologici per svolgere il proprio lavoro, offrendo postazioni adeguate e connessioni wifi stabili e ha la possibilità di offrire occasioni di training formativo ai dipendenti di aziende che qui lavorano. Può proporsi quale facilitatore aziendale per un’efficiente ottimizzazione del lavoro gestito in autonomia a distanza, offrendo supporto ed educazione alla digitalizzazione per quei lavoratori che usano strumenti tecnologici con più difficoltà. Da qui la necessità che il tradizionale coworking manager diventi una figura professionale ad alto livello di competenze e connesso col mondo dei formatori.

La rinascita delle periferie può partire da questi spazi di lavoro multidisciplinari e polivalenti che reinventandosi diventano luoghi di aggregazione, formazione e informazione sulle attività, i servizi e le opportunità presenti nel quartiere. Il 20% dei coworking, già nel 2020, ha dichiarato di avere attivato o avere in progetto di attivare nuove partnership di quartiere, con attività commerciali, realtà culturali e associative o anche altri coworking. Il 35% ha affermato di avere avuto nuovi clienti o richieste provenienti dal proprio quartiere.

LAVORO MULTIDISCIPLINARE E POLIVALENTE

Il Coworking diventa così un social network reale e non virtuale in grado di connettere gli abitanti-lavoratori al quartiere, rilanciando le attività economiche locali, capace di connettere il quartiere virtualmente alla città, ma anche ad altri coworking a livello nazionale e internazionale. Innumerevoli sono i vantaggi: crescita e sviluppo dell’economia locale, nascita di relazioni tra cittadini, miglioramento del work life balance dei dipendenti che evitano situazioni di pendolarismo, possibilità di nuove relazioni professionali tra aziende e liberi professionisti che animano il coworking con relativa contaminazione di idee e, infine, impatto positivo sulla riduzione del traffico e dell’inquinamento urbano. Prosegue al riguardo lo stesso Carraro che «capacità di gestire una community, sensibilità ai rapporti umani, conoscenza delle dinamiche di gruppo, competenze di social media marketing, capacità di creare relazioni con le realtà commerciali e ricreative della zona e con le aziende dove lavorano i dipendenti che la abitano, ricerca di formatori per colmare gap della community aziendale presente: sono queste le caratteristiche del Digital Coworking Manager di quartiere. Non più solo manager di uno spazio ma facilitatore di connessioni professionali e umane attraverso incontri dal vivo e relazioni digitali».

MILANO COLLABORA

Tutte le ricerche citate sono raccolte nel documento “Coworking a Milano: dalla pandemia alla città a 15 minuti”, maggio 2021. Parte del progetto Milano Collabora, un’iniziativa del Comune di Milano, Direzione Economia urbana e Lavoro, realizzata in collaborazione con TraiLab, Università Cattolica del Sacro Cuore, DATSU Politecnico di Milano e Collaboriamo Aps.

CHI È  IL DIGITAL COWORKING MANAGER DI QUARTIERE

Che lavoro fa il Coworking Manager di quartiere? Quanto impegno comporta? Quali le competenze necessarie? Queste le domande alle quali Carraro, che con Cowo eroga da sempre formazione dedicata attraverso sessioni online e di coaching sugli aspetti gestionali dei coworking, ha risposto presentando una guida pratica e concreta:

soft skills: problem solving, capacità di ascolto e curiosità: apertura mentale, curiosità e abilità nelle pubbliche relazioni per scoprire i coworker, le loro esigenze e indagare le possibili connessioni con la vita del quartiere;

risiedi nel quartiere. Essere residente nella zona dove c’è il coworking al quale ti proponi per diventare coworker manager di prossimità o dove decidi di aprire il tuo spazio. Esploralo, diventa un esperto;

impara facendo e sii creativo: non è una figura professionale definita, ma ancora da inventare e sviluppare su linee guida precise. Sii propositivi e racconta le opportunità che puoi intravedere;

formazione digitale impeccabile: i social media sono le piattaforme di connessione professionale e personale privilegiata. Un coworking manager di quartiere ha una formazione nell’utilizzo funzionale dei social media e nelle strategie adv per valorizzarne la comunicazione. È anche un abile community manager. La comunità resta sempre connessa anche fuori dal coworking. È un aspetto fondamentale per non creare disaffezione e il desiderio di connessione è confermato anche dai dati: il 17% degli spazi ha organizzato eventi ed iniziative online dedicate alla propria community nel lockdown. Un approccio che deve continuare con l’interazione dal vivo;

capacità commerciali: sviluppare una rete con i commercianti e i ristoratori della zona, creando agevolazioni per i propri iscritti è un ottimo modo di incentivare l’economia locale e sviluppare accordi economici profittevoli per il coworking. Indispensabile comprendere l’ecosistema territoriale, essere pronti ad adattare tariffe e articolazione dei servizi anche più volte, secondo le tendenze e le richieste;

ascolto e recruiting: interrogare regolarmente la propria community di dipendenti, aziende connesse e freelance per identificare le esigenze formative e fare uno scouting serio con Linkedin e confronto con professionisti per organizzare corsi formativi di qualità capaci di colmare gap che limitino la produttività nello smart working;

sviluppo dell’unicità e dell’identità dello spazio: valorizza la specificità della proposta nel tuo quartiere. “Lo spazio di mercato c’è, ma la proposta deve essere unica” spiega Carraro. Col tempo non sarai l’unico a offrire questo servizio e la capacità di richiamare un pubblico sempre più verticale perché attratto dal tuo specifico approccio sarà l’elemento che determinerà la scelta. Che sia uno spazio orientato a un specifico settore, che lavori sul tema green e sostenibile o che si differenzi per un ambiente particolarmente informale. Distinguersi fa la differenza;

pubbliche relazioni con presenza discreta ma attenta. Gestire bene lo spazio, con regole di comportamento condivise e chiare, essere una figura di riferimento sempre. Il Coworking richiede un’amorevole cura in tutti gli aspetti che definiscono una relazione. Non ore di lavoro, ma approcci di qualità.

La convivenza tra queste diverse tipologie di professionisti richiede una competenza specifica  dell’amministrazione dello spazio in termini assicurativi, gestione privacy e organizzazione che non può essere improvvisata. Il digital coworking manager di quartiere è quel professionista che oltre a gestire tutti gli aspetti burocratici di uno spazio di lavoro e le regole di convivenza deve essere capace di rendere questo ambiente sempre attrattivo e appetibile  per chi abita il quartiere.

NON BASTA UNA SCRIVANIA CONDIVISA…

Oggi che tanti, e non solo i coworking, ma anche bar e spazi comuni condivisi di passaggio, per esempio le stazioni e le biblioteche,  offrono la possibilità di appoggiarsi anche temporaneamente per lavorare i professionisti cercano di più per restare fedeli a un solo spazio di lavoro. La fidelizzazione si ottiene creando nel coworking un’identità forte in cui questi possano riconoscersi in termini valoriali o tematici e sviluppando un network che  sia anche capace di valorizzarli professionalmente.

Il digital  coworking manager di quartiere: una professione nuova che richiede formazione multidisciplinare: come rendere attrattivo il proprio coworking? Come rendere viva la community? Come mantenere connesso il piccolo quartiere al resto del mondo?  La permeabilità tra digitale e offline è l’aspetto fondamentale su cui sviluppare tutte le strategie di comunicazione del digital coworking manager di quartiere. Creare relazioni con le piccole imprese commerciali del quartiere per connetterle alla propria comunità, offrendo vantaggi e opportunità a livello locale è il primissimo passo, ma gestire tramite un uso strategico dei canali social e digitali dello spazio “online” del coworking, al fine di tenere connessi e partecipi i professionisti anche quando sono distanti è vitale.

«A tal proposito – conclude Carraro -, la rete COWO mette a disposizione dei manager degli spazi condivisi aderenti al network una  formazione specifica continuativa (gratuita?), che prevede, tra i tanti, corsi sull’uso delle varie piattaforme social dedicati alla comunicazione del coworking; aggiornamento professionale su temi burocratici come le polizze assicurative specifiche per questi spazi di lavoro e sul le tematiche relative alla tutela della privacy».

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