«Fin dall’inizio del pontificato ho richiamato l’attenzione sulla gestione dei beni temporali ecclesiastici, nella convinzione che come l’amministratore fedele e prudente ha il compito di curare attentamente quanto gli è stato affidato, così la Chiesa è consapevole della responsabilità di tutelare e gestire con attenzione i propri beni, alla luce della sua missione di evangelizzazione e con particolare premura verso i bisognosi», così si è espresso ieri il Pontefice attraverso il suo messaggio rivolto ai partecipanti al convegno Carisma e creatività: catalogazione, gestione e progetti innovativi per il patrimonio culturale delle comunità di vita consacrata, evento promosso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica e dal Pontificio Consiglio della Cultura, che ha luogo da ieri a Roma presso l’Auditorium Antonianum.
ORIENTARE I VARI ISTITUTI ALLA GESTIONE
Il chiaro riferimento al patrimonio immobiliare della Chiesa cattolica romana è stato ampiamente resocontato dalla giornalista Veronica Giacometti di ACI Stampa, che ha ripreso letteralmente l’enunciato del Papa. «Già da alcuni anni – ha aggiunto al riguardo Bergoglio – la Congregazione per i consacrati si preoccupa di orientare i vari istituti alla gestione dei rispettivi beni ecclesiastici a servizio dell’humanum e della missione della. Ne è seguita una serie di convegni e di documenti di spessore dottrinale e di praticità operativa al fine di promuovere una più matura consapevolezza circa la gestione di tali beni, che hanno natura eminentemente ecclesiale dovendo ottemperare alle finalità che la Chiesa loro assegna».
IL CONCETTO RIMARCATO DA BERGOGLIO
Un convegno, quello dell’Antonianum, che nasce dalla collaborazione tra due dicasteri della Curia romana e intende concentrare l’attenzione sul valore ecclesiale, storico, artistico e culturale che molti di questi beni posseggono, concetto rimarcato dallo stesso Bergoglio nel suo messaggio. «Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, infatti, sono stati e continuano ad essere promotori dell’arte e della cultura al servizio della fede, custodi di una parte molto rilevante del patrimonio culturale della Chiesa e dell’umanità», ha egli sottolineato.
«BENI TESTIMONIALI»
«Oggi, si può aggiungere che il valore che essi assumono consiste essenzialmente nella capacità di trasmettere un significato religioso, spirituale e culturale che, per i beni culturali degli Istituti di vita consacrata, consiste soprattutto nel riconoscimento della relazione che essi intrattengono con la storia, la spiritualità e le tradizioni proprie delle specifiche Comunità, in pratica col loro “carisma”. In particolare, essi possono essere considerati beni testimoniali in cui custodire questo carisma per annunciarlo nuovamente, per ripensarlo e attualizzarlo». Per Francesco vi sarebbe dunque «l’esigenza di individuare anzitutto degli elementi di comprensione specifici di tali beni, in modo da definirne le caratteristiche storiche, spirituali, teologiche, ecclesiologiche e giuridiche», tuttavia, egli ha aggiunto, «occorre poi promuovere la catalogazione dei beni nella loro totalità e varietà, archivistici, librari, artistici mobili e immobili, come atto primario di conoscenza e quindi di studio, di tutela giuridica, di conservazione scientifica, di valorizzazione pastorale».
RIUSO DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE DISMESSO
«Infine – ha quindi concluso il Pontefice -, occorre mettere a tema il riuso del patrimonio immobiliare dismesso, esigenza oggi tanto più urgente a causa non solo della contrazione numerica delle comunità di vita consacrata e della necessità di reperire risorse necessarie alla cura delle sorelle e dei fratelli anziani e ammalati, ma anche, in particolare, degli effetti dell’accelerazione del cambiamento legislativo e delle doverose esigenze di adeguamento. La dismissione è causata, non da ultimo, dagli oneri economici di manutenzione e conservazione ordinaria e straordinaria a carico delle suddette comunità, soprattutto in Europa. Il problema va affrontato non con decisioni improvvide o affrettate, ma all’interno di una visione complessiva e di una programmazione lungimirante, e possibilmente anche attraverso il ricorso a comprovate esperienze professionali».