PSYOPS, miti periodicamente utili. La «non» notizia del giorno: presto avremo la fusione nucleare

Grande entusiasmo per il successo dell’esperimento condotto nel laboratorio Jet nel Regno Unito: 59 megajoule prodotti in 5 secondi. Tutta la stampa ha ripreso la notizia pubblicandola in prima pagina, oscurando per un breve lasso di tempo la grave e problematica crisi energetica in atto. I concreti progressi nel settore e la temporanea distrazione di massa a colpi di carta stampata e di servizi televisivi

L’umanità si è sempre nutrita di miti, si tratta di un suo bisogno insopprimibile, dunque questi miti qualcuno li deve pur creare, siano essi miti positivi che miti negativi. Nella prima categoria rientra senza ombra di dubbio quello relativo alla fusione nucleare, i cui attuali cantori in queste ultime ore si dicono convinti che entro il 2050 si renderà disponibile quale «fonte eco-sostenibile» pienamente disponibile.

TRAGUARDO AUSPICABILE

Ovviamente è auspicabile, tuttavia l’enorme entusiasmo (forse eccessivo) che ha pervaso un po’ tutti, a cominciare dai responsabili istituzionali e dalla maggior parte della stampa, induce a un affidamento della gente in un potere salvifico che si attribuisce a qualcosa che ancora non esiste, neppure a livello prototipico. Alla luce di queste considerazioni qualche maligno potrebbe essere dunque portato a ritenere che alla radice di buona parte del battage pubblicitario propinato alle opinioni pubbliche tra ieri e oggi risiedano anche sottili strategie comunicative o, meglio, di persuasione occulta.

SI IMPONE IL PENSIERO UNICO

La notizia è nota: a seguito di una serie di recenti esperimenti effettuati nel laboratorio Jet (Joint European Torus) nel Regno Unito, gli scienziati europei del Culham Centre for fusion energy sono riusciti a generare 59 megajoule di energia in 5 secondi, pari a 11 megawatt di potenza. Che si sia trattato di una quantità doppia rispetto a quella prodotta nel corso di un analogo esperimento effettuato venticinque anni fa lo si è affermato chiaramente anche nei comunicati stampa successivamente diffusi. Un risultato sicuramente incoraggiante, che però va collocato all’interno della sua dimensione onde ingenerare eccessive speranze.

UN PROCESSO REPLICABILE ALL’INFINITO

Infatti, l’incremento nel tempo di iniezione del plasma è stato da 2,5 secondi a 5 ha senza dubbio costituito un grosso successo dal punto di vista scientifico un grosso successo, il problema è però che per poter parlare di impieghi pratici della fusione nucleare si dovrà essere in grado di replicare questo stesso processo all’infinito. All’interno di una macchina si dovrà creare il vuoto, all’interno del vuoto porre un cordone di plasma da eccitare per mezzo di correnti trasmesse da sistemi di realizzazione affatto semplice. Percorso da tali altissime correnti indotte da magneti esterni, il plasma si surriscalderà al punto tale da raggiungere temperature di 150 milioni di gradi centigradi, tali da innescare la fusione, ad esempio, del deuterio.

PLASMA NEL TOROIDE

Torus, al pari delle altre macchine a fusione toroidali (a forma di ciambella) realizzate in questi ultimi anni, si presenta con un involucro esterno in titanio nel cui centro della sua sezione circolare viene focalizzato il plasma composto da nuclei di deuterio o di trizio privati degli elettroni, che, appunto, verrà eccitato elettricamente. Altri magneti svolgono invece la funzione di confinare il plasma al centro del toroide allo scopo di evitare che venga a contatto con la parete, che altrimenti bucherebbe immediatamente. Il parametro caratteristico di questo tipo di macchine viene convenzionalmente indicato con Nτt, cioè il prodotto di tre fattori: N = alla densità del plasma (quantità di nuclei per cm³ all’interno del linea che percorre il centro del toroide), τ = alla temperatura (in gradi centigradi oppure kelvin) e T = al tempo di permanenza, cioè i famosi 5 secondi raggiunti allo Jet.

REPLICARE ALL’INFINITO

Ora, l’obiettivo da conseguire è T = (infinito), poiché il plasma una volta «acceso» tale dovrà poi rimanere, ma in questi ultimi venticinque anni sono stati «guadagnati» soltanto altri 2,5 secondi. N e τ permarranno parametri fissi, poiché se non si raggiungerà una data densità del plasma unitamente alla sufficiente temperatura, la macchina non sarà nelle condizioni di funzionare, a questo punto si dovrà ottenere un tempo sufficiente a realizzare la fusione per poi estrarre il calore dalla macchina e comunicarlo a un fluido termovettore (acqua), generare vapore e quindi inviarlo alla turbina, che soltanto allora genererà il primo chilowattora da fusione nucleare.

LE CRITICITÀ: PLASMA DISRUPTION

Le criticità nel processo di ricerca e sviluppo della fusione nucleare non sono però cosa da poco, a iniziare dal cosiddetto plasma disruption, cioè l’instabilità del plasma, che una volta focalizzato al centro del toroide e portato a una determinata temperatura tenderà spontaneamente a divergere, allontanandosi dall’asse del toroide medesimo, ed estendendosi rischierà di venire a contatto con la parete della macchina fondendola.

In definitiva, i problemi derivanti dal plasma sono quelli del suo isolamento, della sua temperatura, della sua densità e del tempo. Quali sono dunque le prospettive? Se venti anni fa gli auspici erano quelli di ottenere un risultato oggi, attualmente si afferma di riuscire a sviluppare macchine a fusione entro il 2050, cioè tra quasi trenta anni.

VERSO IL RADIOSO FUTURO… MA IN CHE TEMPI?

Di macchine come quella del Culham Centre ne esistono in vari paesi, anche in Italia a Frascati, che adesso potranno venire impiegate per replicare l’esperimento effettuato al Jet. Ma si tratta pur sempre di piccole macchine ancora lontane dalle dimensioni di quelle prototipali che dovranno raggiungere le temperature di iniezione (se ne sta costruendo una in Francia). Si prosegue dunque a piccoli passi, incrementando di volta in volta un poco i tre parametri citati. E ogni volta verranno pubblicati entusiastici servizi giornalistici sui risultati ottenuti al momento, che parleranno di «sviluppi decisivi in direzione della futura produzione di energia abbondante ed eco-sostenibile, fonte di elettricità pressoché illimitata».

E qui, però, si pone un interrogativo cruciale: tutto è davvero così? La fusione nucleare è ormai a portata di mano e, soprattutto, di tasca?

APPARENZA E REALTÀ

L’operazione è oltremodo costosa e, probabilmente, neppure gli Stati Uniti d’America da soli riuscirebbero a portarla a termine. Dunque la realtà è diversa da come appare. Non solo, l’entusiastica rappresentazione di un innegabile risultato scientifico ottenuto da una ricerca sicuramente promettente potrebbe tuttavia prestarsi al stendere una cortina fumogena sulla polemica divampata sull’ipotesi di un ritorno al nucleare (stavolta però quello esistente da fissione), recentemente sdoganato in Europa a seguito della gravissima crisi energetica che ha fatto impennare i prezzi del gas.

Vengono annunciati con enfasi orizzonti temporali trentennali senza certezza che al 2050 gli obiettivi possano venire concretamente conseguiti. E non si parla mai dei rischi ambientali connessi con la fusione nucleare, visto che deuterio e trizio sono comunque materiali radioattivi. Cosa accadrebbe, ad esempio, nel caso di una fuga di trizio da un reattore?

SPECCHIO PER LE ALLODOLE

Sono legittimi gli entusiasmi dei ricercatori del Culham Centre for fusion energy che hanno conseguito quell’importante risultato, meno quelli dei corifei che si sono impadroniti successivamente della scena mediatica, che lo presentano come la soluzione del problema energetico dell’umanità. Affidarsi al potere salvifico della futura fusione induce anche a ritenere definitivamente cassata qualsiasi ipotesi di ritorno al nucleare di IV generazione, ammesso che questa in un clima politico come quello attuale fosse davvero ancora esplorabile.

Ogni volta che si ripropone una crisi energetica chi vi ha interesse ricorre a specchietti per le allodole come questi allo scopo di distrarre le masse dai problemi concreti, contando sulla irrazionalità diffusa delle opinioni pubbliche, tacendo sul fatto che al momento nella verde Europa il nucleare è la prima fonte energetica impiegata per l’elettro generazione, seguita, guarda un po’, dal nero carbone.

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