USA, elezioni di mid-term. A undici mesi dalle consultazioni i repubblicani allargano il consenso multietnico

A meno di un anno dalle elezioni di mezzo termine, il consenso in discesa di Joe Biden sta diventando un problema per il partito democratico, mentre il partito repubblicano può cominciare a guardare al tesoretto elettorale rappresentato dalla vasta coalizione messa in piedi da Donald Trump alle ultime presidenziali.

Nel 2020 Trump ha perso la rielezione, ma il Grand Old Party ha fatto il pieno dei voti compiendo incursioni vincenti tra le comunità nere e ispaniche cruciali, come la contea di Miami-Dade in Florida e le contee fortemente messicane lungo la Rio Grande Valley del Texas.

IL GOP CRESCE TRA GLI OPERAI E GLI ISPANICI

I sondaggi continuano ad evidenziare l’emergere di una classe operaia multietnica anche in campo repubblicano. Gli eccessi dei democratici, su questioni come il finanziamento della polizia, la teoria critica della razza e l’ideologia di genere, hanno già consentito alcune vittorie al GOP.

Basta guardare al successo ottenuto nello scorso novembre in Virginia dal repubblicano Glenn Youngkin, il quale cavalcando questi temi è diventato governatore dello Stato, battendo il democratico Terry McAuliffe che visto ridimensionato il sostegno dell’elettorato black, in particolare delle donne.

In Texas, dove nel 2018 il democratico Beto O’Rourke ha perso contro il senatore repubblicano in carica Ted Cruz per meno di tre punti percentuali, alcuni sondaggi indicano il governatore repubblicano Greg Abbott, che punta alla rielezione, davanti allo sfidante O’Rourke di ben 15 punti.

Un gap sostanziale che si registra anche tra gli elettori ispanici dello Stato della stella solitaria, dove Abbott sopravanza O’Rourke, 44 a 41, mentre gli ispanici del Texas affermano di disapprovare le politiche di Biden con l’enorme margine di 27 punti.

L’EREDITA’ DI TRUMP NEL PARTITO

La conversione di massa degli elettori ispanici al partito repubblicano non è limitata al Texas; in Florida, l’elettorato storicamente di tendenza conservatrice, fa dei repubblicani in carica – il governatore Ron DeSantis e il senatore Marco Rubio – i favoriti per la rielezione il prossimo autunno.

Altri sondaggi mostrano più o meno la stessa tendenza anche in altri Stati. I più benevoli nei confronti dei democratici mostrano che gli ispanici – quasi il 20% della popolazione statunitense – si dividono equamente 37 a 37. Una serie di numeri che costituiscono la “donazione” di Trump al partito repubblicano.

Alle presidenziali del 2020 hanno votato poco più di 158 milioni di cittadini, un record assoluto. Joe Biden è il presidente che ha ottenuto più voti nella storia degli USA: 81 milioni, mentre Trump 74 milioni di voti, il record per un presidente uscente e il massimo di sempre per un candidato repubblicano.

L’ex presidente Donald Trump ha avuto il 19% dei voti tra gli uomini di colore realizzando un +6% e il 10% del voto tra le donne di colore con un incremento del 5%, perché si è concentrato su questioni che contano per la comunità afro-americana: lavoro, sicurezza, opportunità, istruzione e assistenza sanitaria.

L’OPZIONE REPUBBLICANA SUI TEMI ECONOMICI

Un recente sondaggio afferma che il 25% dei democratici neri si considera “conservatore” e il 43% afferma di essere “moderato”. Alle elezioni di mezzo termine del novembre 2022, la coalizione conservatrice che ha iniziato a prendere forma nel 2020 ha dunque ampi margini di crescita.

Il può combattere la sua guerra culturale, ma non deve perdere di vista le questioni economiche che hanno contribuito all’emergere di un forte consenso multietnico e anzi dovrà attuare politiche in grado di rafforzarlo soprattutto tra il ceto medio di colore e il work people latinos.

Gli elettori equidistanti dai due grandi partiti sono pragmatici. Ai leader repubblicani basterà ricordarsi di essere anche il partito di Lincoln per cogliere l’opportunità di conquistare la maggioranza al Congresso il prossimo novembre e porre una seria ipoteca sulle presidenziali del 2024.

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