MEDIO ORIENTE, Palestinesi. Mahmoud Abbas a Roma: incontri & incontri

Dichiarazioni ufficiali e canali riservati hanno caratterizzato le giornate romane di Abu Mazen e del suo seguito. Incontri importanti passati però sotto traccia, che forse hanno preluso ad altri incontri, molto più riservati, tra emissari palestinesi, israeliani e magari anche americani

Nel comunicato emesso ieri dalla Delegazione generale palestinese a Roma si rendeva noto che il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese (ANP), Mahmoud Abbas (Abu Mazen), aveva appena concluso una visita ufficiale nella Repubblica Italiana nel corso della quale aveva incontrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e il Pontefice, aggiungendo che «durante questi incontri, il presidente palestinese ha espresso la propria gratitudine e apprezzamento per le posizioni politiche dell’Italia e dell’Unione europea a favore della soluzione dei due Stati, in linea con il diritto internazionale e a favore del diritto del popolo palestinese a ottenere la propria libertà e indipendenza», invitando infine i Paesi che non lo hanno ancora riconosciuto a farlo.

FERMEZZA DELL’ANP

Nel resto del messaggio ufficiale venivano espressi una serie di sentiti ringraziamenti e alcune inevitabili, in questi casi, frasi di circostanza ricorrenti nella prassi diplomatica e nel protocollo. Non sono mancate le critiche alla politica aggressiva di Israele nei confronti dei palestinesi e delle «sue iniziative unilaterali che minano ciò che resta della soluzione dei due Stati e creano tensione e instabilità».

Abu Mazen ha quindi inteso sottolineare con fermezza alcuni punti: «Non accetteremo – ha egli dichiarato – la continuazione dell’occupazione israeliana della terra dello Stato di Palestina, non accetteremo la discriminazione razziale e la pulizia etnica contro il nostro popolo palestinese, non accetteremo gli attacchi ai luoghi santi cristiani e islamici, comprese la Chiesa del Santo Sepolcro e la Moschea Al-Aqsa a Gerusalemme, né l’espulsione dei palestinesi dai quartieri di Gerusalemme; non accettiamo la classificazione di 6 organizzazioni palestinesi per i diritti umani come organizzazioni terroristiche, né possiamo accettare i programmi israeliani di annessione ed espansione degli insediamenti, che prevedono anche il sequestro delle terre della Chiesa, opprimendo la vita di tutta la nostra gente, musulmani e cristiani insieme».

OPZIONI ALTERNATIVE

L’anziano leader dell’ANP ha poi chiesto esplicitamente allo Stato italiano di intervenire immediatamente per salvare la vita dei detenuti palestinesi che stanno compiendo uno sciopero della fame, oltreché di aiutare per un rilascio di tutti i prigionieri.

Quindi è passato a trattare nel vivo la questione israelo-palestinese sul piano negoziale: «Alla luce del continuo indebolimento da parte di Israele della soluzione dei due Stati – ha detto -, saremo costretti a passare ad altre opzioni e a prendere decisioni risolute nel prossimo periodo, se Israele non desiste da queste pratiche».

Pur garantendo l’impegno dell’ANP per la soluzione dei due Stati e una pace conforme al diritto internazionale sotto gli auspici del Quartetto, Abbas ha reiterato il suo appello per la convocazione di una conferenza internazionale «il cui obiettivo sia che il popolo palestinese ottenga libertà e indipendenza nel proprio Stato, con Gerusalemme Est capitale e che possa vivere in pace e in rapporti di buon vicinato con tutti, perché questo popolo e la sua leadership non accetteranno l’occupazione per sempre».

UNA FASE ESPLORATIVA

«Cogliamo l’opportunità per invitare l’Italia e l’Unione europea a collaborare con il Quartetto internazionale, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite e il Segretario generale dell’Onu per tornare, prima che sia troppo tardi, a un percorso politico coerente con la soluzione dei due Stati minata quotidianamente da Israele».

Il giorno precedente il ministro degli esteri dell’ANP, Ryad Al Maliki, anch’egli a Roma, aveva espresso pubblicamente il suo disappunto riguardo alla politica del nuovo esecutivo israeliano, affermando di non riuscire a definire le relazioni dell’Autorità palestinese con il governo dello Stato ebraico: israeliano: «Forse siamo in una fase esplorativa – aveva detto -, ma la verità è che sono guidati da Naftali Bennett, che è un campione degli insediamenti nei Territori palestinesi, è il capo di un governo con otto partiti che vanno dalla sinistra all’estrema destra, in cui ogni ministro esprime soltanto la sua posizione personale, o quella del suo partito».

ALLA RICERCA DI UNA SPONDA

«Siamo venuti a riscaldare il rapporto con un paese amico come l’Italia, per chiedervi di far pressioni per sbloccare il negoziato politico con Israele. Non c’è più Netanyahu, che aveva congelato tutto con noi, ma anche con il nuovo governo non c’è vero confronto su un tema centrale per noi: come mettere termine all’occupazione militare dei nostri Territori; come raggiungere pacificamente un accordo per l’indipendenza vera».

Insomma, al netto dell’immancabile (e forse in questi casi anche necessaria) retorica, i palestinesi di Abu Mazen cercano una sponda per approcciarsi al nuovo esecutivo israeliano, ammesso che quest’ultimo duri fino alla fine naturale del suo corso. Contatti dunque, non si spiegherebbe altrimenti una visita ufficiale della durata di ben quattro giorni e in parte coincidente con altri importanti eventi di respiro globale. Passata in secondo piano, stranamente ignorata dai media sia italiani che israeliani. Come se la si fosse voluta mantenere sotto traccia. Perché?

DICHIARAZIONI UFFICIALI E CANALI RISERVATI

Al momento nei pensieri di Israele ci sono soprattutto il problema del Covid e quello dell’Iran, ed quest’ultima questione che ha impegnato il primo ministro dello Stato ebraico durante i colloqui bilaterali avuti al vertice di Glasgow. Tuttavia, nella massima discrezione, potrebbe essersi aperta una finestra di dialogo, un contatto tra elementi di vertice israeliani e palestinesi qui in Italia.

Questa la voce che ha circolato negli ultimi giorni, fatta filtrare da ambienti mediorientali nella capitale, che riferivano senza tuttavia confermarlo che un incontro segreto avrebbe potuto anche avere luogo, per continuare a parlare. Un incontro fuori da ogni protocollo non necessariamente nella capitale italiana, magari sul litorale nord del Lazio, mediato dal Vaticano oppure, chissà – riferiscono le medesime fonti riservate –, da Matteo Renzi, recentemente ritornato in Italia dall’Arabia Suadita dove ha incontrato Mohammad bin Salman.

TUTTO È POSSIBILE, SEPPURE POCO PLAUSIBILE

Voci. Soltanto voci. Effettivamente, a rifletterci bene, tutto è possibile anche se poco plausibile, anche incontri del genere. Tuttavia, alla luce delle dinamiche delle ultime settimane, inclusi i segnali pervenuti da vari attori regionali e locali (non ultimo ieri quello del capo dell’intelligence egiziana in un’intervista rilasciata alla stampa israeliana) si ritiene ormai necessario un incontro tra i vertici palestinesi e quelli dello Stato ebraico. Magari nei pressi di Roma, purché lontano da Ramallah e dai suoi occhi indiscreti.

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