DIFESA, Unione europea. Autonomia strategica o Difesa comune?

Ha ancora senso oggi parlare ancora di progetti di Difesa comune europea? E inoltre, tale concetto collide con quello, ritenuto da alcuni alternativo, di «autonomia strategica» oppure risulta a esso compatibile? Si tratta di quesiti che strateghi e decisori politici si pongono ormai da tempo e che, alla luce delle repentine dinamiche avviatesi negli ultimi tempi su scala planetaria, attualmente assumono un grande interesse. Se ne è discusso lo scorso venerdì 29 ottobre nel corso di un convegno che ha avuto luogo a Roma presso la caserma Pio IX

Ha ancora senso oggi parlare ancora di progetti di Difesa comune europea? E inoltre, tale concetto collide con quello, ritenuto da alcuni alternativo, di «autonomia strategica» oppure risulta a esso compatibile? Si tratta di quesiti che strateghi e decisori politici si pongono ormai da tempo e che, alla luce delle repentine dinamiche implementatesi negli ultimi mesi su scala planetaria, assumono oggi un grande interesse.

Se ne è discusso lo scorso venerdì 29 ottobre nel corso di un convegno che ha avuto luogo a Roma presso la caserma Pio IX, organizzato dal Dipartimento di Scienze politiche dell’università Federico II di Napoli, da quello di Scienze politiche e della Comunicazione dell’Università di Salerno, dall’Osservatorio sulla Cooperazione e la Sicurezza nel Mediterraneo (OCSM) e dal Centro Ricerche on European Affairs dell’Università di Brescia.

UN QUESITO DALLA DIFFICILE RISPOSTA

L’evento, che è stato reso possibile anche dalla collaborazione fornita dall’Esercito italiano, era intitolato “Unione europea: autonomia strategica o Difesa comune”, e si poneva dunque ai convenuti, oltreché all’opinione pubblica, appunto nelle forme di un quesito di difficile risposta. Già, poiché è oltremodo assodato come da sempre i Paesi membri dell’Unione europea siano restii a cedere quote della loro sovranità (in questo caso in settori estremamente delicati e strategici) a un organismo comunitario di livello superiore.

Si pensi ai dubbi attualmente nutriti riguardo a un European Security Council al quale venga assegnata la competenza a decidere quali potrebbero essere le priorità e le modalità di intervento di una futura «forza armata europea» nel caso di crisi, o peggio nella malaugurata (ma come si è visto assai possibile) evenienza di diverse crisi concomitanti.

DIVERSE PERCEZIONI

Si ripropone dunque il solito problema delle diverse percezioni del grado di urgenza e degli interessi meritevoli di tutela, di natura prettamente militare, certo, ma anche (e molto) di natura politica, economica e industriale. Infatti, con la «parcellizzazione» dei mercati alla quale si assiste da alcuni anni, coesiste però un sedimentato sistema di interessi che, inevitabilmente, va a ostacolare i processi di sviluppo di una concreta Difesa comune europea, i cui effetti sostanziali sono anche quelli di una continua duplicazione di assetti tra gli Stati  membri. Un film già visto, si direbbe, e nel convegno romano non si è mancato di ripercorrerne le varie scene, anche attraverso gli speranzosi passi successivi compiuti nei decenni nel Vecchio continente, a partire dalla PESC, introdotta col Trattato di Maastricht nel 1992, nel pieno del devastante conflitto nella ex Jugoslavia.

UNO STRUMENTO TUTTO EUROPEO

Allora suonò per davvero il campanello d’allarme a Bruxelles, con una guerra a un’ora di macchina da Trieste e l’urgenza di disporre di qualcosa che non si aveva: uno strumento militare di intervento negli scenari di crisi che interessavano il Continente. Oggi, a distanza di quasi trenta anni da quei giorni gli scenari nel mondo sono mutati più volte e l’Occidente, Europa inclusa quindi, si trova a fare i conti con gli effetti destabilizzanti del disimpegni statunitense da vari teatri di crisi nei quali, praticamente fino a ieri, avevano garantito la presenza attiva della loro poderosa macchina da guerra.

Tante cose sono cambiate da quei lontani primi anni Novanta, troppe. Da ultima proprio la exit strategy dall’Afghanistan di Washington, con il Paese centroasiatico caduto nuovamente nelle mani dei talebani.

RIDURRE LA DIPENDENZA DA WASHINGTON

Un disimpegno certamente non indolore e senza conseguenze, che imporrà all’Europa una riduzione delle dipendenze dagli americani nel campo della Difesa e il contestuale raggiungimento di un adeguato livello di autonomia strategica. Ma cosa può concretamente significare tutto questo? Nel dopo-Afghanistan la nuova linea europea che dovrà ispirare il progetto di sviluppo dello strumento difensivo comune avrà un respiro esclusivamente «continentale» oppure guarderà con le dovute attenzioni anche al Mediterraneo e all’Africa?

Basteranno il nuovo corso delle cose e gli auspici della Presidente della Commissione europea Ursula van der Leyen a cementare la volontà politica dei ventisette di porre a fattor comune i propri asset e le proprie quote di sovranità?

L’INDEFETTIBILE SINTESI STRATEGICA

Non solo. Una marcata autonomia strategica europea comporterà necessariamente la reimpostazione di ruoli e rapporti con l’alleato americano nella NATO, organizzazione che andrebbe a quel punto trasformata al fine di renderla compatibile con un’altra struttura (quella difensiva dell’Unione europea) divenuta molto più autonoma sul piano militare. È vero che questi non sono più i tempi nei quali il segretario di Stato Usa Madeleine Albright ammoniva gli europei affinché essi non sovrapponessero alla NATO la loro Difesa europea, tuttavia, uno sganciamento da Washington, seppur limitato, permane un passo tanto importante quanto complicato.

In ogni caso, l’edificazione di uno strumento difensivo comune europeo, qualora avrà realmente luogo, presupporrà una indefettibile sintesi strategica propedeutica a tutto il resto.

A383 – DIFESA, UNIONE EUROPEA: AUTONOMIA STRATEGICA O FORZE ARMATE COMUNI? Ha ancora senso oggi parlare ancora di progetti di Difesa comune europea? E inoltre, tale concetto collide con quello, ritenuto da alcuni alternativo, di «autonomia strategica» oppure risulta a esso compatibile?
Si tratta di quesiti che strateghi e decisori politici si pongono ormai da tempo e che, alla luce delle repentine dinamiche avviatesi negli ultimi tempi su scala planetaria, attualmente assumono un grande interesse. Se ne è discusso lo scorso venerdì 29 ottobre 2021 nel corso di un convegno che ha avuto luogo a Roma presso la caserma Pio IX al quale hanno preso parte il generale ROSARIO CASTELLANO (Comandante del Comando militare della Capitale), il professor GIUSEPPE NOSCHESE (Consigliere scientifico della Marina militare italiana e Presidente dell’International Disaster Medicine Association – DIMA), l’Ambasciatore COSIMO RISI (Direttore scientifico dell’Osservatorio sulla Cooperazione e la Sicurezza nel Mediterraneo – OCSM), il professor SETTIMIO STALLONE (del Dipartimento Scienze politiche dell’Università Federico II di Napoli), il professor GIANFRANCO MACRÌ (Direttore dell’Osservatorio sulla Cooperazione e la Sicurezza nel Mediterraneo – OCSM), il professor ELY KARMON (analista presso The Institute for Policy and Strategy dell’International Institute For Counter-Terrorism – ICT – di Herzliya, Israele), l’Ambasciatore VINCENZO GRASSI (del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale).
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