STORIE, Friuli. Uomini e lavoro: Giacomo Ceconi, un «self made man» del XIX secolo

«Partì da Vito d’Asio con la polenta in saccoccia e quando tornò si comprò le montagne…»: celebrato al Fogolâr Furlan di Roma il conte Giacomo Ceconi, nato poverissimo nel XIX secolo tra le montagne dell’alta Val D’Arzino ma divenuto poi un gigante dell’imprenditoria delle costruzione al punto da accedere alla corte di Francesco Giuseppe

«Partì da Vito d’Asio con la polenta in saccoccia e quando tornò si comprò le montagne…», questo è l’incipit più frequente cui si ricorre quando si rievoca Giacomo Ceconi, l’uomo nato da una famiglia povera dell’alta Val d’Arzino, nel Friuli allora provincia dell’Impero austro-ungarico, e divenuto in seguito un gigante dell’imprenditoria nel settore delle costruzione, al punto da accedere alla corte di Vienna durante il regno di Francesco Giuseppe.

MANOVALE A TRIESTE

E per l’Austria ne costruì molte di opere, alcune ardite nelle modalità di realizzazione, infrastrutture al tempo modernissime e vitali per le comunicazioni e l’espletamento dei servizi all’interno dell’Impero. Un uomo che si fece da sé cominciando da manovale a Trieste, nel momento in cui veniva ampliata la rete ferroviaria allo scopo di collegare velocemente e capillarmente tutto il territorio con la capitale e tra le province.

Trieste era allora la quarta città dell’Impero dopo Vienna, Budapest e Praga, un centro urbano di strategica importanza in ragione del suo porto sull’Adriatico, unico sbocco al mare per l’Austria. Il giovane Giacomo, sostenuto dalla madre, lasciò il suo villaggio di montagna incamminandosi su un sentiero che lo portò a valle, poiché allora lì di strade per la pianura ancora non ce n’erano.

UN SEMIANALFABETA LANCIATO VERSO IL SUCCESSO

Manovale semianalfabeta dunque, ma estremamente intelligente e dotato di una fortissima intraprendenza. Ceconi divenne dapprima muratore, poi, attraverso  il duro lavoro e una serie di successi nel settore delle costruzioni, un imprenditore di livello del suo ramo che si aggiudicò sempre più appalti, più grandi in dimensioni, rendimento e complessità. Ponti, gallerie, strade, edifici, realizzò opere in molte parti dell’Impero e chiamò a lavorare dal suo paesino sperduto in montagna gli uomini che vi erano rimasti.

Ebbe una vita segnata dall’impegno e dalle soddisfazioni, tuttavia anche dalle disgrazie e dai dispiaceri, poiché si suicidarono suo figlio e la seconda delle sue quattro mogli. Le testimonianze del tempo lo descrivono come una persona a tratti dura. Fondò comunque una dinastia, dall’Imperatore ottenne il titolo di Nobile di Montececon, che in seguito, dopo aver costruito la “Strada regina Margherita”, il Re d’Italia mutò in vero e proprio «conte», titolo a quel  punto trasmissibile ai suoi eredi. Nel 1890 con decreto venne nominato sindaco di Vito d’Asio, poi, nel 1905, venne eletto al Senato in veste di deputato  provinciale di Udine.

IL CONTE GIACOMO CECONI

Una volta divenuto conte, a Vito d’Asio ampliò la sua bella villa e la fece diventare un castello, che però verrà bruciato dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale perché utilizzato dai partigiani della “Osoppo” come edificio comando per le operazioni di Resistenza all’occupante. Ma Ceconi non assistette a questa disgrazia, poiché morì molto prima, nel 1910, lasciando una dinastia, un enorme patrimonio e tanto benvolere e riconoscenza. Non soltanto tra i suoi compaesani nell’alta Val d’Arzino, ma anche altrove, in quelle che furono le terre dell’Impero austro-ungarico.

La storia di quest’uomo fattosi da sé attraverso il sacrificio, il  lavoro, l’ingegno e, perché no, una buona dose di scaltrezza, è stata raccontata nei minimi particolari dall’attuale sindaco di Vito d’Asio, Pietro Gerometta, nel corso di un incontro conviviale che ha avuto luogo giovedì 8 ottobre 2021 presso il Fogolâr Furlan di Roma, evento che ha visto la partecipazione di un folto e interessato pubblico. Un racconto avvincente di uomini, terre e lavoro la cui registrazione integrale è possibile ascoltare su questo sito.

A375 – STORIE, FRIULI: UOMINI E LAVORO, IL MITO DI GIACOMO CECONI, «SELF MADE MAN» DEL XIX SECOLO. «Partì da Vito d’Asio con la polenta in saccoccia e quando tornò si comprò le montagne…»: celebrato al Fogolâr Furlan di Roma il conte Giacomo Ceconi, nato poverissimo nel XIX secolo tra le montagne dell’alta Val D’Arzino ma divenuto poi un gigante dell’imprenditoria  delle costruzione al punto da accedere alla corte di Francesco Giuseppe.
Manovale semianalfabeta dunque, ma estremamente intelligente e dotato di una fortissima intraprendenza. Ceconi divenne dapprima muratore, poi, attraverso  il duro lavoro e una serie di successi nel settore delle costruzioni, un imprenditore di livello del suo ramo che si aggiudicò sempre più appalti, più grandi in dimensioni, rendimento e complessità. Ponti, gallerie, strade, edifici, realizzò opere in molte parti dell’Impero e chiamò a lavorare dal suo paesino sperduto in montagna gli uomini che vi erano rimasti.
La storia di quest’uomo fattosi da sé attraverso il sacrificio, il  lavoro, l’ingegno e una buona dose di scaltrezza, è stata raccontata nei minimi particolari dall’attuale sindaco di Vito d’Asio, PIETRO GEROMETTA, nel corso di un incontro conviviale che ha avuto luogo giovedì 8 ottobre 2021 presso il Fogolâr Furlan di Roma; introduce FRANCESCO PITTONI, presidente del Fogolâr Furlan di Roma.
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