MISTERI ITALIANI, mostro di Firenze (3). Il dossier dei Carabinieri mai divulgato

Perché uno dei sospettati non venne incluso nell’elenco redatto nel 1984 dalla «Squadra anti-mostro»? Si tratta di un aspetto allo stesso tempo importante quanto sconcertante della vicenda relativa al killer seriale che insanguinò per molti anni con i suoi delitti la cintura fiorentina, un aspetto che non venne mai adeguatamente approfondita da chi avrebbe dovuto farlo. A insidertrend.it l’argomento è stato approfondito in una intervista da Paolo Cochi, giornalista autore del volume “Mostro di Firenze al di là di ogni ragionevole dubbio”

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A volte gli elementi di interesse investigativo utile a instradare gli inquirenti nella direzione della verità sono disponibili se li si vuole trovare, come il dossier redatto dai Carabinieri che è sempre stato agli atti. Nel 1984 i militari dall’Arma che operavano sul territorio della provincia fiorentina in una loro informativa indicarono il nome di una persona potenzialmente coinvolta nei delitti del mostro di Firenze, una persona che, però, non venne inclusa nell’elenco dei sospettati redatto in seguito dalla cosiddetta Squadra anti-mostro.

IL DOSSIER MAI DIVULGATO

Scrive nel suo libro Paolo Cochi (pagg. 473 e ss.) che «di piste credibili rimaste senza un riscontro ce ne sono molteplici e rinvenibili a tutt’oggi».

Egli quindi prosegue facendo riferimento all’informativa n. 279/27 datata 16 ottobre 1984, inoltrata dalla Compagnia di Borgo San Lorenzo dell’Arma dei Carabinieri, nella quale l’allora Maggiore Comandante Sebastiano Anzà ipotizzò che «l’arma Beretta calibro .22 rubata presso l’armeria di Borgo la notte del 5 febbraio 1965  e non ritrovata “possa essere messa in relazione alle indagini relative alla serie dei duplici omicidi che da anni vengono perpetrati nella provincia di Firenze”, indicando una persona di anni quarantasei, residente fino alla metà degli anni Sessanta nel Mugello e poi trasferitasi a Firenze, come possibile possessore della Beretta rubata e persona potenzialmente coinvolta nei delitti del cosiddetto “mostro di Firenze”»

LA DENUNCIA A CARICO DEL SIGNOR «OMISSIS»

Nello stralcio della relazione pubblicato da Cochi nel suo libro si legge inoltre che: «”Il sig. OMISSIS è stato denunciato dall’Arma di Firenze-Rifredi alla Procura della repubblica con R.G. n. OMISSIS per reati contro la libertà sessuale” e che nel giugno del 1966, durante le indagini per il furto all’armeria, subì una perquisizione nel corso della quale vennero rinvenute armi e munizioni, “nonché due cartucce calibro .22 e dieci bossoli dello stesso calibro”. Reperti che non è stato possibile rintracciare. A seguito del suddetto rapporto, nel giugno del 1985 la persona venne interrogata, unitamente ad altro soggetto, e la sua abitazione perquisita dalla P.G. (polizia giudiziaria, n.d.r.). Fu quindi rinvenuta a seguito perquisizione una pistola che non risultò compatibile con quella del furto nell’armeria del 1965 a Borgo».

LA PISTA NEGLETTA

Nessun’altra attività di indagine o approfondimento venne svolta in quella direzione – sottolinea quindi Cochi nel suo libro -, né sulle armi né sulle persone, infatti, non risultano successivi atti almeno fino al 1990, quando in un rapporto della Squadra anti-mostro si accennò all’indagine relativa al furto , riportando che niente era emerso fino a tale data.

Egli a questo punto tira le somme: «Abbiamo dunque una Beretta calibro .22 rubata e sparita nel nulla e solo sfiorata dagli inquirenti, una vecchia indagine dei Carabinieri che ci porta dritti al Mugello e che individua persone, fatti e circostanze sino a oggi non approfondite».

Quindi l’inquietante interrogativo posto dal giornalista autore del volume: «Che sia proprio quella l’arma dei delitti del mostro? O forse, uno di quei personaggi che ha “ruotato” in quella vecchia indagine ha avuto a che fare con vicenda, frequentando ambienti molto vicini a quelli investigativi?»

L’UOMO DEL MUGELLO

Nel suo lavoro Cochi riporta poi integralmente le concordanti testimonianze rese dalle persone che consentirono la realizzazione dell’identikit del cosiddetto «uomo del Mugello», cioè dell’individuo alto, robusto dal viso roseo tondo e dai capelli di colore biondo rossicci, che avrebbe frequentato i luoghi dove si trovava una delle vittime del mostro, Pia Rontini, assassinata in seguito assieme al suo fidanzato Claudio Stefanacci in località Boschetta di Dicomano.

Fin qui la minuziosa ricostruzione dei fatti esposta nel libro, che riconduce la genesi della pista del Mugello all’informativa dei Carabinieri risalente al 1984, dal quale l’autore – assieme all’avvocato Mazzeo, che ha patrocinato gli interessi della sorella di una delle vittime, la signora De Nuccio, costituitasi a suo tempo come parte civile – ha preso le mosse per approfondire l’ipotesi attraverso tutta una serie di ricerche, a un certo punto rese però impossibili da una contestata e controversa decisione della magistratura fiorentina, attualmente oggetto di alcune interrogazioni parlamentari.

Di seguito è possibile ascoltare la registrazione integrale dell’audio dell’intervista con il giornalista Paolo Cochi (A348)

A348 – MISTERI ITALIANI, IL MOSTRO DI FIRENZE: IL DOSSIER DEI CARABINIERI MAI DIVULGATO. Perché uno dei sospettati non venne incluso nell’elenco redatto nel 1984 dalla «Squadra anti-mostro»?
Si tratta di un aspetto importante della vicenda relativa al killer seriale che insanguinò per molti anni con i suoi delitti la cintura fiorentina, un aspetto che non venne mai adeguatamente approfondita da chi avrebbe dovuto farlo. A insidertrend.it l’argomento è stato approfondito da PAOLO COCHI, giornalista e documentarista autore del volume “Mostro di Firenze al di là di ogni ragionevole dubbio”, accurato saggio edito per i tipi di Runa Editrice, che è stato inoltre consulente dell’avvocato di parte civile della famiglia De Nuccio (4 luglio 2021).
Nel 1984 i militari dall’Arma che operavano sul territorio della provincia fiorentina in una loro informativa indicarono il nome di una persona potenzialmente coinvolta nei delitti del mostro di Firenze, una persona che, però, non venne inclusa nell’elenco dei sospettati redatto in seguito dalla cosiddetta Squadra anti-mostro.
Nel suo lavoro Cochi riporta integralmente le concordanti testimonianze rese dalle persone che consentirono la realizzazione dell’identikit del cosiddetto «uomo del Mugello», cioè dell’individuo alto, robusto dal viso roseo tondo e dai capelli di colore biondo rossicci, che avrebbe frequentato i luoghi dove si trovava una delle vittime del mostro, Pia Rontini, assassinata in seguito assieme al suo fidanzato Claudio Stefanacci in località Boschetta di Dicomano.
La genesi della pista del Mugello viene dunque ricondotta all’informativa dei Carabinieri risalente al 1984, dal quale l’autore – assieme all’avvocato Mazzeo, che ha patrocinato gli interessi della sorella di una delle vittime, la signora De Nuccio, costituitasi a suo tempo come parte civile – ha preso le mosse per approfondire l’ipotesi attraverso tutta una serie di ricerche, a un certo punto rese però impossibili da una contestata e controversa decisione della magistratura fiorentina, attualmente oggetto di alcune interrogazioni parlamentari.
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