TUNISIA, crisi. La difficile situazione nel Paese nordafricano dirimpettaio dell’Italia in Mediterraneo

L’epidemia di covid-19 dilaga, la polizia reprime con violenza le proteste di piazza, le tensioni politiche e la crisi economica indeboliscono sempre più il governo presieduto da Hichem Mechichi: tutto farebbe pensare a una dinamica perversa che condurrà al «punto di non ritorno»; ma forse le cose andranno diversamente

Il bilancio dei decessi causati dal coronavirus è passato dalle poche centinaia di casi di alcuni mesi fa ai 14.000 di oggi, una terza ondata di Covid-19 che nel Paese nordafricano non è stata neppure arginata, mentre le vaccinazioni della popolazione (la campagna ha preso avvio nel marzo scorso) procedono a rilento.

LE VIOLENZE DELLA POLIZIA

Ma la drammatica recrudescenza della pandemia rappresenta soltanto un aspetto della crisi multiforme che il governo di Tunisi si trova a dover affrontare in queste drammatiche giornate estive, dopo l’ondata di proteste dei mesi precedenti, che avevano visto scendere in piazza migliaia di giovani, soprattutto nei quartieri più poveri delle città, per protestare contro la disoccupazione e l’aumento dei prezzi, manifestazioni duramente represse dalla polizia nel corso delle quali erano state arrestate duemila persone.

Negli ultimi giorni il capo dell’esecutivo (che ha cumulato in sé ad interim anche le funzioni di ministro dell’interno) si trova a fronteggiare la reazione rabbiosa degli abitanti di Sidi Hassine, zona della periferia occidentale della capitale, che protestano per la morte di un giovane verificatasi in circostanze assolutamente poco chiare dopo il suo arresto da parte della polizia. Ma non basta, poiché ad rendere ancora più velenoso il clima di tensione ha contribuito la diffusione di un video nel quale appare un altro giovane che viene picchiato e denudato dagli agenti, nel medesimo quartiere di Tunisi. La gente è arrabbiata e la società civile è indignata.

LA CRISI ECONOMICA

Il governo tunisino deve poi quadrare il bilancio che è in rosso, è afflitto da problemi finanziari e dovrà rispettare gli impegni assunti con i donatori internazionali, ma per riuscire a farlo dovrà varare riforme impopolari, che alimenteranno le proteste di piazza e, conseguentemente, le repressioni da parte delle forze di sicurezza. Tunisi è in trattativa con il Fondo monetario internazionale al fine di ottenere un prestito di 3,3 miliardi di euro, ma allo stesso tempo deve anche iniziare a rimborsare le scadenze di altri prestiti erogati in precedenza e dovrà farlo entro le scadenze previste per questa estate.

La situazione politica non contribuisce certamente a favorire i tentativi di uscita dal tunnel della crisi. Il paese è politicamente polarizzato e il primo ministro ne viene indebolito. Mechichi cerca disperatamente di trovare alleati ma è difficile. Anche il presidente della Repubblica Kaïs Saïed si trova in aperto conflitto con lui dal rimpasto di governo deciso in gennaio, che ha fortemente disapprovato. Tuttavia, malgrado le distanze sul piano politico, il capo dello Stato il 15 giugno ha incontrato Mechichi e tre ex capi di governo per cercare di trovare una soluzione alla crisi. Durante l’incontro Saied ha denunciato un complotto per incriminarlo o assassinarlo, un’affermazione che ha poi portato all’apertura di un’indagine giudiziaria.

DEMOCRAZIA A RISCHIO?

Pochi giorni dopo, il potente sindacato dell’Union Générale Tunisienne du Travail (UGTT) è intervenuto nel dibattito politico accusando Saïed di imporre una propria tabella di marcia e cortocircuitare in questo modo il dialogo nazionale Una situazione che pone la democrazia a rischio.

Nel gennaio 2021, il presidente aveva già affermato di essere stato bersaglio di un tentativo di assassinio inviando una lettera avvelenata. La piega sospetta alla fine non conteneva sostanze tossiche secondo l’indagine condotta dalla procura. All’inizio di giugno i membri Del partito Ennahda avevano assicurato che anche Ghannouchi aveva ricevuto minacce di morte.

A questo punto il quesito da porsi è uno solo: la situazione in Tunisia degenererà fino al punto di non ritorno oppure no? Forse no, poiché il dinar al momento parrebbe essere una moneta tutto sommato stabile e inoltre le ricche petromonarchie del Golfo Persico hanno tutto  l’interesse a che anche il Paese nordafricano (oltreché la sua moneta) rimanga stabile.

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