NATO, nuovo concetto strategico. Il XXI secolo tra contenimento della Cina e dure reazioni di Pechino

Ridurre gli spazi di manovra di Pechino onde limitarne l’espansione mondiale, per questo Joe Biden durante il suo viaggio in Europa ha cercato di «arruolare» gli alleati occidentali al fine di coinvolgerli nel nuovo duro confronto con l’avversario «sistemico» degli Usa: un’impresa senza dubbio difficile

L’ultimo vertice della Nato, che ha seguito la «tre giorni» del G7 in Cornovaglia concludendo il tour del presidente statunitense in Europa, è stato caratterizzato dalla ricerca di un nuovo ruolo che ne possa giustificare l’esistenza alla luce della nuova situazione mondiale, dove la Repubblica popolare cinese è una potenza in graduale ma inarrestabile ascesa.

Il clima è quello di una nuova guerra fredda, aspetto che con ogni probabilità verrà evidenziato anche dalle modalità relazionali tra Usa e Russia che potrebbero venire sancite dall’incontro tra Biden e Putin di Ginevra, una dinamica che rischierebbe addirittura di compromettere (se non altro limitandone gli ambiti) la stessa globalizzazione.

LA CAMPAGNA ANTICINESE DI BIDEN

Biden sta attuando una politica diversa da quella del suo predecessore, tuttavia pone sostanzialmente gli stessi problemi in chiave strategica, quello della riduzione degli spazi di manovra di Pechino onde limitarne l’espansione. Per questo l’inquilino della Casa Bianca nel suo viaggio in Europa ha cercato di «arruolare» i suoi alleati occidentali per coinvolgerli nel nuovo duro confronto con l’avversario «sistemico» degli Usa. Un’impresa senza dubbio difficile, lo si è visto dal distacco di non pochi alleati europei membri della Nato manifestato all’ultimo vertice. Infatti non sono pochi i Paesi in profondi rapporti commerciali con la Cina (e con la Russia).

Comunque, i leader della Nato nel corso dell’ultimo vertice annuale si sono egualmente impegnati a unire le loro forze contro le «sfide sistemiche» poste dalla Cina.

Inoltre, qualora Biden, una volta pienamente rinsaldato il legame transatlantico dopo l’era Trump, si troverebbe a dover realizzare e gestire un «gendarme delle democrazie occidentali» – la felice definizione è tratta dall’editoriale pubblicato ieri dal quotidiano francese “Le Figaro” – con giganteschi problemi che gli deriverebbero dalle materiali difficoltà della proiezione nella regione del Pacifico delle forze Nato dei membri europei.

PROIETTARSI MILITARMENTE NELLA REGIONE DELL’ASIA-PACIFICO

Questo senza contare i già citati intrecci di interessi sul piano commerciale, che vedono la Cina come referente (in alcuni casi obbligato) dei Paesi occidentali, un gigante dalla crescente influenza a livello globale.

Per restare all’ultimo vertice della Nato, riguardo alle posizioni espresse si registra una dura reazione di Pechino, che attraverso la sua  ambasciata presso l’Unione europea a Bruxelles ha rintuzzato le accuse occidentali definendole «una calunnia».

Nella nota ufficiale, la Repubblica popolare ha accusato la Nato di «creare scontri» dopo l’accordo raggiunto ieri dagli alleati occidentali su un’azione comune di contrasto alle sue politiche, spesso aggressive. La vibrante reazione cinese è seguita alla sua inclusione da parte dell’Alleanza Atlantica nell’elenco dei «rischi» per la sicurezza mondiale.

Pechino ha inoltre sollecitato l’Alleanza Atlantica a «vedere razionalmente lo sviluppo della Cina, a smettere con l’esagerare le varie forme di “teoria della minaccia cinese” e a non usare gli interessi legittimi e i diritti legali della Cina come scuse per manipolare la politica del gruppo».

«Le accuse della Nato – si legge infine nella dichiarazione dell’ambasciata cinese a Bruxelles – sono da considerarsi una “calunnia dello sviluppo pacifico della Cina, un errore di valutazione della situazione internazionale e del proprio ruolo, ed è la continuazione di una mentalità da guerra fredda e della psicologia politica del gruppo».

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