ISRAELE, Monte Meron. Ammonta a oltre 45 morti e 150 feriti il bilancio dell’incidente accorso durante la festività ebraica di Lag ba-Omer

Il fatto è avvenuto poco dopo la mezzanotte nella località della Galilea a causa della calca dopo che alcune persone erano scivolate sull’olio caduto da alcune candele votive. La ricorrenza, che richiama folle di religiosi e non religiosi, celebra la ribellione ebraica del 132 d.C contro le legioni romane che occupavano la Palestina

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Tra i feriti alcuni versano in condizioni critiche e diciotto di loro sono gravi, mentre altri ottanta sono rimasti feriti leggermente. Più di duecentocinquanta ambulanze e sei elicotteri sono state inviate sul poto in soccorso.

L’incidente

L’incidente è avvenuto poco dopo mezzanotte nel corso dell’affollato evento religioso, tutto sarebbe successo quando alcune persone sono scivolate dai gradini delle scalinate a causa della presenza in terra di olio combustibile caduto da alcune lampade votive tenute in mano dai presenti. Le persone cadute hanno a loro volta trascinato con sé altre persone provocando poi una fuga di massa nella quale a decine sono rimasti schiacciati.

La polizia e i militari hanno lavorato per evacuare i feriti e sgomberare la folla.

Attualmente è in corso presso l’istituto di medicina legale di Tel Aviv il riconoscimento dei deceduti da parte delle famiglie e sono stati organizzati i primi funerali che, secondo la tradizione ebraica, se le salme sono state identificate dovevano  venire celebrati prima dell’inizio del riposo sabbatico.

Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha proclamato il lutto nazionale per la giornata di domenica, «ci uniremo tutti nel dolore delle famiglie e in preghiera per i feriti», ha dichiarato dopo aver visitato il luogo del disastro. «Ci sono state qui scene strazianti – ha egli aggiunto -, persone schiacciate a morte, inclusi bambini. Gran parte dei morti ancora non sono stati identificati: è stato uno dei peggiori disastri nella storia del Paese, ma l’operazione veloce di salvataggio ha evitato un bilancio ancora più pesante». Il disastro sarà oggetto di «una verifica seria e approfondita» per evitare che scene del genere si ripetano in futuro, ha quindi assicurato.

Anche il ministro della sicurezza interna Amir Ohana, struttura governativa che sovrintende alla polizia, ha invocato una indagine indipendente sull’accaduto. «È chiaro – ha affermato – che un’indagine indipendente è necessaria su tutti gli aspetti relativi alla programmazione dell’evento, ai preparativi, alle responsabilità, alle infrastrutture».

La tradizionale cerimonia

Si è trattato, come avveniva puntualmente ogni anno prima della pandemia da Covid,  della festività ebraica di Lag ba-Omer, che ricorda la ribellione ebraica del 132 d.C contro le legioni romane che occupavano la Palestina, un evento da sempre molto partecipato (ieri sul Monte Meron c’erano oltre 100.000 persone tra osservanti e anche non religiosi) che vede i fedeli pregare sulla tomba Shimon Ber Yochai, celebre rabbino del secondo secolo d.C., personaggio che secondo la tradizione ebraica sarebbe l’autore del testo mistico dello “Zohar” (lo splendore).

Quest’anno, alla luce del miglioramento della situazione sanitaria nel Paese, la cerimonia era stata autorizzata, pure se con numerose limitazioni, che però non hanno impedito la partecipazione di una folla immensa.

Per rinvenire un disastro simile sul monte Meron bisogna risalire al 1911, quando decine di persone morirono a causa del crollo di un edificio vicino alla tomba del rabbino.

Lag ba-Omer

Il rabbino Shimon Ber Yochai viene spesso evocato nei giorni di festa come lo era quello di ieri e, al riguardo va rilevato – contrariamente da quanto affermato da alcuni organi di stampa – che non si trattava del raduno di ebrei anti- sionisti, come ad esempio i Neturei Karta.

Per quanto riguarda invece Lag ba-Omer si tratta del ricordo della seconda rivolta messianica che scosse la storia ebraica nel secondo secolo d.C., sotto l’imperatore Adriano e nota come rivolta di Bar Korba, della quale si rinvengono alcune brevi citazioni negli scritti tramandatici dallo storico romano Dione Cassio (155-229) e da Eusebio, vescovo di Cesarea (265-339), autore della “Storia ecclesiastica”, inoltre echi degli avvenimenti a essa collegati si trovano nella letteratura talmudica e nei reperti rinvenuti in alcuni scavi archeologici.

Descrive Dione Cassio la tragica conclusione della rivolta antiromana degli Ebrei: «Furono rase al suolo cinquanta delle loro principali fortezze e 985 dei loro più rinomati villaggi, mentre vennero uccisi, nelle scorrerie e nei combattimenti 580.000 uomini. Fu incalcolabile, invece, il numero di coloro che morirono per fame, per malattia e per gli incendi, cosicché quasi tutta la Giudea rimase spopolata».

Cifre iperboliche da considerare in eccesso, tuttavia, i Romani come al solito nel reprimere ebbero la mano pesate e, a seguito di questi fatti, mutarono il nom di Gerusalemme in Aelia Capitolina e quello della provincia della Giudea in Syria Palaestina.

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