AMBIENTE, emissioni nocive. Metano, una rapida riduzione delle emissioni potrebbe rallentare il tasso di riscaldamento climatico del 30%

Un nuovo studio di EDF evidenzia gli enormi benefici di un'azione rapida sul potente gas serra. In esso si sottolinea il pericolo di perdere un’importante opportunità se le soluzioni proposte verranno assunte con lentezza o in ritardo

a cura di Environmental Defense Fund (EDF) – Un nuovo documento pubblicato sulla rivista “Environmental Research Letters” mostra come un rapido impegno per ridurre le emissioni di metano dall’industria Oil&Gas, dall’agricoltura su vasta scala e da altre fonti antropiche potrebbe rallentare il tasso di riscaldamento mondiale fino al 30%. L’autore principale dello studio è la dottoressa Ilissa B. Ocko, scienziato senior dell’Environmental Defense Fund.

I risultati dello studio evidenziano il ruolo critico del metano in qualsiasi strategia climatica, anche quando decarbonizziamo i nostri sistemi energetici. Riducendo le emissioni di metano (gas che ha più di ottanta volte il potere di riscaldamento dell’anidride carbonica per i primi venti anni che si trova nell’atmosfera) è possibile rallentare il riscaldamento, responsabile di tempeste sempre più forti, stagioni più calde e ghiacciai che si sciolgono sempre più rapidamente.

«Agire ora e muoversi rapidamente per ridurre le emissioni di metano è essenziale. Anche un modesto ritardo significherebbe perdere dei benefici importanti per il clima. È un’opportunità che non riavremo – ha affermato Ocko -, per realizzare questi benefici climatici, i decision makers devono affrontare direttamente la questione del metano e non credere che il problema possa risolversi da solo come risultato delle politiche di riduzione dell’anidride carbonica».

All’inizio del mese di aprile, la US National Oceanic and Atmospheric Administration ha riferito che gli attuali livelli di metano nell’atmosfera sono i più alti mai registrati. Il documento stima che l’utilizzo di tutte le soluzioni conosciute nei sei settori responsabili della gran parte delle emissioni potrebbe dimezzare la quantità di metano antropica entro il 2030, evitando un ulteriore riscaldamento medio globale di 0,25°C (0,5 gradi Fahrenheit) entro la metà del secolo, e più di 0,5°C (1 F) entro il 2100.

Un mezzo grado centigrado comporterebbe una differenza fondamentale in un mondo che cerca di mantenere il riscaldamento sotto i 2°C. Ovvero, dieci milioni di persone in meno rischierebbero per le conseguenze dell’innalzamento del livello del mare; metà del numero di persone rischierebbero per la scarsità d’acqua e metà del numero di piante e specie animali per la perdita il proprio habitat naturale.

I tagli più economici delle emissioni riguardano il settore Oil&Gas

Il nuovo documento comprende una vasta gamma di soluzioni che esistono attualmente e che, se implementate nel corso del prossimo decennio, potrebbero ridurre della metà le emissioni di metano previste per il 2030, con metà di quella riduzione che si può ottenere senza costi netti. Circa l’80% delle azioni a costo zero provengono dall’industria Oil&Gas. In ogni scenario analizzato, quasi un terzo di queste azioni deriverebbe dai produttori di petrolio e di gas che rispettano gli obiettivi concordati per ridurre le perdite upstream.

Rispetto allo scenario che prevede un’azione rapida, un approccio più lento che inizia ora ma che si attua pienamente dal 2030 al 2050 significherebbe un aumento del 5% del tasso medio di riscaldamento mondiale e un ulteriore 0,1°C entro il 2050. Allo stesso modo, una strategia che viene attuata in ritardo e che restringe le riduzioni in una finestra di dieci anni a partire dal 2040 – forse nella fretta di raggiungere gli obiettivi di emissioni nette pari a zero di metà secolo – comporterebbe un tasso di riscaldamento più veloce del 20% e un ulteriore aumento di 0,2°C entro il 2050 rispetto ad un piano ad azione rapida che inizia ora.

Senza un’imminente azione, le emissioni di metano antropiche continueranno a crescere per il resto del secolo, con un probabile aumento del 70% o più entro il 2100, per un totale mondiale che supera i 600 milioni di tonnellate all’anno. Si prevede che tre quarti di queste emissioni provengano in egual misura da bestiame, settore Oil&Gas e discariche.

Le strategie politiche mascherano il ruolo del metano

Nonostante la crescente preoccupazione, importanti confornti di natura scientifica e politica tendono ancora a minimizzare il ruolo del metano nel favorire il riscaldamento globale. Questo perché i parametri utilizzati dalla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e da altri sono legate al potenziale di riscaldamento di cento anni dei gas serra.

«La quantità di riscaldamento a lungo termine è importante, ma lo è anche la velocità di riscaldamento – ha dichiarato Ocko -, trascurando il riscaldamento del metano nel breve termine, stiamo perdendo l’opportunità di fare la differenza proprio ora, nel corso della nostra vita. Questo è davvero il momento del metano».

Gli autori di questo nuovo studio affermano che le politiche pubbliche e le azioni industriali mirate al metano saranno più veloci e più efficaci piuttosto che fare affidamento sulle riduzioni che si verificano come effetto secondario della diminuzione dell’uso dei combustibili fossili. Si nota che, considerando i principali scenari di decarbonizzazione, le emissioni di metano non saranno significativamente ridotte prima della metà del secolo.

Monitoraggio e misurazione

L’attenzione crescente verso la riduzione delle emissioni nasce insieme ad una rivoluzione delle tecnologie di rilevamento e misurazione del metano. Queste soluzioni vanno dai rilevatori portatili ai sensori trasportati su aerei e droni senza equipaggio. Sempre più spesso, i ricercatori e i policy makers puntano sul rilevamento satellitare per identificare e misurare le emissioni.

Tra questi c’è MethaneSAT, sviluppato da una consociata di Environmental Defense Fund. Il satellite rileverà, mapperà e quantificherà continuamente le emissioni in tutto il mondo, misurando i cambiamenti nelle concentrazioni fino a due parti per miliardo, dando la possibilità di tracciare i cambiamenti dei tassi di emissione rispetto agli impegni presi dai Paesi e dalle aziende. Attualmente in fase avanzata di produzione, MethaneSAT è sulla buona strada per il lancio nell’autunno del 2022.

Una delle principali organizzazioni internazionali no profit, Environmental Defense Fund (edf.org) crea soluzioni trasformative ai più gravi problemi ambientali. Per farlo, EDF collega scienza, economia, legge e partnership innovative nel settore privato. Con più di 2,5 milioni di membri e uffici negli Stati Uniti, Cina, Messico, Indonesia e Unione Europea, gli scienziati, gli economisti, gli avvocati e gli esperti di politica di EDF lavorano in ventotto paesi per trasformare le nostre soluzioni in azione. Collegati con noi su Twitter @EnvDefenseFund, @EDFEnergyEX e @EnvDefenseEuro.

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