MYANMAR, repressioni. Il messaggio di pace inviato dal cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon: «Abbiamo bisogno di divina misericordia»

Domenica l’arcivescovo della maggiore città del Paese si è recato a Myitkyna, località divenuta nota a causa delle violenze dei militari golpisti e per la suora inginocchiata davanti a loro

La città di Myitkyna, in Myanmar, è diventata nota quando Suor Ann Rose, delle Sorelle di San Francesco Saverio, si è inginocchiata davanti ai militari birmani implorandoli di cessare le violenze e ispirando persino alcuni dei soldati a raccogliersi in preghiera.

È stato lì che il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, potente voce della Chiesa birmana, è andato a celebrare nella Domenica della divina misericordia, poiché, ha affermato, «la resurrezione è una forte affermazione che Dio può creare meraviglie anche dalla tomba. La vita sorgerà dalla morte, quando verranno i tempi del Signore. L’ultimo anno è stato un anno di oscurità e morte. Avete sperimentato molta sofferenza umana. Preghiamo che il cuore di Gesù guarisca tutti, l’oppressore e l’oppresso».

Il cardinale ha ricordato che la città è divenuta nota «per tristi ragioni», quali «l’uccisione di innocenti nelle strade, specialmente di fronte le chiese», ma anche di fede e sacrificio, perché «viviamo in una nazione dove centinaia di madri convivono con lacrime inconsolabili e i loro cuori feriti».

Il presidente dei vescovi asiatici si è detto poi «grato per la grande testimonianza data dalla Chiesa cattolica durante la crisi», a partire proprio da quella di Suor Ann Rose, testimonianza che è «un messaggio di amore che redime, che ricapitola il messaggio della divina misericordia: il perdono di fronte all’oscurità, l’amore di fronte all’odio».

Per l’arcivescovo non è tanto la fame il problema del popolo birmano, quanto il fatto che le persone siano «traumatizzate» e che il loro spirito «sia danneggiato dalla violenza di strada», tanto che hanno bisogno di conforto.

«Abbiamo visto – ha egli proseguito – come la mancanza di pace nel cuore di alcune persone possa portare un danno ancora più grande all’umanità intera, perché le persone che non possono vivere in pace, che non possono permettere ad altri di vivere in pace, distruggono la pace di tutti».

Guardando alla regione di Kachin, l’arcivescovo di Yangon ha notato che questa «è stata benedetta da molte ricchezza sul suolo e nel sottosuolo, ma questo non ha portato la pace, bensì soltanto conflitto».

L’appello del Cardinale Bo è quello di avere «la grazia e il coraggio di perdonare e riconciliarci con il nostro peggiore nemico e dargli il beneficio dell’amore. Non rispondiamo all’inumanità con inumanità, alla brutalità con brutalità. Una guerra civile ferirebbe tutti, e ci vorrebbero decenni perché tutto si ripari. Non prendiamo la strada dell’autodistruzione».

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