REGNO UNITO, effetto Brexit. Violenze a Belfast: Ulster, «political status now?»

Da una settimana l’Irlanda del Nord è sconvolta da violente manifestazioni di piazza: dalle caligini del passato riemergono vecchi fantasmi. Unanime la condanna della politica alle violenze

Pessimi segnali che evocano altrettanto inquietanti fantasmi del passato. Non accennano a placarsi i disordini nelle strade di Belfast, maggiore città dell’Ulster, nella serata di mercoledì scorso un autobus di linea è stato preso d’assalto e incendiato durante la sesta notte consecutiva di violenze nell’Irlanda del Nord.

Il mezzo pubblico è stato attaccato in una zona che divide le comunità nazionaliste e unioniste (cattolici e protestanti), questo mentre dagli agenti di polizia in servizio di ordine pubblico sono fatti oggetto del lancio di pietre. Nelle strade copertoni e cestini della spazzatura sono stati dati alle fiamme e un fotografo di una testata giornalistica è stato aggredito.

I primi ministri nordirlandese e britannico, Arlene Foster e Boris Johnson, hanno condannato le violenze, l’inquilino di Downing Street ha twittato che «il modo per risolvere le differenze è attraverso il dialogo, non la violenza o la criminalità».

Condanna unanime da parte del governo dell’Ulster

Condanna unanime da parte del governo dell’Ulster – sia nella sua componente unionista guidata dalla Foster, first minister del Dup, che di quella repubblicana capeggiata dalla vicepremier dello Sinn Fein (noi soli in lingua gaelica, formazione rappresentativa dei cattolici irlandEsi) Michelle O’Brian – delle nuove violenze divampate nella notte a Belfast, che hanno fato registrare scontri fra manifestanti e polizia, un autobus bruciato, e un giornalista aggredito.

In un comunicato ufficiale congiunto, diffuso a seguito di una riunione dell’esecutivo, gli scontri di piazza, precedentemente censurati dal governo centrale di Londra e dal primo ministro britannico Johnson, sono stati definiti «totalmente inaccettabili».

Quella di mercoledì è stata l’ultima di una serie di notti di disordini registrate da una settimana a questa parte in varie città nordirlandesi. Incidenti scatenati da gruppi radicali unionisti contrari alla decisione della polizia locale di non procedere penalmente contro le violazioni della regole del lockdown compiute da centinaia di attivisti repubblicani e da dirigenti dello stesso Sinn Fein in occasione del funerale di uno storico ex esponente di spicco dell’Ira, l’Irish Republican Army.

Malumori mai sopiti

Un episodio per il quale la stessa Arlene Foster aveva inizialmente invocato le dimissioni del comandante della PSNI (Police Service of Northern Ireland), Simon Byrne, gettando – secondo i repubblicani – benzina sul fuoco.

Nel comunicato di oggi, comunque, sia Foster sia gli alleati-rivali dello Sinn Fein, hanno condannato le devastazioni, le violenze e le aggressioni ai poliziotti e, contestualmente,  hanno espresso il loro sostegno alla PSNI nel suo sforzo di porre fine ai disordini e prevenire ulteriori violenze.

Sullo sfondo, oltre al caso del funerale, pesano però anche le conseguenze della Brexit, in particolare i malumori degli unionisti contro gli accordi firmati dal governo Johnson con l’Unione europea al fine di garantire il mantenimento del confine aperto fra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda (EIRE), previsto dagli storici Accordi di pace del venerdì santo siglati nel 1998, qusto anche a costo di accettare controlli amministrativi doganali sulle merci europee in transito alla frontiera interna fra l’Ulster e il resto del Regno Unito.

Controlli sui quali Downing Street ha di fatto finora svicolato, ma che secondo gli unionisti ipotecano il legame con Londra.

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