OLOCAUSTO, Yom hashoah. Israele si ferma in ricordo delle vittime del genocidio degli ebrei

Come ogni anno, alle ore dieci del mattino sono suonate le sirene in tutto il Paese ed esso si è fermato per due minuti in memoria dei perseguitati dai nazisti. Dovunque gente in piedi, silente e a testa bassa. Il traffico stradale si è bloccato, i podisti sulle lunghe spiagge pure, così come le attività produttive. Le cerimonie erano iniziate ieri allo Yad Vashem alla presenza del presidente Rivlin, del premier Netanyahu e di altre personalità dello Stato ebraico

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Alle ore dieci, come ogni anno in questo particolare giorno, in Israele sono suonate le sirene e la vita pubblica si è fermata per due minuti. Due minuti di silenzio dedicati alla memoria di sei milioni di ebrei uccisi negli anni della seconda guerra mondiale nel folle progetto della soluzione finale voluta dai nazisti.

Un suono prolungato e triste che ha annunciato alla gente il momento di fermarsi, alzarsi in piedi e, a testa bassa, ricordare in silenzio. Per Israele Yom hashoah è una delle celebrazioni più solenni in calendario, che inizia la sera prima con la cerimonia di apertura del Museo dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, alla quale ieri hanno presenziato il presidente Reuven Rivlin, il primo ministro Benyjamin Netanyahu e altre personalità civili e militari dello Stato ebraico.

Alle ore undici, presso la Knesset, il parlamento israeliano, ha quindi avuto luogo la cerimonia della chiamata, «a ogni persona un nome» nel corso della quale vengono letti i nomi delle vittime dell’Olocausto.

Fino all’ultimo ebreo

Quest’anno le celebrazioni si sono svolte con riferimento all’inizio dell’attacco nazista all’Unione Sovietica del 1941, al quale seguì lo sterminio di un milione di ebrei che vivevano nelle aree occupate dalle truppe tedesche e dei loro alleati. «Fino all’ultimo ebreo: a ottant’anni dall’inizio dell’annientamento di massa», è stata la frase scelta quest’anno per denominare la commemorazione.

Cerimonie hanno avuto luogo in tutto il Paese, al suono della sirena si sono immediatamente fermate le attività all’aria aperta: fermi i pedoni nelle strade, ferme le persone sulle spiagge o nei negozi, automobili e autobus hanno accostato al ciglio delle strade o hanno temporaneamente arrestato la loro marcia nel mezzo delle ampie carreggiate delle arterie stradali e autostradali, con autisti e passeggeri in piedi, a testa china.

La sirena ha anche annunciato l’inizio delle principali cerimonie della giornata, che si sono svolte anche nelle scuole, nelle istituzioni pubbliche e nelle basi dell’esercito, quest’anno in maggiore sicurezza rispetto al 2020 dato il contenimento della diffusione del Covid-19, una malattia che negli ultimi dodici mesi si è portata via novecento anziani tra gli ultimi sopravvissuti dell’Olocausto.

I sopravvissuti alla Shoah oggi

Di quelli rimasti, numerosi versano in condizioni economiche precarie e, non infrequentemente, sono costretti a ricorrere all’assistenza alimentare, medica e psicologica fornita da organizzazioni di beneficenza e fondazioni come la Yad Ezer l’Haver.

Secondo l’ufficio centrale di statistica israeliano, alla fine dello scorso anno nel territorio dello Stato ebraico risiedevano 179,600 sopravvissuti all’Olocausto, mentre altri 3.000 si erano visti riconoscere questo status nel 2020, anno nel quale ne sono venuti a mancare 17.000, cifra che include i citati 900 decessi causati dal coronavirus.

Quasi due terzi di essi, pari al 64% del totale, provengono dall’Europa, mentre l’11% proviene dall’Iraq, il 16% dal Marocco, il 4% dalla Tunisia e il 2% rispettivamente dall’Algeria e dalla Libia.

Le agenzie statali israeliane definiscono «sopravvissuto» «chiunque sia rimasto esposto al regime nazista», incluse dunque le persone che vivevano nei paesi occupati dalle truppe tedesche o che, in qualche modo, si trovavano sotto l’influenza del III Reich, così come i rifugiati che da quelle aree a causa delle persecuzioni furono costretti a fuggire.

Poiché le donne generalmente sopravvivono agli uomini, oggi costituiscono il 60% de ebrei sopravvissuti alle persecuzioni e allo sterminio nazista, una percentuale che aumenta gradualmente con l’invecchiamento del gruppo di riferimento.

I sopravvissuti di oggi hanno tutti più di settantacinque anni, mentre il 17% di loro ha più di novanta anni, mentre alla fine dello scorso anno 850 sopravvissuti residenti in Israele avevano raggiunto la venerabile età di cento o più anni.

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