CRIMINALITÀ, Milano. Sedici arresti per frode fiscale, riciclaggio e abusivismo finanziario con il metodo della «hawala»

Cento milioni di euro di flussi finanziari portati a termine in violazione della legge italiana, ma l’organizzazione formata da broker e da loro complici è stata smantellata dalla Guardia di Finanza

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano, su delega della locale Procura della Repubblica (Proc. Agg. dott.ssa Laura Pedio, Sost. Procuratore dott.ssa Francesca Crupi e Sost. Procuratore dott. Adriano Scudieri), stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 16 soggetti e un sequestro preventivo, in via d’urgenza emesso dal Pubblico Ministero, su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 1,7 milioni di euro.

I citati provvedimenti rappresentano l’epilogo di una maxi-operazione condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano (convenzionalmente denominata “Cash Away”), che ha consentito di disarticolare uno strutturato sodalizio criminale, con base a Milano e nell’hinterland, operante in Italia e all’estero, promosso ed organizzato da due broker hawala di origini egiziane e dedito alla raccolta ed al trasferimento di ingenti risorse finanziarie di origine illecita, al riciclaggio del denaro oggetto della abusiva prestazione di servizi di pagamento, all’emissione e all’utilizzo di fatture di operazioni inesistenti emesse da società create ad hoc.

Le investigazioni, originariamente avviate dalle Fiamme gialle per accertare infiltrazioni della criminalità di origine straniera nel tessuto economico lombardo, hanno consentito di ricostruire due distinti modus operandi di raccolta e trasferimento di denaro di provenienza illecita.

Hawala classica e hawala complessa

Innanzitutto, è emerso che i citati broker, mediante la cosiddetta hawala classica, in violazione della normativa finanziaria vigente nel nostro paese e in assenza delle previste autorizzazioni, per conto dei clienti raccoglievano e trasferivano in Italia e all’estero – Egitto, Spagna, Malesia – ingenti somme di provenienza illecita; la descritta operatività avveniva attraverso la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di “codici”, noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni; a fronte di tali prestazioni, i broker percepivano una commissione variabile tra il 2 e il 5 per cento.

Inoltre, l’attività investigativa ha consentito di disvelare un ulteriore modus operandi, la cosiddetta hawala complessa, in base al quale:

– i broker consegnavano le somme di denaro, ricevute in contanti dai clienti, a imprenditori italiani compiacenti;

– questi ultimi provvedevano a disporre bonifici per importi equivalenti a terze società, italiane o estere, indicate dagli stessi clienti, sovente giustificando, sul piano contabile, le movimentazioni finanziarie in uscita annotando fatture risultate riferite a operazioni inesistenti, essendo emersa l’inconsistenza dei sottostanti rapporti economici.

Cento milioni di euro di flussi finanziari

Talvolta, gli imprenditori ripetevano, specularmente, le stesse operazioni di trasferimento verso società facenti capo a soggetti cosiddetti “terzi terminali”, conferendo loro denaro contante, a fronte della disposizione, da parte di questi ultimi, di bonifici, anche in tal caso formalmente giustificati, a catena, mediante l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.

Le somme trasferite illecitamente venivano riciclate in varie parti del mondo attraverso rimesse finanziarie destinate a società estere, localizzate in Repubblica Ceca, Malesia, Francia, Danimarca e Belgio.

La complessiva attività investigativa ha consentito:

– di ricostruire circa cento milioni di euro di flussi finanziari movimentati su 193 rapporti utilizzati dai membri dell’associazione criminale;

– attraverso l’analisi forense di dispositivi sequestrati dalla polizia giudiziaria, di far emergere che gli indagati avevano stipulato accordi di fatturazione fittizia per oltre 3 milioni di Euro.

Attualmente un centinaio di militari del Corpo risultano impegnati nell’esecuzione di più di venti perquisizioni locali e domiciliari, attività svolte con il supporto dei Reparti territorialmente competenti in Lombardia, Veneto e Toscana.

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