ESTERI, Usa e Russia. Le accuse di Biden a Putin più che una gaffe, un preoccupante ritorno alla “guerra fredda”

Prima che entrasse alla Casa Bianca, i detrattori di Joe Biden sollevarono dubbi sul suo dato anagrafico e sulla sua propensione alle gaffe. Nessun grande difetto, se non fosse per il fatto che Biden è diventato presidente degli Stati Uniti d’America, un Paese che resta, nonostante tutto, la prima potenza mondiale e il capofila dell’Occidente.

La vicenda delle recenti accuse rivolte a Putin, definito un killer, ha dell’incredibile. Beninteso, quell’accusa è vera. Nessuno, in Occidente, pensa che Navalny si sia stato vicino alla morte per cause naturali, che Nemtsov sia stato ucciso dai servizi segreti inglesi o che il tentato omicidio di Skripal a Salisbury sia una montatura di Londra.

DEFINIRE PUTIN ASSASSINO NON E’ UNA SEMPLICE GAFFE

Nell’atteggiamento ostile al leader russo, c’è però qualcosa di più di una gaffe. Si intravede una strategia che ripropone la “guerra fredda”, con un obiettivo multiplo decisamente ambizioso, quello di porre un argine ai propri nemici storici. In altre parole, Biden sta cercando d’imporre ai propri alleati la propria linea dura contro Russia e Cina.

Intenzionato a restituire agli USA il ruolo di “gendarme del mondo”, Biden non sembra tener conto dell’Europa che tra alti a bassi ha cercato di mantenere aperto un qualche dialogo con Mosca, soprattutto di natura commerciale, come nel caso del gasdotto North Stream 2 tanto caro alla Germania, poiché ne guadagnerebbe l’autonomia energetica.

PER GLI USA NORTH STREAM 2 E’ “UN CATTIVO AFFARE PER L’EUROPA”

L’amministrazione Biden ha sempre definito l’operazione “un cattivo affare per l’Europa” e da tempo sta preparando un pacchetto di sanzioni per i soggetti che vi sono coinvolti. Il messaggio era dunque rivolto anche all’Europa, alla quale la Casa Bianca chiede di fare il vuoto attorno a Putin, rendendogli difficile fare affari con “un assassino”.

Ad osservare l’escalation dialettica tra Biden e Putin con grande interesse, è un terzo attore, decisamente più aggressivo della Russia su scala globale: la Cina. In continuità con Trump, Biden ha detto di considerare Pechino il principale avversario degli Stati Uniti. Accettarne la sfida, significa fissare dei paletti che ne delimitino la sfera d’influenza.

LA GUERRA DELLE PAROLE TRA USA E RUSSIA HA ANCHE ALTRI BERSAGLI

La Cina, che ha “normalizzato” Hong Kong, prosegue nella repressione dei tibetani e degli uiguri del Xinjiang e non nasconde le proprie mire su Taiwan, è riuscita ad aggregare al proprio carro commerciale quasi tutti i Paesi del Pacifico. Tra quest’ultimi ci sono anche storici alleati degli Usa, come Australia, Nuova Zelanda, Filippine e Corea del Sud.

La Cina che persegue una politica di penetrazione militare nel Mar Cinese meridionale ed economica in Africa, si ritrova così nella possibilità di avvicinare anche la Russia alla propria orbita, in omaggio al vecchio detto “ogni nemico del mio nemico è mio amico”, tornato quantomai di attualità nella geo-politica del XXI secolo.

BIDEN FA IL DURO MA RISCHIA DI SALDARE PUTIN A XI JINPING

Il 18 marzo scorso, gli emissari di Biden hanno incontrato ad Anchorage, in Alaska, i rappresentanti del numero uno cinese Xi Jinping per un primo contatto diretto, che tuttavia ha assunto subito i toni di uno scontro, al punto tale che al termine dei due giorni di incontri non c’è stato il previsto comunicato congiunto.

A Pechino ma, anche a Mosca, l’idea dominante è che l’anglosfera, ovvero le democrazie occidentali e, soprattutto, gli Stati Uniti, siano deboli, divise e avviate al declino. In risposta a quest’idea, e togliendosi qualche sassolino dalla scarpa sul ruolo giocato dalla Russia nelle elezioni presidenziali, Biden ha fatto il “duro”. Ma quanto durerà?

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