VATICANO, Iraq. Il Papa ieri a Baghdad: «Tacciano le armi e cessino gli interessi di parte»

Nel suo primo discorso pronunciato nel Paese arabo dopo l’incontro con il presidente, Bergoglio si è rivolto alle autorità civili e diplomatiche chiedendo loro di «lavorare per la solidarietà fraterna». Salih: «L’Oriente non può essere immaginato senza cristiani»

Il capo della Chiesa cattolica romana è giunto in Iraq, paese piagato dalla guerra e dal terrorismo che, attualmente, tenta faticosamente di ricostruire un proprio futuro dopo l’ultima parentesi di violenza sanguinaria di Islamic State.

Nel suo primo discorso pronunciato nel Paese arabo, che ha avuto luogo dopo l’incontro riservato con il presidente Barham Salih, rivolgendosi alle autorità locali e ai diplomatici convenuti al palazzo presidenziale di Baghdad, egli chiesto a tutti loro «di costruire un Paese unito, nel nome della fraternità e della solidarietà», appellandosi accoratamente affinché «tacciano le armi, cessino gli interessi di parte e venga data voce ai costruttori della pace».

Un viaggio ufficiale fortemente voluto da Bergoglio

Quello in corso nel travagliato Paese arabo rappresenta il primo viaggio del Pontefice nell’era della pandemia, un viaggio fortemente voluto da Bergoglio.

Attualmente la situazione in Iraq è estremamente critica, poiché a causa del picco di contagi di Covid-19 il governo ha esteso il coprifuoco e ha bloccato i movimenti intra-regionali, situazione alla quale vanno poi aggiunte le tensioni di natura politica e sociale, unitamente allo scontro religioso.

Malgrado tutto questo, quando si era giunti a ritenere che il contesto sarebbe stato eccessivamente rischioso per un viaggio del Papa, Bergoglio ha egualmente scelto di farlo, richiamato anche dalla locale comunità cristiana e dallo stesso Governo di Baghdad.

Al riguardo, Francesco ha inteso sottolineare come negli scorsi decenni l’Iraq abbia patito i disastri delle guerre «il flagello del terrorismo e i conflitti settari, spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza dei vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse» e questo ha portato «morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale, ma anche nei cuori di tante persone, comunità che avranno bisogno di anni per guarire», come gli yazidi.

Coesistenza fraterna e ricostruzione

Il Pontefice ha quindi rilevato come la coesistenza fraterna abbia bisogno del «dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto, che richiede impegno da parte di tutti per superare rivalità e odio, parlarsi e partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio Creatore».

In questo senso la Santa Sede ha rivolto una richiesta alle autorità irachene di concedere «a tutte le comunità riconoscimento, rispetto e protezione», una solidarietà che, secondo le parole del Papa, «porta a compiere gesti concreti», perché «dopo una crisi, non basta ricostruire, bisogna farlo bene, in modo che tutti possano avere una vita dignitosa».

Francesco ha dunque invitato i politici e i diplomatici a «promuovere questo spirito di solidarietà fraterna» contrastando «la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità», facendo inoltre giustizia in modo da far «crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni incaricate di regolamentare le varie esigenze, come quelle di provvedere all’ordine e alla pubblica sicurezza in funzione della stabilità», insomma: «Fare sviluppare una politica sana, capace di offrire a tutti, specialmente ai giovani, la speranza di un avvenire migliore».

Tacciano le armi

«Tacciano le armi! – ha esortato il Pontefice -, cessino gli interessi di parte e si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace. Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare e pregare in pace. Basta violenze, basta estremismi, fazioni e intolleranze».

Egli ha poi chiesto che venga fatto spazio «a chi si impegna per la riconciliazione, per il bene comune ed è disposto a mettere da parte i propri interessi», sottolineando come per formare una società democratica sia «indispensabile assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e la garanzia dei diritti fondamentali di tutti i cittadini».

Tuttavia, per ottenere questo risultato è necessario tutto l’impegno della comunità internazionale, non soltanto in Iraq, ma in tutto il Medio Oriente, al fine di «pervenire a una pace duratura anche nella vicina Siria» abbassando inoltre il livello delle varie tensioni regionali.

I cristiani nella fase di ricostruzione dell’Iraq

In ogni caso Bergoglio ha riconosciuto il valore dell’opera svolta delle organizzazioni internazionali e degli Stati impegnati nella ricostruzione in Iraq, auspicando in tal senso che essi «non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo».

“Anche in Iraq – ha aggiunto Papa Francesco – la Chiesa cattolica desidera essere amica di tutti, e attraverso il dialogo collaborare, in spirito di rispetto nei riguardi delle altre religioni, per la causa della pace, perché l’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti», chiedendo infine per i cristiani la possibilità di «poter partecipare alla vita pubblica in qualità di cittadini che godono pienamente di diritti, libertà e responsabilità».

Accogliendo il Papa, il presidente Salih ha ricordato come «malgrado le tempeste di violenza, di tirannia e di totalitarismo che hanno travolto il nostro Paese nelle fasi della nostra storia, gli iracheni sono fieri di aver vissuto, per molti secoli, in città ricche di grande varietà di appartenenze, dove vivono vicini in città o quartieri, musulmani, cristiani, ebrei, sabei e yazidi, fratelli gli uni degli altri».

Le parole del Presidente iracheno Salih

Egli ha quindi ammesso che «i cristiani d’Oriente negli ultimi tempi hanno subito diverse crisi che ne hanno ridotto la presenza spingendoli a cercare asilo altrove. Indubbiamente, la continua migrazione di cristiani dai Paesi arabi, unitamente ad altre componenti religiose, etniche e nazionali, comporterà conseguenze disastrose per i valori del pluralismo e della tolleranza e anche per la capacità di coesistenza dei popoli della regione, poiché L’Oriente non può essere immaginato senza cristiani».

La conclusione del presidente è stata che: «In occasione di questa visita benedetta, mi auguro che venga portata avanti l’iniziativa per istituire la “Casa di Abramo per il dialogo religioso” e che sia istituita la conferenza o il simposio permanente per il dialogo, sotto la supervisione dei delegati del Vaticano, di Najaf, di al-Azhar, di Zaytuna, nonché dei principali centri religiosi che ricercano la storia comune e multiforme alla luce degli oggetti sacri e del patrimonio cuneiforme».

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