INTELLIGENCE, nuove frontiere. The human factor, il futuro delle «barbe finte»: hanno ancora un senso le attività spionistiche clandestine?

Quello della crisi dell’Intelligence e del ritrovato ruolo della HUMINT è un «film già visto» oppure è una esigenza reale e urgente? Chi è e cosa fa nel 2021 un agente segreto? È sufficiente fare affidamento alla tecnologia spinta per rispondere ai molteplici bisogni nel campo della sicurezza in un mondo che vive la fase della quarta Rivoluzione industriale?

«Nel corso della storia dell’uomo, l’Intelligence, cioè l’arte di conoscere i piani e le intenzioni del proprio nemico, è stata confusa con le spie e la segretezza e i metodi non hanno fatto altro che dominare l’obiettivo».

Questo affermava il 14 febbraio 2001 Robert David Steel Vivas, acuto analista d’Intelligence di fama mondiale giunto a Priverno dall’America per partecipare a un convegno internazionale sulla delicata materia, evento che ebbe luogo presso il pittoresco Castello di San Martino, sovrastante la Piana pontina.

Egli proseguiva quindi con una punta di veleno sulla lingua: «Gli americani, grazie alla loro immensa disponibilità finanziaria e alla loro ossessione per la tecnologia satellitare hanno deformato il moderno significato dell’Intelligence. Intanto, alle soglie del XXI secolo ciascun Paese si trova di fronte a nuove e insolite minacce interne, a minacce esterne più complesse e a molte altre minacce non tradizionali e transnazionali, come quelle dei conflitti etnici e della carenza d’acqua lungo i confini slavo-islamici e sino-slavi…»

Scenari proteiformi e interrogativi

Quel soleggiato giorno di fine inverno, Steel tratteggiò un quadro che pareva già profondamente mutato solo rispetto a pochi anni prima, a quel contesto apparentemente congelato che aveva caratterizzato il lungo periodo del confronto bipolare tra le due superpotenze. Tuttavia, di lì a sette mesi gli attentati compiuti dagli jihadisti di al-Qaeda l’11 settembre avrebbero imposto ulteriori trasformazioni a quasi tutti gli apparati di Intelligence, trovatisi a doversi confrontare con una radicale mutazione del contesto operativo.

Alcuni concetti di Steele – particolarmente esperto di Intelligence delle «fonti aperte» (OSINT, Open Source Intelligence) – sono stati ripresi nella trattazione di un’altra branca della materia, la Human Intelligence (HUMINT), fatta da Renato Caputo e Antonello Vitale nel loro ultimo saggio dal titolo “Il sistema delle Informazioni per la Sicurezza della Repubblica e la gestione delle risorse umane”,  opera prefata dal Colonnello Vittorfranco Pisano (ufficiale già in servizio con l’US Army) ed edita per i tipi di CI&S – Collana Intelligence e Sicurezza.

Nel libro – che introduce l’argomento partendo da un’accurata disamina dell’attuale sistema dei Servizi di Informazione e Sicurezza italiani – si tenta di fornire una risposta a una serie di interrogativi:

quello della crisi dell’Intelligence e del ritrovato ruolo della HUMINT è un «film già visto» oppure è una esigenza reale e urgente?

Chi è e cosa fa nel 2021 un agente segreto?

È sufficiente fare affidamento alla tecnologia spinta per rispondere ai molteplici bisogni nel campo della sicurezza in un mondo che ha ormai superato la fase della quarta Rivoluzione industriale?

Tecnologia spinta e centralità dell’azione umana

Ma è su un aspetto, in particolare, che gli autori hanno voluto concentrare il filo conduttore della loro esposizione, quello del mantenimento o meno della centralità della HUMINT (e dunque dei suoi operatori) nel complesso delle diverse branche della moderna Intelligence, in un’era nella quale si registrano quotidianamente progressi tecnologici che rendono obsoleto molto di quello che fino a poco prima pareva indispensabile nell’impiego per la raccolta e il proficuo utilizzo delle informazioni.

infatti, uno dei vantaggi e, al medesimo tempo, delle criticità è proprio l’abbondanza (o forse addirittura l’eccesso) di informazioni ottenibili dalle fonti più varie, il web in primo luogo.

A questo punto è utile tornare all’esposizione fatta da Steel ormai venti anni or sono.

«Vi sono altri due importanti cambiamenti ai quali i governo devono mettere mano: l’esplosione delle informazioni internazionali ha fatto sì che da un periodo nel quale si carpiva una limitata quantità di informazioni segrete, si passasse a un altro nel quale è divenuto necessario “dare un senso” alla immensa quantità di informazioni acquisite dalle fonti aperte»

Proseguiva poi l’analista di Intelligence: «Nel contempo è cambiato lo schema dei rapporti fra governanti e governati: il modello verticistico diretto da élite che impartiscono comandi alla base è stato superato da un modello fondato sul consenso che da quella base proviene, nonché sul ruolo crescente di attori non statali».

Spioni 4.0

Ebbene, è in questo nuovo contesto – conclude Steel – che «le spie e la segretezza devono cedere la loro posizione agli accademici e alle informazioni acquisite da fonti aperte, che vengono a costituire il supporto principale per gli organi decisionali».

Tutto vero, ma se al giorno d’oggi gli operatori dell’Intelligence vengono reclutati per concorso pubblico tra coloro i quali hanno maturato specifici «saperi» ed esperienze nei molteplici settori scientifici e tecnologici moderni, risponde anche a verità che non si può ancora fare a meno dell’attività HUMINT, soprattutto in quei contesti umani più sfuggenti e meno penetrabili.

Alcuni assunti permangono sempre validi, quale quello che gli organismi d’Intelligence devono essere perennemente in grado di comprendere lo spirito dei tempi al fine di poterne diagnosticare precocemente le criticità.

Conseguentemente, al pari degli assunti di cui sopra, anche le parole chiave degli agenti segreti del XXI secolo permangono le medesime: propensione alla riservatezza, addestramento ed esperienza.

Titolo: Il sistema di Informazioni per la Sicurezza della Repubblica e la gestione delle risorse umane

Autori: Renato Caputo e Antonello Vitale

Prefazione: Vittorfranco Pisano

Editore: CI&S – Collana Intelligence e Sicurezza

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