STRATEGIA, confronto nucleare. Pechino incrementa l’arsenale: più silos missilistici, gallerie e strutture di supporto

I cinesi stanno profondendo notevoli sforzi in funzione dell’incremento delle loro capacità e della deterrenza esercitata nei confronti degli avversari. Se quantitativamente dispone di un numero minore di armi nucleari, la Cina però affina le proprie capacità e si rende in grado di realizzare velocemente più siti di lancio, mobili e fissi

Alcuni elementi confermerebbero come l’Armata di Liberazione Popolare (le forze armate della Repubblica Popolare cinese) stia espandendo significativamente il numero di silos destinati ad accogliere missili balistici e sia impegnata nella costruzione di una nuova area di addestramento nella Cina centro- settentrionale.

Immagini satellitari ricavate dall’intelligence statunitense indicherebbero che almeno sedici silos sono in costruzione, esse rivelano inoltre anche la presenza di gallerie, essenziali alla protezione delle unità di lancio di missili e alle operazioni di caricamento effettuate in sicurezza.

L’area di addestramento della forza missilistica cinese (PLARF)  è stata individuata a est della città di Jilantai, nella Mongolia Interna, si tratta di una vasta struttura concepita per addestrare i militari in forza alle unità missilistiche e affinare le procedure di impiego dei sistemi lanciamissili mobili stradali (TEL) e dei loro veicoli di supporto.

Le realizzazioni di siti a Jilantai potrebbero procedere in simultanea con quelle similari a Sundian, nella provincia di Henan.

Jilantai Rocket Base

L’area di addestramento di Jilantai si estende per 140 chilometri in una regione desertica montuosa vasta 2.090 chilometri quadrati. Essa è di relativamente recente realizzazione, dato che la maggior parte delle strutture oggi esistenti sono state realizzate dopo il 2013.

Essa include oltre 140 piattaforme di lancio utilizzate per l’addestramento alle procedure di caricamento e di lancio dei missili, due dozzine di blocchi di alloggi nei quali il personale militare viene ospitato per un breve periodo preliminare al loro impiego nelle strutture missilistiche vere e proprie.

Secondo l’opinione di Hans Kristensen, analista che ha pubblicato un articolo sull’argomento il 24 febbraio scorso sull’organo della Federation of American Scientists (FAS), il monitoraggio di quest’area è in grado di fornire una vasta gamma di informazioni su come il PLARF gestisce le sue unità missilistiche mobili, i veicoli impiegati nelle operazioni e le caratteristiche delle strutture sulle quali si dovrebbero concentrare le attenzioni dell’Intelligence sull’intero territorio della Repubblica Popolare cinese.

I nuovi silos e i missili che accoglieranno

Uno dei nuovi sviluppi più importanti nell’area di addestramento di Jilantai è la costruzione di un numero significativo di strutture che sembrerebbero essere silos destinati ad accogliere i missili balistici, siti dai quali in futuro probabilmente verranno effettuati test missilistici.

Kristensen rileva inoltre che quasi tutti questi silos appaiono di dimensioni minori rispetto a quelli che accolgono il missile balistico intercontinentale DF-5 nei siti di lancio dove questo è schierato. Il Dipartimento della Difesa statunitense afferma che la grande base di Jilantai «probabilmente» viene utilizzata per sviluppare concetti operativi concernenti un altro sistema missilistico nucleare, il DF-41 e forse anche dei più piccoli missili balistici intercontinentali cinesi DF-31A

Almeno sedici silos sarebbero in realizzazione dal 2016, ma lo scorso anno è stata impressa un’accelerazione ai lavori, con l’avvio della costruzione di ulteriori undici unità. Le loro dimensioni variano, mentre una minima parte di essi ricordano nelle forme il modello mutuato da quelli russi, in ogni caso tutti insistono al centro dell’area di addestramento ini un’area di dieci chilometri per venti, presumibilmente così distanziati allo scopo di minimizzare i rischi di distruzione derivanti da un eventuale unico attacco nucleare americano.

Lanciatori statici e lanciatori mobili

Secondo il rapporto annuale del Pentagono sugli sviluppi militari cinesi pubblicato nel 2018, l’Armata di Liberazione Popolare cinese sembrerebbe abbia preso in considerazione differenti opzioni di lancio del missile DF-41, tra le quali figurano anche quelle da lanciatori mobili su rotaia e dai silos.

I tunnel di Jilantai sono lunghi circa 350 metri, quindi in grado di ospitare una dozzina di sistemi DF-41, seppure gli analisti della materia ritengano che sia più probabile che ne contengano un numero ridotto, unitamente alle loro piattaforme di lancio e ai relativi veicoli di supporto. Gli ingressi sono larghi e alti circa sei metri, più che sufficienti dunque per un grande lanciatore.

Ogni galleria presenta due ingressi e a un’estremità ha una sezione di settantacinque metri più ampia del resto del tunnel, aspetto che fa pensare che possa rispondere all’esigenza di disporre di un’area di ricarica dei missili o destinata ad alloggio per il personale nel corso del servizio al sito di. Adiacente alla larga sezione vi è un edificio quadrato con tre strutture più alte che potrebbero essere di superficie oppure ospitare un impianto di climatizzazione.

L’arsenale nucleare di Pechino

Pechino dispone attualmente di una ventina di silos missilistici, quantità che potrebbe praticamente raddoppiare attraverso la realizzazione di nuove strutture a Jilantai.

Tenuto conto che tutte, tranne una, le strutture ivi esistenti sono più piccole di quelle in grado di ospitare il vecchio sistema missilistico intercontinentale DF-5 (propulso da un razzo alimentato a combustibile liquido), si è dunque portati a ritenere che siano state invece progettate per i nuovi e meno voluminosi vettori intercontinentali a combustibile solido, quali il DF-41 e potenzialmente anche il DF-31A.

Ciò che invece ha ingenerato dubbi è l’elevato numero di silos costruiti (finora sedici), che per una base addestrativa potrebbero apparire eccessivi (ad esempio, nel complesso missilistico di Wuzhai vi sono soltanto due silos destinati all’addestramento). Una spiegazione potrebbe rinvenirsi nel fatto che i cinesi stiano sperimentando diversi tipi di strutture al fine di determinare quelli maggiormente idonei, che verrebbero in seguito realizzati nelle varie basi della Brigata missilistica, mantenendo presente che, in ogni caso, i silos in questione, sarebbero in grado di esprimere in breve lasso temporale anche delle effettive capacità operative quale parte dell’arsenale strategico della Repubblica Popolare.

La politica di «minima deterrenza» della Repubblica Popolare

La Cina possiede un numero di silos per ICBM (missili balistici intercontinentali) che è soltanto una frazione di quelli americani e di quelli russi, basti pensare che l’USAF dispone attualmente di 450 silos, dei quali 400 caricati, mentre la Russia ne ha circa 130, tutti operativi. Quindi i sedici nuovi siti in costruzione a Jilantai sono poca cosa in confronto, tuttavia questo non deve trarre in inganno, poiché Pechino non è (almeno per il momento) alla ricerca della parità strategica in campo nucleare con Washington, bensì persegue una propria politica di «minima deterrenza».

È per questo che la realizzazione di un numero relativamente elevato di silos a Jilantai è importante, poiché l’operazione non venire considerata in termini attuali, bensì in potenza. Infatti, una volta sviluppato il concetto operativo, i cinesi saranno nelle condizioni di realizzare altri nuovi cluster di silos in almeno un paio di basi della Brigata missilistica sul territorio della Repubblica Popolare.

Questo risponderebbe alle esigenze cinesi di tutelarsi maggiormente nei confronti degli eventuali attacchi in ritorsione dell’avversario, dato che oggi suoi i siti di missili balistici intercontinentali sono notevolmente vulnerabili.

Inoltre, incrementando il numero dei silos sarebbe maggiore il numero di missili balistici intercontinentali che potrebbero sopravvivere a un attacco preventivo, armi utilizzabili per una successiva rappresaglia.

Lo spettro dei Trident II D5 e le contromosse MIRV

Nel suo dettagliato articolo, Kristensen riferisce che alla Central Intelligence Agency (CIA) sarebbero convinti che l’attuale sviluppo da parte cinese di una forza missilistica intercontinentale mobile basata su vettori a propellente solido deriverebbe dai timori nutriti da Pechino riguardo ai missili Trident II D5 imbarcati dalla US Navy sulle unità che incrociano nel Pacifico.

Ma i cinesi hanno il grande problema di superare le difese missilistiche statunitensi, che minano la sua effettiva capacità di ritorsione.

Pechino ha dotato il suo missile balistico intercontinentale DF-5B di testate multiple (MIRV), e ora ogni vettore può recarne sull’obiettivo fino a un numero di cinque, così come  verrà armato di MIRV anche il nuovo DF-41 e il futuro SLBM JL-3, sistemi che verranno schierati già armati in modo da incrementare il livello di prontezza operativa in caso di attacco nemico, tra i quali figura potenzialmente anche l’India.

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