CONGO, assassinio ambasciatore italiano. Il diplomatico ucciso assieme al carabiniere della sua scorta e a un autista, forse si è trattato di un tentativo di sequestro

È avvenuto nel corso di un attacco contro il convoglio della missione Onu nel Paese africano (MONUSCO), del quale anche l’autovettura che recava a bordo l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci facevano parte

L’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere della sua scorta Vittorio Iacovacci e il suo autista sono stati assassinati questa mattina alle dieci (ora locale, le nove in Italia) tra le località di Goma e Bukavu, nel Nyiragongo, regione del Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo.

Tutto è avvenuto nel corso di un attacco contro il convoglio della missione Onu nel Paese africano (MONUSCO), del quale anche l’autovettura che recava a bordo il diplomatico italiano faceva parte. Dello stesso convoglio faceva parte anche il capo delegazione dell’Unione europea a Kinshasa. Ferite anche alcune altre persone.

Ancora non sono chiare le ragioni alla base dell’atto, seppure alcune ipotesi al riguardo ventilino la possibilità che si sia trattato di un fallito tentativo di sequestro di persona. In questo senso avrebbero riferito i ranger del Parco nazionale dei Virunga, citati da alcuni media internazionali.

Il convoglio era diretto alla località di Rutshuru per fare visita a una scuola che sta ricevendo degli aiuti nel quadro del Programma alimentare mondiale (PAM).

La dinamica dell’attacco

L’azione sarebbe stata condotta da un commando che ha aperto il fuoco con armi leggere e il gruppo di assalitori avrebbe appunto avuto quale obiettivo principale il diplomatico italiano.

Nonostante la presenza delle forze armate di Kinshasa e del corpo delle Guardie del Parco nazionale, la zona, a cavallo tra Congo, Ruanda e Uganda, è particolarmente pericolosa in quanto in essa agiscono numerosi gruppi armati, tra i quali i guerriglieri delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (FDLR), organizzazione spesso protagonista di imboscate del genere.

L’attacco è stato portato in una strada precedentemente autorizzata per viaggi senza scorte di sicurezza, al momento le autorità di Kinshasa che indagano sul triplice assassinio privilegerebbero la pista che conduce ai ribelli del FDLR-FOCA.

Attanasio è stato colpito  all’addome, trasportato successivamente all’ospedale di Goma in condizioni critiche (città che si trova quindici chilometri a sud dal luogo dell’attacco), dove in seguito è deceduto.

Le vittime

Luca Attanasio, quarantatré anni, era nato a Saronno. Coniugato con Zakia Seddiki, fondatrice e presidentessa dell’associazione umanitaria Mama Sofia a sostegno delle donne africane, era padre di tre bambine.

Assieme alla moglie lo scorso mese di ottobre aveva ricevuto il Premio internazionale Nassiriya per la Pace. Laureato alla Bocconi con il massimo dei voti, aveva intrapreso la carriera diplomatica dopo una prima esperienza aziendale ricoprendo diversi incarichi, prima all’Ambasciata d’Italia a Berna, quindi console generale reggente a Casablanca. Dopo un periodo di lavoro alla Farnesina come Capo Segreteria della Direzione generale per la Mondializzazione e gli Affari globali, nel 2015 era strato inviato nuovamente in Africa in veste di primo consigliere presso l’ambasciata d’Italia ad Abuja, in Nigeria; poi, dal 5 settembre 2017 era divenuto capo missione a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, riconfermato nella carica di Ambasciatore straordinario plenipotenziario accreditato.

Vittorio Iacovacci, trent’anni, era stato assegnato presso l’ambasciata italiana dal settembre dello scorso anno. Originario di Sonnino, in provincia di Latina, era effettivo al XIII Reggimento Carabinieri Friuli Venezia Giulia, unità che ha sede a Gorizia non lontano dal confine con la Slovenia della Casa Rossa; Iacovacci in precedenza aveva prestato servizio come paracadutista nella Brigata Folgore.

Numerosi i messaggi di cordoglio fatti pervenire alle famiglie delle vittime dalle alte cariche dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica e da quello del Consiglio dei ministri.

Il Congo: primo a divenire indipendente, ma perennemente dilaniato dalla guerra

Sulla base della nota redatta dall’intelligence in quell’area dalle frontiere indefinite, in una situazione di perenne instabilità, agirebbero un centinaio di gruppi armati, tra i quali anche alcuni riconducibili o affiliati al jihadismo nelle sue due principali matrici, quella qaedista e quella di Islamic State.

È oltremodo evidente come ad alimentare gli interminabili conflitti di varia natura (etnici, religiosi, per procura) sia la spietata competizione per il controllo dello sfruttamento delle ricchezze locali, materie prime e minerali.

Oltre ai conflitti, alcune regioni della Repubblica Democratica del Congo sono afflitte da piaghe quali l’emergenza alimentare e i virus di ebola e del morbillo, si tratta in particolare di quelle orientali, il cui territorio si trova in buona parte sotto il controllo dei gruppi armati ribelli, che si spartiscono le risorse e, in una situazione caotica, gestiscono rete dei traffici illeciti di varia natura, a partire da quelli dei minerali.

Queste formazioni non infrequentemente sono complici delle stesse autorità locali, nonché dell’esercito nazionale di Kinshasa e di quello rwandese, con i caschi blu della MONUSCO (20.000 militari) che, come spesso accade alle missioni ONU, risultano incapaci di porre rimedio alla pressoché totale assenza di sicurezza.

In questa disastrosa situazione la fame aumenta, anche a causa dell’abbandono dei campi dovuta alla fuga dalle violenze dei contadini, che cercano rifugio oltre la frontiera, gonfiando oltre misura il numero già critico dei profughi.

Uno «scrigno» di risorse

A fronte di una povertà estrema la Repubblica Democratica del Congo offre però risorse di inestimabile valore. Non soltanto prodotti della terra quali il cacao, la frutta e l’olio di palma, ma anche e soprattutto minerali fondamentali all’industria del XXI secolo, come stagno, tantalio, tungsteno, oro e cobalto.

Di quest’ultima materia prima il Paese detiene i due terzi delle riserve esistenti al mondo. I maggiori giacimenti di esso si trovano nel sottosuolo delle province sud-orientali. Il cobalto rappresenta un minerale essenziale nella produzione di batterie agli ioni di litio, destinate (ma non solo) all’alimentazione dei motori della auto elettriche.

Come si può immaginare, si tratta di un mercato in crescita esponenziale che vede principali protagoniste le aziende cinesi, che si avvalgono di un complesso di siti estrattivi che per l’80% sono industriali e per il rimanente 20% miniere artigianali.

In entrambi i casi vi si pratica uno spietato sfruttamento del lavoro che rende gli uomini (e i bambini) impiegati veri e propri schiavi.

Dalle miniere, una volta estratta la materia prima viene raffinata e trasformata in idrossido  di cobalto, quindi avviata all’esportazione via mare dai maggiori porti dell’Africa centrale e australe.

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