CULTURA, territorio. Immagini: Roma bramata dai fotografi

Il 15 e 18 dicembre 2020 alle ore 18:30 “Un oscuro luogo del desiderio. I fotografi guardano Roma”: sette video, sette interviste, sette visioni, sette concezioni di Roma che si rivela dalle infinite sfaccettature. Il docufilm prodotto da Accademia italiana del flauto per Flautissimo 2020. Trasformare un evento da pubblico e in presenza in una mostra in remoto e digitale è parso mortificante per la banalità della sua «traduzione», che non avrebbe valorizzato e appagato, tantomeno avrebbe attualizzato efficacemente e con spirito contemporaneo le potenzialità alternative insite nello spazio online

Alfredo Covino, Fabio De Benedettis, Luciano Del Castillo, Alessandro Imbriaco, Andrea Jemolo, Anton Giulio Onofri, Flavia Rossi; a cura di Barbara Martusciello; da un’idea di Stefano Cioffi, prodotto da Accademia italiana del flauto per Flautissimo 2020.

Barbara Martusciello incontra sette fotografi che hanno rivolto il proprio sguardo ai luoghi dimenticati di questa città. Un ritratto sfaccettato e dinamico che narra una Roma mai ferma, frenetica nel suo lento incedere, la cui luce abbaglia e ammalia tanto i suoi abitanti quanto i suoi visitatori. Una Roma atipica, inconfessata, il cui potere seduttivo è vivo nonostante il disagio.

Con la pandemia e tutte le tragedie, le preoccupazioni, le complicazioni e le limitazioni che ne sono derivate, e che tutt’ora ancora imperano, la chiusura degli spazi e delle attività legate al teatro, al cinema, alle Arti e a molta altra produzione di contenuti culturali, hanno portato molti operatori di settore a farsi «resilienti».

Chi ha potuto e saputo, ha cioè modificato i propri progetti per cercare di salvarli in qualche modo e misura, riuscendo in molti casi a proporre qualcosa di diverso e per certi versi migliore rispetto alle pianificazioni di partenza: è questo il caso.

Il perché di un docufilm su questa città

Gli organizzatori avevano pensato a una mostra collettiva di grandi fotografi riuniti all’insegna di un tema portante, quello della città. Del territorio in cui ognuno di loro, differentemente, abita e produce in prevalenza, con l’obiettivo di approfondirlo attraverso lo sguardo fotografico e l’avvincente, articolata narrazione per immagini.

Sarebbe stata certamente una bella mostra che avrebbe riunito diverse generazioni, diversi modi di fissare l’immagine in una fotografia. Diverse sensibilità rivolte alla capitale d’Italia.

In forza di uno degli ultimi DPCM emanati e le inaspettate, seppur prevedibili e temute, limitazioni, prime tra tutte la chiusura dei luoghi istituzionali espositivi, questa mostra non si sarebbe più potuta realizzare nei luoghi fisici concordati.

Trasformarla invece da pubblica e in presenza in una mostra in remoto e digitale è parso mortificante in ragione della banalità della sua «traduzione», che non avrebbe valorizzato e appagato, tantomeno avrebbe attualizzato efficacemente e con spirito contemporaneo le potenzialità alternative insite nello spazio online.

Di fatto, si sarebbe curato su una piattaforma online la copia assai pallida e rigida di una vivida mostra «dal vivo».

Cambiare per mantenere

Cambiare per mantenere. Anzi, potenziare l’etica e l’estetica, i concetti, i messaggi, le visioni e la divulgazione. Insomma, le forme e i contenuti preventivati e approvati è parso quindi la soluzione migliore.

Come procedere?

Ebbene, qui è entrata in gioco una prima resilienza: strutturando delle videointerviste.

Non semplici documentari sulla fotografia e sui fotografi rivolti a Roma, però.

Ed ecco la seconda resilienza: proporre un’indagine rapporto non solo artistico e professionale dei fotografi coinvolti, ma anche il loro intimo, quotidiano, articolato legame con la città.

Svelare Roma in modo altro e, parallelamente, raccontare il cuore  fotografico dei singoli autori, aggiungendo dettagli della loro sfera personale, entrando e mostrando lo spazio più privato delle loro abitazioni e dei loro studi romani.

I video hanno ulteriori meriti rispetto a una mostra che, pur perdurando attraverso materiali prodotti, memoria e l’esperienza fatta da ognuno, ha un inizio e una fine, ovvero passa. Infatti i video sono «perenni», poiché la loro presenza non è temporanea. Ma non solo: essi possono avere una veicolazione ramificata e capillare su più media e piattaforme.

Dunque Roma: sette video, sette interviste, sette visioni, sette concezioni di Roma che si rivela dalle infinite sfaccettature.

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